Lettura del Vangelo - Domenica 6a del Tempo Ordinario - Anno A

 

SCHEDA BIBLICA - 34 -

 

 

DAL VANGELO SECONDO MATTEO (5, 17-37)

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: (17) Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto per abolire, ma per dare compimento. (18) In verità vi dico: finché non siano passati il Cielo e la terra, non passerà dalla legge neppure un iota o un segno senza che tutto sia compiuto. (19) Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel Regno dei Cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli. (20) Poiché io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli. (21) Avete inteso che fu detto agli antichi: "Non uccidere"; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio. (22) Ma io vi dico: Chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio. Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al Sinedrio; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna. (23) Se dunque presenti la tua offerta sull'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, (24) lascia lì il tuo dono davanti all'altare e va' prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono. (25) Mettiti presto d'accordo con il tuo avversario, mentre sei per via con lui, perché 1'avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia e tu venga gettato in prigione. (26) In verità ti dico: non uscirai di là finché tu non abbia pagato fino all'ultimo spicciolo! (27) Avete inteso che fu detto: "Non commettere adulterio"; (28) ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore. (29) Se il tuo occhio destro ti è occasione di scandalo, càvalo, e gettalo via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geenna. (30) E se la tua mano destra ti è occasione di scandalo, tàgliala e gettala via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geenna. (31) Fu pure detto: "Chi ripudia la propria moglie, le dia l'atto di ripudio"; (32) ma io vi dico: chiunque ripudia sua moglie, eccetto il caso di concubinato, la espone all'adulterio e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio. (33) Avete anche inteso che fu detto agli antichi: "Non spergiurare, ma adempi con il Signore i tuoi giuramenti"; ma io vi dico: non giurate affatto: né per il cielo, perché è il trono di Dio, (35) né per la terra, perché è lo sgabello per i suoi piedi; né per Gerusalemme, perché è la città del gran re. (36) Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. (37) Sia il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno".

 

IL CONTESTO

Nel lungo discorso della montagna (Mt. 5-7), che l'evangelista pone come dichiarazione programmatica all'inizio dell'attività di Gesù, il nostro brano segue da vicino la proclamazione delle beatitudini (5,3-12) e il doppio paragone del sale e della luce (5,13-16).

Con il v. 17 inizia un nuovo tratto che riguarda la giustizia della comunità, l'atteggiamento dell'uomo nuovo che si trova nella condizione della beatitudine. Mentre i vv. 17-20 costituiscono una sorta di dichiarazione di principio, i vv. 21-48 rappresentano l'applicazione pratica, la concretizzazione della stessa.

Questo brano viene caratterizzato dalla presenza di sei antitesi: il rapporto degli uomini dell'antico e del nuovo patto (vv. 21-26); il nuovo rapporto tra i sessi confrontato con quello presentato dall'interpretazione rabbinica (vv. 27-30); il matrimonio (vv. 31-32); il superamento dell'ambiguità del linguaggio (vv. 33-37); la legge del taglione e la radicale bontà del cristiano (vv. 38-44) estensione dell'amore ai nemici (45-48).

Il testo della nostra pericope si ferma al v. 37, ma è importante prendere in considerazione l'insieme di queste sei antitesi. Esse costituiscono uno dei cardini portanti del discorso della montagna del primo evangelista e provengono in parte dalla tradizione, in parte sono opera dello stesso Matteo.

Con il cap 6 inizia poi una nuova trattazione di alcuni temi fondamentali, non più in forma di antitesi con la legge antica, ma come contrapposto al singolo atteggiamento ipocrita dell'uomo. Abbiamo quindi un brano riguardante l'elemosina (6,1-4) e uno che tratta della preghiera (6,5-15), dove è collocata la famosa preghiera della comunità, il "Padre nostro" (vv. 9-13).

