Lettura del Vangelo - Domenica 3a di Quaresima - Anno A

 

SCHEDA BIBLICA - 37

 

 

DAL VANGELO SECONDO GIOVANNI (4,5-42)

In quel tempo, (5) Gesù giunse ad una città della Samaria, chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: (6) qui c'era il pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, stanco del viaggio, sedeva presso il pozzo. Era verso mezzogiorno. (7) Arrivò intanto una donna di Samaria ad attingere acqua. Le disse Gesù: "Dammi da bere". (8) I suoi discepoli infatti erano andati in città a far provvista di cibi. (9) Ma la samaritana gli disse: "Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?". I giudei infatti non mantengono buone relazioni con i samaritani.

(10) Gesù le rispose: "Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: "dammi da bere"!, tu stessa gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva". (11) Gli disse la donna: "Signore tu non hai un mezzo per attingere e il pozzo è profondo; da dove hai dunque quest'acqua viva? (12) Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede questo pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo gregge?".

(13) Rispose Gesù: "Chiunque beve di quest'acqua avrà di nuovo sete; (14) ma chi beve dell'acqua che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna". (15) "Signore, gli disse la donna, dammi di quest'acqua, perché non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua". (16) Le disse: "Va' a chiamare tuo marito e poi ritorna qui". (17) Rispose la donna: "Non ho marito". Le disse Gesù: "Hai detto bene 'non ho marito'; (18) infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero". (19) Gli replicò la donna: "Signore, vedo che sei un profeta. (20) I nostri padri hanno adorato Dio sopra questo monte e voi dite che è Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare". (21) Gesù le dice: "Credimi, donna, è giunto il momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre. (22) Voi adorate quel che non conoscete, noi adoriamo quello che conosciamo, perché la salvezza viene dai giudei. (23) Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; Perché il Padre cerca tali adoratori. (24) Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità". (25) Gli rispose la donna: "So che deve venire il Messia (cioè il Cristo): quando egli verrà, ci annunzierà

ogni cosa". (26) le disse Gesù: "Sono io, che ti parlo". (27) In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliarono che stesse a discorrere con una donna. Nessuno tuttavia gli disse: "Che desideri?", o: "Perché parli con lui?" (28) La donna intanto lasciò la brocca, andò in città e disse alla gente: (29) "Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia forse il Messia?". (30) Uscirono allora dalla città e andarono da lui. (31) Intanto i discepoli lo pregavano: "Rabbi, mangia". (32) Ma egli rispose: "Ho da mangiare un cibo che voi non conoscete". (33) E i discepoli si domandavano l'un l'altro: "Qualcuno forse gli ha portato da mangiare?". (34) Gesù disse loro: "Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. (35) Non dite voi: ci sono ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ecco, io vi dico: Levate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. (36) E chi miete riceve salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché ne goda insieme chi semina e chi miete. (37) Qui infatti si realizza il detto: Uno semina e uno miete. (38) Io vi ho mandato a mietere ciò che voi non avete lavorato; altri hanno lavorato e voi siete subentrati nel loro lavoro". (39) Molti samaritani di quella città credettero in lui per le parole della donna che dichiarava: "Mi ha detto tutto quello che ho fatto". (40) E quando i samaritani giunsero da lui, lo pregarono di fermarsi con loro ed egli vi rimase due giorni. (41) Molti di più credettero per la sua parola (42) E dicevano alla donna: "Non è più per la tua parola che noi crediamo; ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo".

 

IL CONTESTO

Nell'episodio della Samaritana al pozzo di Giacobbe il redattore del IV vangelo probabilmente aveva un particolare interesse a mettere in risalto la fede della donna semipagana nei confronti dell'incredulità dell'élite e del principale partito degli ebrei di Gerusalemme. La "tendenza universalistica" è molto importante per i lettori etnico-cristiani dell'Asia minore, cui sono rivolti gli scritti giovannei. Può anche essere che problemi di culto stiano all'origine del testo. Per la tarda comunità giovannea infatti è caratteristica l'idea che ogni liturgia cristiana è ormai completamente distinta da quella ebraica, non legata a luogo, tempo e rito.

