Lettura del Vangelo - Domenica 5a del tempo Ordinano - Anno A

 

SCHEDA BIBLICA - 33

 

 

DAL VANGELO SECONDO MATTEO (5,13-16)

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: (13) Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà rendere salato? A null'altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini. (14) Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, (15) né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa. (16) Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli.

 

IL CONTESTO

Il testo appartiene al discorso della montagna di Matteo. Il contenuto è la vocazione e l'impegno dei discepoli. Esso costituisce la continuazione delle beatitudini e conclude la parte introduttiva del discorso della montagna con una pressante esortazione. Il brano è una composizione dell'evangelista, che riunisce vari detti tramandati e aggiunge una sua conclusione (v. 16). L'appello rivolto direttamente ai discepoli viene desunto dalle ultime due beatitudini e ampliato: "Voi siete sale della terra...voi siete la luce del mondo...". Ciò che le beatitudini hanno sviluppato nei particolari, viene qui sintetizzato nelle due immagini del "sale" e della "luce". È necessario pertanto interpretare queste immagini alla luce delle beatitudini. I detti utilizzati si incontrano in parte in altri contesti presso Marco e Luca. Mt li ha riuniti e li ha fatti servire al fondamentale insegnamento della vera giustizia del Regno di Dio.

 

L'ESEGESI DEI TESTO

v. 13: Anche Mc. presenta il detto del sale, ma in forma diversa e difficile da interpretare: "Poiché ciascuno sarà salato con il fuoco. Cosa buona il sale; ma se il sale diventasse senza sapore, con che cosa lo salerete? Abbiate sale in voi stessi e siate in pace gli uni con gli altri".(Mc. 9,49s).Accanto a questa, vi è la redazione della fonte Q dei discorsi, riportata da Lc. 14,34, e che è il modello anche di Matteo 5,13. Essa si distingue soprattutto per un'applicazione del paragone tra il sale utile e quello diventato inutile. Il pensiero apocalittico che affiora nell"'essere gettato via" non viene ampliato o reso più pressante. La applicazione dell'immagine rimane nel contesto quotidiano.

v. 14: "Voi siete la luce del mondo" non ha altri paralleli nei vangeli. Nel quarto vangelo la "luce del mondo" è Gesù (Gv. 8,12). Il modo migliore di interpretare questo breve detto consiste nel considerarlo un parallelo del v. 13. Il detto della luce è insieme la continuazione e l'approfondimento del detto del sale. "Mondo" è più pregnante e più ampio di "terra" anche se in entrambi i casi si intende il mondo degli uomini. Luce è un'immagine più elevata e spirituale di quella del sale.

v. 16: Con molta probabilità è creazione dell'evangelista. La forma stilistica di conclusione deduttiva si trova molto spesso in lui. Il detto accoglie l'idea di luce e la concretizza in funzione delle "opere buone". Vi è qui un tipico accenno di Matteo: l'importanza è data alla realizzazione, all'agire. Vero scopo della testimonianza vissuta è in definitiva la glorificazione di Dio.

 

IL MESSAGGIO

I grandi programmi oggi ci scoraggiano, ci lasciano scettici, consci come siamo dei nostri limiti; né abbiamo la pretesa di essere migliori degli altri, dei non credenti, e tanto meno di essere necessari e insostituibili. Come la mettiamo allora con le immagini di Gesù del "sale" e della "luce" applicate alla Chiesa?

 

PROVERBI CHE DIVENTANO VANGELO

Realtà molto modeste e molto umane possono servire da materiale per il messaggio grande e insuperabile. Gesù ci dà l'esempio in quanto non si vergognò di esprimere il suo alto messaggio con ogni tipo di discorso, con proverbi popolari, fatti di arte di vivere, di esperienze vissute e talvolta anche con dure sentenze.

Il nostro annuncio, lo stile dei nostri discorsi teologici e spirituali, sono spesso terribilmente sbiaditi e teorici, senza colore e senza mordente. Anche nei problemi che affiorano oggi, l'aspetto teorico va posto sotto il criterio di una fede "incarnata".

 

SALE E LUCE

Il sale è fatto per salare, cioè per essere gettato nel mondo e dare sapore a tutto ciò che tocca. Sciogliendosi e perdendosi realizza la sua vocazione. Se volesse conservare il suo sapore, rimanendo nella saliera, in realtà lo perderebbe. Lo stesso avviene per la luce. Al buio non si sa dove porre il piede; ma appare un fascio di luce, e la strada si illumina.

Gli uomini hanno bisogno di luce. Il sole: senza la sua luce non vi sono colori, non c'è bellezza, non si vede la strada e il mondo delle cose. Ancora più urgente per l'uomo è il bisogno di luce interiore, di esatta conoscenza, di verità.

I discepoli devono essere sale e luce indipendentemente dal fatto che essi lo vedano o facciano l'esperienza di esserlo. I discepoli possono essere sale e luce solo perché hanno tra loro il "sale" e la "luce"...che lo stesso Messia è e porta in sé! Egli è la vera realtà indispensabile per la quale non c'è sostitutivo.

 

IL GUSTO DELL'ESISTENZA

Il brano evangelico è nel contesto delle beatitudini. Coloro che sono proclamati beati, non lo sono solo per se stessi, ma anche nei confronti del mondo; per le realtà terrestri sono luce e sale. Essi sono luce non perché appartengono alla Chiesa, o hanno una dottrina di salvezza da comunicare, e neppure perché sono uomini di preghiera e fedeli al culto; ma in primo luogo, perché sono poveri, sono miti, puri di cuore, operatori di pace...