 

L'ESEGESI DEL TESTO

v. 17: Dà l'impressione di un'iscrizione, la necessaria indicazione di quale sia il compito di Gesù, che alcuni desideravano o si attendevano diverso. In quanto tale la missione di Gesù è carica di conseguenze per i discepoli." Non pensate" respinge forse false attese o interpretazioni errate del vero atteggiamento di Gesù.

v. 18: Si ricollega a quanto precede per darne la motivazione e inizia con il solenne "amen" che viene premesso ai detti autentici di Gesù: la parola di Gesù vale in modo certo. La legge é più stabile del mondo intero; viene da Dio e in essa non vi è nulla che non raggiungerà il suo compimento. Essendo Parola di Dio, non è mai senza valore.

v. 19: La legge a suo tempo era stata data per una società; anche la nuova comunità ha bisogno di comandamenti che ovviamente prima vanno osservati e solo in seguito possono essere anche insegnati. È questo il compito e la responsabilità del "maestro" cristiano. "Insegnamento minimo" forse equivale a "facile".

v. 20: Il versetto presenta un nuovo concetto: È chiaro a questo punto cosa intendono il vero compimento della legge e il contenuto della legge, poiché coloro che insegnano e osservano la legge sono per antonomasia gli scribi e i farisei. Questo "detto introduttivo" mostra che giustizia non è semplicemente riconoscere che Gesù Signore è il Cristo di Dio, ma l'agire rettamente. Il testo passa ora alle varie antitesi.

v. 21-26 (prima antitesi): inizia come tutte le altre con la formula introduttiva "avete inteso che fu detto agli antichi". Il passivo nell'A.T. sta spesso per indicare l'azione di Dio Perciò con "antichi" si intendono Mosè e gli antichi proclamatori della legge, non gli interpreti successivi. Con il primo "ma io vi dico" si espone un nuovo regno che si impone con autorità senza pari: il cuore umano viene scoperto e smascherato. Il "fratello" è per gli ebrei il correligionario e il compatriota, e in questo senso il "prossimo". "Pazzo" significa: senza legge. L'inimicizia tra fratelli è tanto grave che lo stesso sacrificio, davanti a Dio, non conta nulla. L'imperativo di riconciliarsi "sulla via" non è solo una regola di prudenza, ma pensa all'andare verso Dio ed è un imperativo escatologico.

v. 27-30: (seconda antitesi): nel mondo giudaico "donna" intende la moglie dell'altro, del giudeo di cui la moglie è proprietà. Un peccato in questo campo è in primo luogo una ingiustizia contro il marito. I detti dello scandalo dell'occhio e della mano, che Mt. inserisce a questo punto, in origine erano indipendenti dal campo sessuale. Si esige, se necessario, la conseguenza ultima nella rinuncia per amore del regno dei cieli.

v. 31-32 (terza antitesi): questa antitesi dà l'impressione di essere l'eco della precedente, ma si amalgamano il diritto vigente e la moralità. La premessa e il punto di partenza è dato dal fatto che Mosé permetteva il ripudio. L'uomo però è tenuto a dare l'atto scritto affinché per mezzo di questo documento la donna ripudiata si possa dimostrare libera e quindi sposarsi nuovamente. Il motivo sufficiente per un tale atto era oggetto di polemica tra un'ala più rigida e una più indulgente. Gesù stabilisce un comandamento che è di contenuto opposto all'insegnamento del tempo: colui che ripudia e colui che sposa una ripudiata commettono adulterio. Essi infatti disprezzano la volontà originaria di Dio .