Queste idee probabilmente costituiscono l'ambiente di origine e l'occasione di questo testo. Tutti questi momenti poggiano sulla dottrina dell'autorivelazione di Gesù e sull'appello a far propria la confessione compiuta dagli abitanti di Sicar. Il tema principale è la rivelazione di Gesù e la comunione di fede con lui.

 

L'ESEGESI DEL TESTO

v. 5 : L'esatta determinazione locale è tipicamente giovannea e indica senz'altro la storicità effettiva dell'episodio di Sicar.

vv. 6-9 : La calura meridiana, l'assenza di tutti i discepoli, il contatto con la samaritana semipagana, non sono motivi per ammettere che si tratta di un episodio puramente simbolico. Il v 9 può essere un'aggiunta tardiva in quanto manca in alcuni codici.

vv. 10-15: Il dono dell'acqua viva è la salvezza che Gesù stesso dona. L'A.T. con questo termine intendeva la torà, mentre Gesù ne fa uso per definire la fede e la giustizia di Dio. Cristo utilizza un'espressione generica che in seguito viene precisata più esattamente. Non si deve commettere l'errore di identificarlo troppo precipitosamente con lo Spirito Santo, la parola di Gesù e la sapienza divina. Si sottolinea infatti che il dono è lo stesso Gesù. Anche per quanto riguarda i numerosi attributi dell'acqua tipici del mondo orientale (purificatrice, dissetante, vivificatrice, che ridona la vita), si deve tener presente che servono a indicare semplicemente la vita divina donata e comunicata mediante la rivelazione. Il significato del testo è incentrato sulla realtà della rivelazione e della vita.

vv. 16-19: L'approfondimento della fede è presentato sotto l'aspetto di un dialogo sulla religione.

vv. 20-24: Questo brano che tratta della liberazione della liturgia dal ritualismo ebraico, della affrancazione dalle necessità di osservare i luoghi e i tempi stabiliti, della piena realizzazione in Gesù Cristo, è importante per la comunità giovannea, che a causa di una lunga pratica di liturgia sacramentale è ormai esperta in questi concetti. Vi è nell'aria l'impegno missionario.

vv. 25-26: L'automanifestazione di Gesù è il vero culmine e lo scopo della pericope. Si intensifica l'appello a credere al salvatore del mondo.

vv. 27-30: Fa la sua apparizione un terzo grande tema: la missione e la gioia per il raccolto. Si gettano le fondamenta di una teologia della missione. La missione parte da Gesù e ogni missionario edifica sul precedente. L'epoca della chiesa continua quella di Gesù. I discepoli di Gesù vengono preparati al tempo che verrà.

vv. 39-42: La fede dei samaritani giunge a maturazione attraverso una progressione. "Salvatore del mondo" è un chiaro termine di annuncio caratteristico del mondo ellenistico e viene confrontato con il culto dell'imperatore. Riguardo alla storicità della pericope si può solo dire che l'elemento determinante è la tematica teologica.

 

IL MESSAGGIO

La terza tappa del nostro itinerario è dominata dalla figura della Samaritana; insieme con lei andiamo alla ricerca del dono di Dio per giungere ad una fede più matura. Il prefazio della Preghiera Eucaristica significativamente dice: "Egli chiese alla Samaritana l'acqua da bere, quando già le aveva fatto dono della fede, e di questa fede ebbe sete così viva che accese in lei la fiamma dell'amore di Dio".

Si tratta quindi di cogliere la profondità di un episodio; Gesù è assetato e chiede da bere ma in realtà aveva sette della fede della Samaritana; Gesù chiede, ma in realtà Gesù è soprattutto colui che dona: ha donato a quella donna la fede e poi accende in lei il fuoco dell'amore che porta la fede alla sua maturità.

In questo modo il nostro itinerario assume dei contorni più precisi: siamo invitati ad aprire il nostro cuore al dono di Dio, a riconoscere in Gesù Cristo colui dal quale il dono ci viene, anzi a identificare Gesù col dono stesso.

