I
DOMENICA DI AVVENTO/C 2006-07
Vangelo – Lc. 21,25-28.34-36
La vostra liberazione è
vicina.
+ Dal Vangelo secondo
Luca
In quel tempo, Gesù
disse ai suoi discepoli: “Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle,
e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti,
mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà
accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti
saranno sconvolte.
Allora vedranno il
Figlio dell’uomo venire su una nube con potenza e gloria grande.
Quando cominceranno ad
accadere queste cose, alzatevi e levate il capo,
perché la vostra liberazione è vicina.
State bene attenti che i
vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni,
ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso
improvviso; come un laccio esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano
sulla faccia di tutta la terra.
Vegliate e pregate in
ogni momento, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che deve
accadere, e di comparire davanti al Figlio dell’uomo”.
Il nuovo anno liturgico si apre con un periodo di
quattro settimane, in cui la Chiesa si prepara a celebrare nel prossimo Natale
la venuta storica di Gesù tra gli uomini. Al tempo stesso essa ravviva un
atteggiamento, una dimensione che l’accompagna costantemente nel suo cammino
dentro la storia: la dimensione dell’attesa. La Chiesa aspetta, non con paura
ma con desiderio ardente e viva fiducia, un futuro che Dio nel suo amore ha
promesso e prepara. Questo futuro, che ci sta davanti, verso cui stiamo
avanzando, la Chiesa lo chiama “avvento” cioè
venuta: la venuta del Signore Gesù.
Da tale espressione prende nome il tempo
liturgico appena iniziato.
Il futuro che
la Chiesa attende, prima ancora che essere un avvenimento che accade, è una
persona che viene. E quale persona! Una persona amica,
la persona del nostro Salvatore. S. Paolo nella prima
lettura parla della “venuta del Signore nostro Gesù con tutti i suoi santi”
(1Ts 3,13). Può succedere che cristiani praticanti,
assidui alla Messa domenicale, non avvertano e quindi non facciano propria la
grande speranza, la struggente nostalgia, l’attesa appassionata che vibra nel
dialogo tra la comunità cristiana e il suo Sposo e Signore. Anche
noi siamo così? La nostra attenzione a questo traguardo finale della storia è fiacca
o inesistente? Il fatto che Cristo verrà un giorno “con potenza e gloria
grande” (Vangelo) non ci interessa più di
tanto o non ci interessa per nulla?
Questo avvenimento grandioso l’abbiamo contemplato
recentemente nell’annuncio di Gesù, secondo il vangelo di Marco (Mc 13, 24-36:
33° domenica dell’anno B). Come in quest’ultimo testo, anche nel brano odierno
di Luca - sia pure con qualche variazione - le immagini strane e...terrificanti
non annunciano una catastrofe cosmica, ma intendono presentare un evento
straordinario e irripetibile che avrà luogo al termine della storia e di cui
non viene rivelata la data: la venuta ultima di Cristo, gloriosa e visibile a
tutti. “Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con
potenza e gloria grande”. Tale venuta metterà fine al mondo attuale -
dove trionfano il male e la morte - e darà origine a
un mondo nuovo, che sarà riempito dalla “gloria” cioè dalla
presenza splendente di Dio e di Cristo. “Quando
cominceranno ad accadere queste cose, alzatevi e levate il capo, perché la
vostra liberazione è vicina”. Vale a dire, ogni forma di schiavitù e di alienazione scomparirà. L’uomo sarà finalmente se stesso,
gustando una vita traboccante. La venuta gloriosa di Gesù porterà ai suoi il
dono della libertà totale. E’ un evento supremamente lieto quello che
Egli annuncia. La sua promessa suscita e alimenta la speranza.
Il futuro che Dio prepara si fonda sull’avvenimento
che è il centro del messaggio cristiano: Dio ha risuscitato
Gesù dai morti. Basti cogliere nel Credo una serie di affermazioni
che nella loro successione sono strettamente collegate: “Il terzo giorno è
risuscitato secondo le Scritture...Di nuovo verrà nella gloria per
giudicare i vivi e i morti e il suo Regno non avrà fine...Aspetto la
risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà”. Colui che, vittorioso sulla morte, possiede insieme al Padre
la pienezza della vita, un giorno si svelerà, farà tutto nuovo e i morti
risorgeranno. I risorti riavranno il loro corpo, ma radicalmente trasformato dallo
Spirito Santo e reso conforme a quello del Cristo risorto nella sovrabbondanza
della vita, della libertà, della gioia.