Ripudio è un'ingiustizia verso la donna. Chi ripudia la moglie ha dimenticato e rigettato il proprio amore e chi ne ha danno e umiliazione è la donna. Ammettere il ripudio significa accettare l'egoismo e l'incapacità di autocontrollo.

v. 33-37 (quarta antitesi): l'argomento è il giuramento che riveste notevole importanza nell'A.T. e quindi anche presso i rabbini. Esso chiama in causa Dio anche se in luogo del nome suo si pone "cielo" o il tempio o la città santa. Così facendo l'uomo, con il giuramento, osa "manipolare" Dio, degradandolo a suo garante. È questo il motivo per cui anche gli esseni rifiutano il giuramento. Certo i dati del NT non sono del tutto unitari e coerenti. Gesù risponde a un giuramento davanti al Sinedrio e Paolo talvolta usa espressioni analoghe a giuramenti. Presso lo stesso Matteo alcuni autori pensano che "sì - sì, no - no" ricordino il giuramento. Il fatto che presso gli stessi cristiani e la chiesa ufficiale il giuramento sembra inevitabile è una testimonianza di quanto fosse necessaria la esortazione di Gesù. Non dobbiamo affatto giurare: Dio non è a nostra "disposizione".

 

IL MESSAGGIO

L'uomo è libero: è un dato di fatto. L'uomo è condizionato, deve seguire determinate norme, anche per salvare la sua libertà: questo è un altro dato di fatto. Il nucleo del problema sta nel trovare il giusto rapporto tra i due valori, perché l'uomo possa essere pienamente se stesso.

Noi cristiani abbiamo un chiaro esempio di questo equilibrio, il Cristo, colui che si è sentito pienamente libero di fronte a tutte le leggi; colui che ha vissuto con la massima coerenza i valori positivi che esse esprimevano. È lui quindi la nostra "legge", lui anche la nostra "libertà".

 

LEGGE E LIBERTÀ

Quante volte sono in antitesi tra di loro? Con quale facilità ci combattiamo all'insegna dell'uno o dell'altro principio? E questo ancora oggi, nella Chiesa. Non ci annuncia Matteo che esse sono un tutt'uno, che l'una serve all'altra? Che Dio ci ha dato entrambe, ce le ha date come impegno? Si può disonorare Dio nella "libertà", ma anche nella "legge".

La legge è buona se l'uomo non ne abusa; la libertà è buona se non è voluta per egoismo senza riguardi o per sfrenata passione. Dio dà la sua legge affinché la libertà si attui e si dimostri in grado di superare se stessa; operante nell'amore, responsabile della salvezza e a servizio del prossimo. Questa libertà rispetta inoltre la debolezza dell'altro e rinuncia a qualche "libertà" per amore del fratello. Legge e libertà sono come due colonne portanti e dal la dialettica tra le due la debolezza dell'uomo può divenire forza di Dio.

 

LA NUOVA LEGGE

Il Vangelo è chiaro: esiste una legge del Cristo, e questa legge è nuova. Essa non abolisce l'antica, ma la porta a compimento esigendo un'adesione profonda, al di là dei gesti formali, e una giustizia più radicale di quella degli scribi e dei farisei. Per lui tutto si gioca al livello del cuore dell'uomo. È nel cuore che si decide l'atteggiamento più vero e radicale dell'uomo, è lì che bisogna portare l'attenzione e la scelta.

Non basta quindi non uccidere, bisogna non adirarsi (Mt. 5,21). Non basta non commettere adulterio, bisogna non desiderare la donna degli altri (Mt. 5,27). Non basta lavarsi le mani prima dei pasti, bisogna purificare l'interiore dell'uomo (Mc 7,1-23). Non basta erigere monumenti ai profeti, bisogna non farli tacere uccidendoli (Mt. 23,29). Non basta dire: "Signore, Signore", ma bisogna fare la volontà del Padre che è nei cieli (Mt. 7,21). Non basta dire parole senza fine nella preghiera, bisogna aver fede nella bontà di Dio (Mt. 6,7). Non basta il sacrificio, non serve l'osservanza dei precetti minori se non si pongono al primo posto nella propria vita morale la giustizia, la misericordia e la fede (Mt. 9,13; 12,7; 23,23).