 

UN INCONTRO FUORI DAGLI SCHEMI

È bello l'incontro di Gesù con la donna di Samaria, perché reca il marchio del quotidiano. Niente di programmato, non ci sono schemi. È qualcosa di fresco, come l'acqua del pozzo di Sicar, do ve si erano fermati. Il tutto avviene in uno stile di spontaneità, all'insegna dell'occasionalità e della sorpresa.

Il Cristo si ferma, non perché aspetta qualcuno da convertire, ma perché è stanco, accaldato, ha fame ed è tormentato dalla sete. E la donna arriva al pozzo non perché è stata informata che passava di lì il famoso "rabbi" di Galilea, ma perché deve attingere acqua. Il suo problema è l'acqua, non i peccati.

Soltanto l'ora risulta insolita. A mezzogiorno, in Medio Oriente, il sole picchia forte, e la gente preferisce starsene a casa. Ma la donna - molto chiacchierata nel villaggio - ha scelto quella ora scomoda probabilmente per evitare di imbattersi nelle altre donne che non le risparmierebbero frecciate maligne.

 

L'INSODDISFAZIONE DESTATA E LA FEDE APERTA AL DONO

Possiamo leggere il dialogo di Gesù con la Samaritana cogliendo le tappe progressive della rivelazione e della fede. All'inizio Gesù è semplicemente un viandante assetato; così lo trova la samaritana presso il pozzo, riconoscendo in lui semplicemente un Giudeo. Apparentemente Gesù è colui che ha bisogno, la Samaritana colei che può dare da bere.

Ma siamo subito invitati ad andare al di là di questa realtà superficiale: "Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: dammi da bere! tu stessa gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva".

Tutto sta nel conoscere il "dono di Dio", cioè nel rivedere i nostri desideri. L'uomo è ricco di desideri: desiderio di avere di sapere, di potere; desiderio di salute, di amicizia, di gratificazioni. Solo questo? La prospettiva di Gesù è diversa; non trascura i desideri umani colui che ha moltiplicato i pani per saziare la fame delle folle. Ma al di là dei bisogni dell'uomo egli è venuto a risvegliare il desiderio del dono di Dio, a dilatare il cuore fino a quella speranza che è Dio stesso.

E forse proprio questo è il problema dell'uomo d'oggi: non il rifiuto di Dio ma la non-ricerca. Fino a quando le domande dell'uomo riguardano le cose materiali Dio può apparire superfluo; per avere da mangiare, da bere, da sopravvivere mi bastano le mie forze, le previdenze dello stato e gli aiuti della tecnica.

Dio diventa importante solo quando il cuore dell'uomo non si accontenta più di queste cose, quando sente la necessità di dare un senso alla vita, di avere qualcuno per cui valga la pena vivere e morire.

 

"SE TU CONOSCESSI IL DONO DI DIO..."

Dunque: "Se tu conoscessi..."! Si tratta di conoscere Gesù, Gesù che viene da Dio e che perciò può trasmettere i doni divini.

Gesù è uomo, perfettamente uomo; su questo il vangelo di Giovanni non lascia dubbi: "il Verbo si è fatto carne", cioè debolezza, limite, mortalità. Ma bisogna essere in grado di riconoscere in questa "carne" il segno dell'amore che condivide; bisogna cogliere la rivelazione stessa di Dio: "chi vede me vede il Padre".

Solo a questo punto la sete dell'uomo sarà veramente calmata: "Chiunque beve di quest'acqua (del pozzo) avrà di nuovo sete; ma che beve dell'acqua che io gli darò, non avrà mai più sete...".

I beni del mondo non tolgono la sete, semplicemente la rimandano, poi l'insoddisfazione dell'uomo rinasce più forte di prima. L'uomo può ben nascondere a se stesso questa insoddisfazione imbottendo si con anestetici vari (il piacere, la distrazione, le esperienze sempre nuove); l'insoddisfazione è nella realtà delle cose.