La venuta finale di Gesù viene
anticipata in un certo senso per ogni uomo nel momento della sua morte. Questa
non annulla la vita, ma ogni persona “continua a
vivere oltre la morte in una forma di esistenza cosciente e libera, diversa da
quella corporea, in attesa di raggiungere la completa perfezione al termine
della storia con la risurrezione” (Cat. Adulti p.579). Nel momento della morte si decide la nostra sorte
eterna: la comunione definitiva e beatificante col Signore o la lontananza
definitiva da Lui. Si vive e si muore una volta sola e nel momento della morte
la scelta per Dio o contro Dio diventa irreversibile e
immutabile: ecco il “giudizio”, a cui nessuno può sfuggire. Il futuro oltre la
morte sarà, per chi avrà vissuto nell’amore l’appartenenza al Signore, “la vita
eterna”, cioè l’essere per sempre con Gesù nel seno
del Padre, immersi in Lui, nel vortice della sua tenerezza, partecipando alla
vita della Trinità. Ma se la morte dovesse cogliere
l’uomo in una condizione di rifiuto totale nei confronti di Dio, allora la
separazione da Lui e dai beati, che godono con Lui, sarebbe lacerante e
definitiva. A questo stato di disperazione eterna sono condannati il diavolo e
i suoi angeli. Per gli uomini si tratta di un tragico pericolo, di un rischio
reale.
Ciò spiega l’avvertimento forte e accorato di Gesù: “State
bene attenti che i vostri cuori non si appesantiscano...”. Egli ci mette
in guardia contro il pericolo di adagiarci nel torpore e nelle false sicurezze
della vita presente, dimenticando che le realtà essenziali sono altrove.
“Vegliate e pregate in ogni momento”. Si
tratta di tenere desta l’attenzione d’amore a Colui che verrà, ma
che già viene e ci incontra misteriosamente (nella sua Parola, nei
Sacramenti, nei fratelli). E’ una vigilanza che si esprime nel dialogo
della preghiera e nell’operosità dell’amore. Più i credenti
crescono nell’intimità filiale con Dio e nella gioia della comunione fraterna,
e più sono in grado di intuire e sperare ardentemente
le realtà della vita eterna. Nello stesso tempo sentono il bisogno di
anticipare nell’oggi e quaggiù la vita di carità che sarà perfetta in Paradiso.
“Vegliate e pregate”. Cioè:
amate! E questo senza tregua: “in
ogni momento”. Se uno veglia è segno che ama.
Ama Dio e quindi prega, cioè dialoga con Colui che nel
suo amore veglia rivolto incessantemente verso ciascuno di noi. Veglia anche
chi è attento al fratello in un amore che non dice mai “basta!” ed è sommamente
generoso.
“Il Signore vi faccia crescere e abbondare
nell’amore vicendevole e verso tutti” (1Ts 3,12:
II lettura). Queste parole di Paolo, che
esprimono il contenuto della vigilanza, richiamano alcune proprietà dell’amore: la reciprocità
(“amore vicendevole”) e l’universalità (“verso tutti”). Un amore, poi, che punta senza sosta a migliorare la sua qualità e
intensità (“vi faccia crescere”): “L’amore è come la luna.
Se non cresce, cala”(proverbio orientale). Un amore
“sovrabbondante”, che cioè non si limita a dare
al fratello ciò di cui ha bisogno, ma lo sorprende per la gratuità e gioia con
cui lo dona.
In questo tempo di Avvento
chiederemo più spesso al Signore per noi e per gli altri il dono della speranza.
Cercheremo di interiorizzare i motivi veri che la fondano. La nutriremo
con la Parola di Dio. Così potremo contagiarla a tante persone e
all’intera società, così povera di speranza. È appunto sulla “esperienza del Signore risorto che si fonda
la nostra speranza. La nostra speranza, infatti, è una Persona: il Signore Gesù, crocifisso e risorto. Su di Lui si fonda
l’attesa di quel mondo nuovo ed eterno, nel quale saranno
vinti il dolore, la violenza, la morte, e il creato risplenderà nella
sua straordinaria bellezza. Noi desideriamo vivere già secondo questa promessa
e mostrare il disegno di un’umanità rinnovata in cui tutto appaia
trasformato”. E ciò in ogni ambito dell’esistenza
personale e sociale (Messaggio alle Chiese particolari a conclusione del
Convegno Ecclesiale di Verona 20/10/06).
Quando penso al futuro mio, dei miei cari, dell’umanità, in
tale futuro riesco a vedere Cristo e in quale misura?
Saprei ricordare alcuni momenti della celebrazione
eucaristica in cui la Chiesa esprime la sua ardente speranza e attesa del
Salvatore?
In questo inizio del nuovo
anno liturgico sento il bisogno di amare in modo nuovo, come ci invita a
fare s. Paolo?
Vieni Signore Gesù! Nel tuo grande amore rendici
testimoni di speranza!