Ecco un messaggio di consolazione e di "impegno": voi credevate di non essere utili a niente, ed ecco che una vocazione si apre dinanzi a voi: dare gusto all'esistenza! Chiamando i suoi discepoli "sale della terra" e "luce del mondo", Gesù chiede loro di condividere ciò che hanno di più prezioso: la speranza, capace di dare sapore alla vita e un po' di luce a coloro che attraversa no le tenebre della prova.

Ma il vangelo parla anche di sale insipido e di luce nascosta. È un invito a saggiare la qualità del nostro sale di cristiani oggi, e a vedere con quali paralumi abbiamo nascosto la "luce" del Vangelo.

 

VOI SIETE...

Giovanni Crisostomo diceva: "Non ti chiedo di abbandonare la città e di troncare tutte le relazioni sociali. No, rimani in città perché là devi mettere in pratica la tua virtù! Preferisco vedere la virtù risplendere nella vita dei cittadini piuttosto che nella cella degli eremiti".

I cristiani ricevono dunque una missione nei confronti di tutti gli uomini: con la fede e con la carità, devono orientare, consacrare, rendere feconda l'umanità. Bisogna che viviamo la certezza racchiusa in questo "voi siete...". Oggi, per molti cristiani, la denigrazione sistematica del messaggio della Chiesa è una tentazione per lo meno pari a quella del ripiegamento su sé stessi. Sono stati talmente messi in guardia contro la "superbia confessionale, il trionfalismo e l'esagerazione clericale, che rischiano sia di voler tornare alle catacombe, sia di inginocchiarsi ingenuamente davanti al mondo. Sono invece chiamati a diventare in esso un vangelo vivente; se così non avviene, il loro messaggio perde tutta la propria forza, e "a null'altro serve che ad essere calpestato dagli uomini". "Riconosci, cristiano, la tua dignità"! (S. Leone): per viverla, e così rendere gloria a Dio.

 

VIETATO ESSERE INNOCUI

Gesù indica, dunque, ai discepoli il senso preciso della loro missione: essere forza trasformatrice, elemento attivo nel mondo. La realtà va accettata, non subìta. E il modo migliore per non subirla consiste nel cambiarla. Possiamo indicare due elementi che dovrebbero caratterizzare la "funzione pubblica" del cristiano:

- forza anticipatrice - coefficiente di pericolosità.

In un romanzo di Dickens c'è questo episodio. Mister Pickwick sale su una carrozza di piazza e, durante il tragitto, rimane colpito da uno strano fenomeno che non riesce a spiegarsi. Chiede delucidazioni al vetturino: - Com'è possibile che un cavallo così scheletrito e sfiancato riesca a trascinare una carrozza tanto pesante e grande? Il conducente, con un sorriso furbo, risponde misteriosamente: - Non è questione di cavallo, caro signore, ma di vettura! - Sarebbe a dire? - Vedete, succede questo. Abbiamo un magnifico paio di ruote. Le teniamo ingrassate così accuratamente che, non appena il cavallo tira sulle stanghe, le ruote si mettono prontamente in movimento... E alla povera bestia non resta che prendere il galoppo se non vuole venire schiacciata dalla carrozza...

L'immagine è efficace. La vita cristiana dovrebbe essere come il cavallo incaricato di "tirare" la carrozza del mondo e della storia. Può succedere, invece, che sia il carico a far muovere, a spingere il cavallo! Si invertono i rapporti. La corsa non è più determinata da un impegno cosciente di anticipazione, di fedeltà al proprio compito di guida e animazione della società, ma dalla paura di venire travolti, superati.

Dovremmo essere noi a creare novità. Invece talvolta ci lasciamo sorprendere, cogliere alla sprovvista dagli avvenimenti. E al massimo riusciamo ad adeguarci con enorme fatica, neppure troppo convinti, spesso impreparati, con l'unica preoccupazione di non venire "tagliati fuori".

 

PRENDERE L'INIZIATIVA

Troppo spesso ci limitiamo a "prendere atto" di ciò che è successo al di fuori di noi, senza di noi, addirittura contro di noi. Invece di assumere l'iniziativa, subiamo l'iniziativa altrui. Siamo molto spesso a stare sulla difensiva. Molte conquiste del nostro tempo ci hanno visti non nel ruolo di protagonisti, ma come spettatori distratti, diffidenti o perfino ostili.

Col Vangelo in mano, arranchiamo penosamente e discutiamo interminabilmente. Mentre quel libro dovrebbe costringerci ad "anticipare" gli altri.

"La religione deve costituire una forza trasformatrice della vita dell'uomo nel suo mondo. Quindi la Chiesa non può accontentarsi di entrare in scena quando altre forze hanno già dato la loro impronta alla vita moderna. La sua deve essere una forza potente che contribuisca alla configurazione stessa della vita" (J. Gomez).

Una forza trasformatrice non può restarsene a vedere - magari giudicando e sentenziando - che cosa fanno gli altri. L'esistenza cristiana dovrebbe rivelare tutta la sua "pericolosità": per la troppa quiete, per le false sicurezze, per l'indifferenza, per la sufficienza, per le comode sistemazioni, per i valori corretti, e per i compromessi.

C'è da avere paura di uno stile di vita cristiano insignificante. Che non ha nulla da dire. Non dà fastidio a nessuno. Non possiamo più essere innocui. La nostra vita deve diventare "contagio" per chi ci avvicina. La nostra fede o è virus o è vaccino. Il vaccino che immunizza, rende gli altri indifferenti, tanto da non accorgersi più di noi. Il nostro vero peccato? Incapacità o non-volontà di essere sale e luce del mondo.