Quando Gesù metterà davanti alla Samaritana la sua situazione, l'inquietudine tornerà a galla: "Hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito". Non hai trovato quello che cercavi e quello che hai ora non ti dà sicurezza.

Sembra che questo sia uno degli effetti più importanti della presenza di Gesù in mezzo agli uomini: far rinascere l'insoddisfazione. Perché l'uomo può anche accontentarsi della mediocrità e ha bisogno di essere continuamente riportato a se stesso per non diventa re sempre più "meschino".

Questa donna inquieta e povera forse nemmeno sa quello che si nasconde dentro al suo cuore e nemmeno desidera qualcosa di diverso. È l'incontro con Gesù che la rivela a se stessa. Le persone che incontrano Gesù vengono rivelate a se stesse: Pietro, Natanaele, Zaccheo, Nicodemo...e ora la Samaritana.

Possiamo costruire dei muri che ci difendano dalla presenza invadente degli altri; ma se siamo sinceri al cospetto di Cristo il nostro cuore viene svelato nella sua povertà e nei suoi desideri.

Abbiamo imparato a desiderare il dono di Dio; ma attraverso quale via lo possiamo raggiungere? Non è la forza di volontà dell'uomo e nemmeno la sua intelligenza che possono sollevarlo al livello divino: troppo "grande" è la "distanza", troppo debole la natura umana. Lo "Spirito" di cui parla Gesù non è lo spirito dell'uomo ma lo Spirito di Dio.

 

CONVERSIONE VERA E CULTO AUTENTICO

Se vuoi che questo cammino quaresimale sia autentico, che vada davvero verso Dio e non si ripieghi su te stesso, devi viverlo come risposta al cammino di Dio verso di te. Non devo conquistare il cielo; devi lasciarti conquistare da Lui. Ritorna allora al tuo battesimo: non l'hai guadagnato con i tuoi meriti ma l'hai ricevuto gratuitamente come dono. Lì ti è stato comunicato lo Spirito Santo come principio di vita nuova.

Ma durante il cammino verso una "vita nuova" è inevitabile che arrivi il momento della stanchezza e della sfiducia la quale può sfociare persino nella esasperazione e nella ribellione.

È sempre difficile per il cristiano che ha scelto di seguire sul serio e fino in fondo Dio, saper opporsi alla tentazione che vorrebbe indurlo a desistere per reinserirsi nella massa piatta, ma soddisfatta e apparentemente gratificante della mediocrità che si è lasciata alle spalle. E del resto il contesto culturale oggi dominante rende affascinante la tentazione.

Non si "guadagna" forse di più a vivere da non cristiani; anzi in certi ambienti a dichiararsi esplicitamente contro la chiesa, i preti, il culto, le devozioni...? Strano una volta per conformismo ci si professava cristiani; oggi per conformismo o, se si vuole, per essere "à la page", ci si professa "non-credenti"...

Gesù nel vangelo invita a guardare oltre. Riconosce la realtà di queste tentazioni e della suggestione che esse possono provoca re nell'uomo; ma a sua volta diventa egli stesso provocatore: "se tu conoscessi il dono..."!

La massa degli scontenti e degli sfiduciati, dei delusi e degli arrabbiati, la ribellione dei giovani, il servile conformismo, il trasformismo opportunista, sono la conseguenza di questo rifiuto del dono di Dio.

Guardare oltre l'apparenza, significa rivedere a quali risultati ha portato la non scelta di Dio. È quanto fa Gesù con la Samaritana. Egli infatti la porta a fare un bilancio della sua vita: pur avendo avuto cinque mariti, quello che ora ha non è suo marito...un fallimento dunque.

Da questa "consapevolezza" ha inizio la conversione della Samaritana che riconosce in Gesù il "Profeta", se ne fa discepola e infine diventa "missionaria" chiamando a lui i suoi conterranei.

 

"SONO IO"!

