Lettura del Vangelo - Domenica 4a del Tempo Ordinario - Anno A

 

SCHEDA BIBLICA - 32

 

 

DAL VANGELO SECONDO MATTEO (5,1-12)

In quel tempo, (1) vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. (2) Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo: (3) "Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. (4) Beati gli afflitti, perché saranno con solati.(5) Beati i miti, perché erediteranno la terra. (6) Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. (7) Beati misericordiosi, Perché troveranno misericordia. (8) Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. (9) Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. ( 10 ) Beati i perseguitati a causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. ( 11 ) Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia.(l2) Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli.

 

IL CONTESTO

La nostra pericope ha il suo parallelo in Lc. 6,20-23. Le due redazioni si rifanno a Is. 61,1ss: Gesù viene identificato con il messaggero di gioia unto dallo Spirito di Dio. Egli annuncia ai poveri il gioioso messaggio della salvezza. Il discorso della montagna va quindi caratterizzato in modo particolare anche nelle sue beatitudini come annuncio messianico-escatologico. Gli studi esegetici sono concordi nell'affermare che la redazione lucana è la più antica e la più originaria. Essa identifica la fonte dei discorsi con il suo messaggio del regno dei cieli che si avvicina. In Mt. 5, 3-12 invece le beatitudini sono ampliate e rielaborate in senso pastorale, secondo il mondo concettuale della comunità di Matteo.

Alcuni sostengono l'ipotesi che le beatitudini di Mt. siano da intendere come formule della primitiva comunità cristiana (E. Kasemann), altri le intendono come una catechesi battesimale della comunità primitiva (R. Bultmann); altri infine le attribuiscono a un filone della tradizione indipendente da Luca. Mt. 11,5s ("l'evangelo viene predicato ai poveri") accenna invece chiaramente che nel complesso si tratta di un materiale costituito da detti che può avere le sue origini nella vita di Gesù.

 

L'ESEGESI DEL TESTO

vv. 1-2 : Come introduzione è necessario aggiungere anche il v. 4,25 La grandiosa immagine delle turbe di popolo, che per gli insegnamenti di Gesù confluiscono dalla Galilea, dalla Giudea e da oltre il Giordano, significa che il nuovo popolo di Dio si raduna in un popolo escatologico attorno al suo nuovo Signore. Il termine "seguire" non significa camminare dietro a Gesù, ma definisce una sequela sul tipo di quella dei discepoli. Il discorso della montagna costituisce uno dei grandi momenti culminanti dell'annuncio neotestamentario, quasi l"'etica" del NT. L'insegnamento di Gesù è una nuova "torà", una nuova legge, diversa dall'insegnamento farisaico degli scribi. La parola di Gesù è la parola escatologica di Dio che fa iniziare i nuovi tempi. Il suo contenuto è il Regno dei cieli, più esattamente la via o la porta che ad esso conduce. Le folle sono il gregge senza pastore che ascolta Gesù. Il monte ricorda il Sinai.

v. 3: "I poveri in spirito" è un ampliamento di Mt. rispetto a Lc. ("i poveri"). L'essere poveri davanti a Dio è nella linea dei profeti, dei salmi, del messaggio di Gesù. Si rivolge contro la chiesa-élite dei salvati.

v. 4: Gli "afflitti", cioè gli oppressi, i provati, i disprezzati...un giorno reggeranno il mondo. È una parola di speranza. La consolazione non riguarda solo la miseria interiore (il peccato), ma intende la liberazione dalle potenze malvagie in genere (morte, satana, terrore...).

v. 5: "I miti" è un'aggiunta di Mt. e ricorda Is. 60,21. Contro ogni azione di violenza compiuta dalla sinagoga si esorta la comunità di Gesù a imitare il Messia evitando la violenza.

v. 6: "Quelli che hanno fame e sete di giustizia": è nuovamente un ampliamento tipico di Mt. Si intendono coloro che nel giudizio ultimo sperano la liberazione dall'ingiustizia e la giusta potenza di Dio. Questa liberazione è già iniziata con la apparizione del Messia.

v. 7: "Beati i misericordiosi..." Misericordia è opera di Dio. Per mezzo di Gesù diviene chiaro alla comunità che presso Dio trova misericordia colui che usa misericordia al fratello.

v. 8: Questa beatitudine è una citazione dell'A.T. Nel Salmo 24 si ricordano coloro che possono salire al monte del Signore "chi ha mani innocenti e cuore puro, chi non pronunzia menzogna". Nel Salmo 50 si prega: "Crea in me o Dio un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo". I cuori puri non vanno interpretati in senso cultuale, ma riferiti all'atteggiamento nei confronti dei fratelli.

v. 9: "Gli operatori di pace" è un detto programmatico della comunità di Mt. tentata di lasciarsi andare alla lotta.

v. 10-12: La beatitudine dei "perseguitati" è tipicamente messianica. I discepoli di Gesù devono soffrire persecuzione. Ma alla fine Dio stesso sarà la nostra "ricompensa".

 

IL MESSAGGIO

Felicità, magica parola che risveglia in noi un'eco profonda, ma anche parola umana carica di equivoci e di ambiguità, usata troppo spesso per cose che non la meritano. Oggi tutti si preoccupano di costruire un mondo più felice. Ma sembra proprio che nessuno riesca a trovare la piantina adatta per la costruzione. Ed è proprio difficile. Basta guardarsi un po' attorno. Sembra che tutti vogliano la stessa cosa, perché tutti passano la vita a parlare di pace, di giustizia, di felicità. Ma le strade che scelgono per arrivarci sono le più disparate. Sono perfino opposte e contraddittorie!