La legge viene imposta all'uomo dall'esterno. Se Gesù si limitasse soltanto a spiritualizzare la legge, il suo sarebbe un perfezionamento incompleto. Il "nuovo" portato da Cristo è altrove: se Gesù esige un di più, la motivazione è in quel "ma io vi dico".

 

MA IO VI DICO

Dal monte delle Beatitudini, che si specchia sul lago di Galilea, Gesù ha scaraventato sei "pietre" che hanno colpito spietatamente il bersaglio del "perbenismo", delle "sicurezze", delle "comode sistemazioni", dei "faticosi compromessi".

Sei "ma" di una forza travolgente, di una potenza inaudita. E un certo "ordine" ne è rimasto sconvolto per sempre. "Avete inteso che fu detto agli antichi...Ma io vi dico...".

Quei "ma" scanditi dal Cristo segnano il passaggio dall'Antico al Nuovo Testamento. Continuità e rottura al tempo stesso. Passaggio dal legalismo alla legge dell'amore, dal buon senso alla divina follia della croce, dalla prudenza al rischio esaltante dell'avventura, dall'ordine formale allo scandalo del Vangelo.

Non è l'abolizione della Legge. Ma la suprema perfezione. La perfezione dell'interiorità, dell'amore. Un amore la cui unica misura e di non avere misura.

E gli uomini cosiddetti "onesti" sono costretti a guardarsi le mani. E si accorgono che sono macchiate di sangue dei propri fratelli. Si accorgono che si può uccidere anche con la lingua. Comprendono che chi si accosta all'altare senza aver prima perdonato il fratello, è un profanatore del tempio. E gli uomini perbene, osservanti delle più insignificanti prescrizioni legali, convinti che per essere "puliti" basti lavarsi le mani prima di sedere a tavola, scoprono all'improvviso che anche i pensieri sporcano.

Quei sei "ma" hanno messo in crisi la giustizia. Hanno spazzato via le migliaia di precetti di un moralismo grigio e soffocante , per aprire la strada alla suprema libertà e al "radicalismo" dei figli di Dio.

 

I ''MA'' DI CRISTO, I "MA" DELL'UOMO

E gli uomini, colpiti nell'abitudine, nel tradizionalismo, nell'onesta a buon mercato, si sono posti all'opera per trasformare, addomesticare, addolcire quella inquietante parola di Dio. A1 "ma" di Cristo hanno opposto il loro "ma".

"Non uccidere". "Ma...in certe circostanze e per certi motivi, è lecito uccidere". E quel "ma" è costato milioni di morti!

"Amate i vostri nemici". "Ma, in certi casi, bisogna farsi rispettare". E con quel "ma" si è scatenata una selvaggia caccia all'uomo, soltanto perché quell'uomo non aveva il colore della "nostra" pelle, non condivideva le nostre idee o, peggio, perché quel "nemico" non credeva nel nostro Dio.

Come si vede il "ma" degli uomini è sul versante opposto al "ma" di Cristo. È il "ma" del tradizionalismo più stanco opposto al "ma" della novità del messaggio evangelico. È il "ma" della mediocrità opposto al "ma" della santità.

Per caso, non abbiamo forse cercato di disinnescare la forza dirompente del "ma" del Cristo? Non abbiamo, per caso, cercato di ammorbidire la durezza di quella parola con i nostri calcoli, il nostro "equilibrio", quella che ci ostiniamo a chiamare prudenza?

"Siate perfetti". E noi ci affrettiamo ad appiccicarci un "ma'.' "Ma bisogna essere realisti, tener conto della nostra fragilità. La carne è la carne...". E siamo già fuori dal Vangelo. "Sia il vostro parlare sì, sì; no, no". E noi ci arrampichiamo sui vetri per spiegare: "Ma è lecito, per gravi motivi, per non compromettere la causa, e sempre a fin di bene s'intende, fare in modo che il sì voglia dire no e viceversa". E siamo già fuori dal Vangelo!