A questo punto la rivelazione è piena e la fede deve essere totale. Quel "sono io!" è pieno di significato; vuol dire: sono io il Messia, ma vuol dire anche: sono io quello che l'uomo attende, sono io quello che porta la rivelazione della verità, sono io quello che può rispondere all'indigenza dell'uomo.

Non è strano allora che la Samaritana da evangelizzata diventi a sua volta evangelizzatrice: torna in città e convince i suoi concittadini. Ha trovato quello che appartiene non solo a lei ma a tutti e perciò non può tenere per sé il segreto di quell'incontro.

"Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia forse il Messia?". Il discorso si allarga: l'esperienza di uno diventa esperienza di una folla che accoglie Gesù, lo ascolta e infine giunge alla fede: "Molti di più credettero per la sua parola...". Si passa da una fiducia sulla parola di un altro alla fede fondata sull'esperienza diretta di Gesù. Non c'è modo migliore di fondare la fede che ascoltare Gesù, stare con lui, conoscerlo.

 

LA NOSTRA PAROLA È LA NOSTRA VITA"

Questi è veramente il Salvatore del mondo"! Non solo è cambiata la vita di quel villaggio, ma essi percepiscono chiaramente che Gesù è la salvezza di tutto il mondo.

È inspiegabile ma non si può negare che i cristiani siano protesi a "convertire tutto il mondo''. Questo stimolo missionario presenta nel corso della storia vari motivi e diversi modi di realizzazione: da un fariseismo intollerante a un proselitismo tutto proteso alla "caccia delle anime", a un cristianesimo convinto che il Padre Eterno concede la salvezza solo nelle proprie file.

Ma accanto a tutto ciò anche un profondo e umile amore cristiano che cerca di comprendere la difficoltà e la sofferenza dell'uomo che ricerca e con Cristo si sforza di aiutarlo sinceramente.

Per illustrare il nostro impegno missionario e "purificarlo", citiamo due esempi tolti dalla letteratura moderna, il modo di vedere di due uomini molto diversi.

Albert Camus, nel suo libro IL CASO afferma: "Adesso troppe persone s'arrampicano sulla croce solo per farsi notare da lontano, anche se a questo scopo devono calpestate un po' uno che si trova lassù già da molto tempo. Troppa gente ha deciso di cavarsela senza generosità e senza praticare l'amore del prossimo...".

Per mezzo delle sue parole si rivolge a noi il rimprovero di molti uomini disingannati, persone che hanno conosciuto cristiani troppo presi dal gusto di farsi notare. Forse hanno trovato nei cristiani una pluralità di valori - un elaborato sistema dogmatico, un'organizzazione ben strutturata, un amore del prossimo perfettamente organizzato, una liturgia attraente - ma non quell'amore sincero che il Signore ha definito il distintivo della sua chiesa.

Padre Alfred Delp, giustiziato nel febbraio 1945, è molto esplicito: "Tra le chiare conclusioni della nostra Teologia e il cuore degli uomini che le dovrebbero accettare, v'è l'ostacolo di un grande monte costituito dal tedio innalzato dall'esperienza che abbiamo fatto di noi stessi. Con la nostra esistenza abbiamo tolto all'uomo la fiducia in noi stessi. Proprio in questi ultimi tempi l'uomo stanco che si recava in chiesa incontrava solo un altro uomo stanco che però commetteva l'atto sleale di mascherate la sua stanchezza dietro parole e gesti religiosi. E i credenti, così incrollabilmente sicuri! Essi credono a tutto, in ogni cerimonia, e in ogni usanza, solo non credono nel Dio vivente... nel nome di Dio? No! Nel nome della pace, della tradizione, dell'usuale, della comodità, della sicurezza".

La nostra "parola" al prossimo è la nostra vita in quanto noi stessi abbiamo sofferto e risolto nello Spirito di Cristo i problemi dell'esistenza umana. La nostra comunicazione di salvezza agli uomini c'è anche quando stiamo in silenzio di fronte a problemi e interrogativi ancora aperti. Allora sarà chiaro e credibile che Cristo è il "Redentore nostro e del mondo intero".