A chi rivolgerci per ricevere la felicità senza limiti a cui aspiriamo? A Gesù che ce la offre attraverso il messaggio sconcertante delle beatitudini. Gesù sta in mezzo a noi "confusi" e dà il suo "contributo". Ci ha lasciato un progetto: la pianta per la costruzione del mondo nuovo è il vangelo. Il grafico perfetto della pianta è il discorso della montagna.

 

POVERTÀ E... FELICITA

Il rapporto tra povertà e felicità non è di quelli semplici da definire. Nella rivelazione biblica i poveri sono destinati alla felicità perché sono l'oggetto privilegiato dell'amore di Dio. Ma poiché l'esperienza smentisce per lo più questo bellissimo principio, la felicità promessa ai poveri viene proiettata nel futuro.

Le beatitudini si possono comprendere soltanto se si tiene conto di un avvenimento essenziale: il Regno di Dio è arrivato, é presente nella persona di Gesù. Questa novità, questa realtà decisiva, questo annuncio capovolge tutti i valori comuni e i criteri abituali di felicità. E proprio ciò giustifica la paradossalità delle beatitudini. Infatti esse proclamano "fortunate" dal punto di vista di Dio, precisamente quelle persone che si trovano in situazioni che, secondo una valutazione umana, sono tutt'altro che piacevoli. Dio dice di sì a coloro cui il mondo dice no! Dio si congratula con quelli che il mondo compatisce.

 

NON "DEVI", MA "BEATO"

È significativo che il programma di vita destinato ai figli del Regno venga presentato non con un perentorio "dovete" ma con sorprendente martellamento di "beati...beati..."! Per cui il codi ce del nuovo popolo di Dio promulgato dal Cristo non è altro che un grandioso, insistente appello alla felicità. La vocazione del cristiano è una vocazione alla gioia. E la sua strada non è punteggiata di minacce ma scandita da ripetute offerte di motivi di esultanza.

Non si tratta di semplici auguri o di benedizioni, ma della constatazione di uno stato di felicità che già si sta realizzando. "Beati...,' : certo non bisogna pensare a nove tipi di uomini diversi. Quasi che il Cristo ci offrisse una possibilità di scelta: se non vuoi essere puro di cuore, puoi farti operatore di pace; se non te la senti di vivere nella povertà, hai sempre la possibilità di esercitare la misericordia... Si tratta, invece, della personalità cristiana che è vista da nove angolature diverse. Una beatitudine ne richiama un'altra. E tutte si armonizzano a vicenda.

 

NON UN TRANQUILLANTE

Il discorso della montagna era rivolto alla "gente povera" di Israele, agli oppressi, ai falliti, ai rassegnati e agli scoraggiati. Doveva essere solo una consolazione? Il messaggio di Gesù é oppio per il popolo?

Le beatitudini sono una promessa che Dio cambierà le cose, ma anche un imperativo a renderle operanti qui e oggi. Spesso ci si é comportati come se i tristi, i poveri, gli affamati dovessero essere lieti delle loro privazioni, delle difficoltà, perché sarebbero ricompensati nella vita dell'aldilà.

Ciò che Mt. vuol dire è che il Regno, il vedere Dio, il possedere la terra, l'essere saziati non sono regali che cadono dal cielo ma il frutto di un sì personale rinnovato. La rivoluzione che Gesù ha portato non è il ribaltamento effettivo dello stato delle cose né il rifugio nell'interiorità che lascia le cose come sono!

Coloro che sono poveri di fatto sono chiamati ad assumere la loro povertà come punto di partenza del mondo nuovo. Coloro che sono ricchi sono chiamati a scegliere la povertà per accompagnarsi ai poveri nella stessa ricerca. La comunità diventa così il luogo della "sperimentazione" e della "inaugurazione" del Regno dentro la storia. Forse il miglior commento alle beatitudini di Mt. è la comunità di Gerusalemme quale viene presentata nei capp. 2° e 4° degli Atti. Lì dove tutti sono "poveri" non c'è più nessun povero; lì dove la povertà è oggetto di scelta (la condivisione dei beni) essa cessa di essere condizione di miseria. La comunione dei beni strappa l'indigente alla sua miseria e il ricco al suo superfluo!

 

IL FUTURO È GIÀ INIZIATO

"Padre nostro che non sei nessuno, né in terra né in cielo… Il tuo nome non riempie il vuoto opprimente. Distrutto è il tuo regno delle eterne promesse". Queste dure parole vengono rivolte da Erno Deak al "Dio ignoto". Sono parole che egli formula a nome di molti uomini di oggi. Distrutto è il regno delle eterne promesse: finalmente, dirà qualcuno!

Anche presso cristiani convinti si diffonde un senso di "inferiorità", per chi si vede "superato" dai non credenti nei problemi essenziali dell'umanità. E magari qualche cristiano costata: di fronte a Dio non sono come mi credete voi. Nella lotta sul posto di lavoro, nei problemi del mio matrimonio, nel disinteresse per i miei simili sofferenti e tormentati, nella politica, nell'amore, nella società del benessere, nella morte, non sono affatto diverso dal mio amico ateo.

"Beati...": sì queste parole colgono i problemi fondamentali dell'uomo di oggi. Un uomo che si è reso conto dolorosamente delle sue difficoltà e vorrebbe trovare finalmente una consolazione. Le beatitudini saranno finalmente una risposta? Le beatitudini pongono un problema a ogni credente: è parola di Gesù e deve essere presa seriamente. Non si è "beati" se non si è "convertiti" in grado cioè di apprezzare e vivere i doni di Dio. Non accontentiamoci di felicità troppo "facili". Dio solo può colmare i nostri desideri. "Ci hai fatti per te, Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non dimora in te" (S. Agostino).