 

UN PASSO AVANTI NELLA FRATERNITÀ

Le parole di Gesù invitano il cristiano a qualcosa "di più", a fare un passo avanti nella fraternità. Non basta non uccidere il fratello, occorre rispettarlo, non prenderlo alla leggera, non sentirsi superiore a lui. Si può uccidere con le parole, con un giudizio duro, con un atteggiamento sprezzante. Si può uccidere il fratello relegandolo nell'isolamento, spegnendo il suo entusiasmo e i suoi progetti di bene, non permettendogli di esprimersi liberamente.

Gli emarginati, gli anziani, i deboli mentali, "i lontani" sono "uccisi" dal nostro crudele disinteresse, dal nostro isolamento dal nostro dito puntato...Non si può onorare Dio se il fratello è disonorato, perché Dio non è in cielo, ma in ogni fratello che incontriamo, specialmente nei "poveri", negli umili disprezzati, in quelli che noi, a volte, chiamiamo cretini...

 

UN PASSO AVANTI NELL'AMORE

L'amore dell'uomo e della donna non è desiderio e ricerca egoistica della propria soddisfazione. L'amore è volere il bene dell'amato, è incontro libero e liberante. L'attrazione fisica senza amore è la negazione della libertà e della dignità della persona, è un tentativo di fare dell'altro una cosa, un oggetto. Un amore vero si inserisce nell'unica corrente d'amore che è Dio. La famiglia deve vivere queste caratteristiche di amore che la segnano profondamente. E ne cementano l'unità.

 

UN PASSO AVANTI NELLA SINCERITÀ

Le parole non sono fatte perché gli uomini se ne servano per ingannarsi a vicenda, ma perché ciascuno porti a conoscenza degli altri il proprio pensiero. Ingannare gli altri significa travisare il segno della parola, farla diventare segno di divisione e di con fusione anziché di comunione e di chiarezza. Cristo supera quindi la legge giudaica quando vieta la menzogna in ogni circostanza, rendendo così inutile il giuramento.

 

LA "GIUSTIZIA PIÙ GRANDE"

"Se la tua mano destra ti è occasione di scandalo, tagliala e gettala via da te". Uno scrittore dei primi tempi della Chiesa, Origene, ha queste parole troppo alla lettera e si è mutilato. Chi vuole eliminare dalla propria vita le passioni mutilandosi, ha fra inteso Gesù.

Dobbiamo accettare noi stessi, la nostra natura con i suoi doni e i suoi pericoli, il nostro tempo e le condizioni del nostro ambiente e in essi essere cristiani, discepoli di Gesù. Voler evitare tutti i pericoli vorrebbe dire "dover uscire dal mondo"; fuggire tutti i pericoli significa sottrarsi ai nostri impegni: noi in vece dobbiamo essere "padroni" del mondo, della vita, del tempo, della difficoltà, della crisi, del dubbio, dell'odio, dell'ingiustizia, ma rimanendo nel mondo. Non fuga dal mondo, ma fuga verso Dio nel mondo.

Questa testimonianza è la "giustizia più grande", l'altro cuore. Noi cristiani non ci dobbiamo necessariamente distinguere dagli altri esteriormente né dobbiamo esigere migliori condizioni di vita o privilegi, elevandoci sopra la "massa". Solo se rimaniamo "presso di loro" possiamo operare la salvezza e portare a compimento la nostra "missione".

 

SACRIFICIO O AMORE?

Quante volte i cristiani si recano al santo sacrificio e portano in cuore l'odio contro il vicino e il "fratello" cristiano, o la discordia nella vita coniugale e nella famiglia, o la disistima dell'altro. Quante volte ci accapigliamo per le diverse forme con cui si riceve il pane eucaristico. E poi, quando si presenta l'occasione, ci inginocchiamo l'uno accanto all'altro. Ma la nostra persona è ben lontana dall"'altro", lontana da Cristo e dalla sua volontà, dall'amore. In questo caso ci riuniamo per il sacrificio senza amore, per cui il nostro non è affatto un sacrificio, perché sacrificio è amore, e Cristo si è donato per amore.

"Se tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono... e va' prima a riconciliarti...". Senza fratello non si arriva al Padre.

 

E CHI MAI SI PUÒ SALVARE?

Gesù ci chiede troppo? Può darsi. Ma non abbiamo mai sospettato che le nostre possibilità vanno molto al di là di quanto abbiamo sperimentato finora?

Se pensavamo che il vangelo non fosse che dolcezza, consolazione, indulgenza, eccoci di fronte ad esigenze senza precedenti, con l'impressione di essere stati presi in "trappola". È normale la nostra sorpresa, e persino una certa indignazione: anche gli apostoli hanno reagito così, in un altra occasione: "E chi mai si può salvare"? (Mc 10,26). Forse qualche spirito eroico, ma non certo i peccatori come noi!

"Io credo che se un giorno diventerò cristiano sul serio, dovrò vergognarmi soprattutto, di non esserlo diventato prima, ma di aver tentato prima tutte le scappatoie"; così scriveva il filosofo danese S. Kierkegaard nel suo Diario (8.12.1937). Il cristiano oggi è scosso dalla parola del Cristo ed invitato alla decisione seria, radicale, operativa e personale per il regno.

Cristo con il Discorso della Montagna ci costringe a spezzare i luoghi comuni, le idee "moderate" e vaghe, impastate di religiosità "inoffensiva" e a riscoprire la "parola nuda" della donazione e dell'amore che è impegno serio e totale. Sempre Kierkegaard scrive: "Le idee fisse sono come i crampi ai piedi: il miglior rimedio è il camminarci sopra". Cristo ci invita a seguirlo buttando dietro le nostre spalle le comode idee fisse sulle quali costruiamo troppo spesso un cristianesimo incolore e insapore.

Lo sguardo di tenerezza che egli posa su di noi ci fa scoprire che senza di lui non possiamo fare nulla, ma che con lui e in lui tutto diventa possibile. Lasciamoci, quindi, "colpire" da quei "ma io vi dico". Sarà dolorosissimo, da principio. A poco a poco, però, scopriremo che ci è stato restituito il nostro vero volto. Un volto cristiano!

L'insegnamento di Gesù si rivolge a uomini che la buona notizia ha già strappato alla potenza di Satana, che già vivono nel regno di Dio e ne irradiano il tipico carattere. Si rivolge a uomini che hanno ricevuto il perdono, che hanno trovato la perla preziosa, che sono stati invitati alle nozze, che attraverso la fede appartengono alla nuova creazione, al mondo nuovo di Dio. Si rivolge a uomini nella cui vita ha fatto irruzione la grande gioia di cui parla la parabola del tesoro nascosto nel campo; l'uomo che lo trova si allontana pieno di gioia e sacrifica tutto quello che possiede. Si rivolge ai figli prodighi a cui il Padre spalanca di nuovo le porte della sua casa. Fin da oggi, dice loro Gesù, potete vivere nel tempo della salvezza. Ma questo è anche il tempo della volontà di Dio, con tutte le sue esigenze. Perché presenza del regno significa entrata in vigore del diritto voluto da Dio per il mondo che viene. Chi dice diritto di Dio dice volontà santa e perdono sovrano: il perdono chiama a un dono, quello di tutta la propria vita. Ecco ciò che dice Gesù, e non esita ad usare l'imperativo: "devi!". Adesso devi realmente rinunciare alla collera, eliminare lo sguardo impuro, cercare la sincerità perfetta, amare il tuo nemico. Soltanto a partire dalla generosità del dono divino si possono comprendere le parole esigenti di Gesù. (J. Jeremias, Il discorso della montagna)