Lettura del Vangelo - ascensione del Signore - Anno C

 

 

SCHEDA BIBLICA - 26 -

 

DAL VANGELO SECONDO LUCA (24,46-53)

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: (46) "Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno (47) e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. (48) Di questo voi siete testimoni. (49) E io manderò su di voi quello che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall'alto". (50) Poi li condusse fuori verso Betania e, alzate le mani, li benedisse. (51) Mentre li benediceva, si staccò da loro e fu portato verso il cielo. (52) Ed essi, dopo averlo adorato, tornarono a Gerusalemme con grande gioia, (53) e stavano sempre nel tempio lodando Dio.

 

IL CONTESTO

Ci troviamo di fronte alla conclusione del Vangelo di Luca. La scena: Gesù sta davanti ai suoi nella figura del risorto. Ha appena dimostrato, mangiando pesce arrostito, di non essere uno spirito, ma lo stesso Gesù che i discepoli avevano seguito prima dei tumultuosi avvenimenti di Pasqua. Subito dopo inizia a spiegare la scrittura e afferma di essere la chiave e il compimento di tutto l'A.T. Non è stato bene far iniziare la nostra pericope omettendo i due versetti che precedono, dove si era già dato l'avvio a questa spiegazione.

Nella pericope abbiamo tre sezioni che si possono distinguere nettamente per il contenuto e che ovviamente sono strettamente collegate: a) una formula di confessione a Cristo della comunità primitiva (v. 46-47); b) la promessa dello Spirito Santo (v. 49); c) l'Ascensione del Signore (vv. 51-53).

 

L'ESEGESI DEL TESTO

v. 46: Sicuramente è una formula di confessione del Cristianesimo primitivo. Si può paragonare a quella di 1Cor 15,3-5: la morte e la risurrezione di Gesù sono i cardini portanti della fede cristiana. Esse rendono possibile la conversione a Dio e la remissione dei peccati a tutti i popoli.

v. 47: Il riferimento alla scrittura ha il senso di porre Gesù quale chiave e adempimento di tutto l'A.T. "Cominciando da Gerusalemme": Gerusalemme ha conservato in Lc. la posizione centrale che occupa nell'A.T. È il luogo dell'incontro tra Dio e l'uomo, perciò l'autore traspone le apparizioni del risorto a Gerusalemme. Qui avviene l'ascensione e l'effusione dello Spirito. Qui doveva iniziare anche la Chiesa. La remissione dei peccati è la lieta novella del nuovo patto. L'annuncio della conversione porta al battesimo attraverso cui viene operata la remissione dei peccati. Nelle parole del v. 47 possiamo quindi cogliere lo stesso pensiero espresso in Mt. 28,19, dove il risorto ordina ai discepoli di battezzare. Questo annuncio della conversione non è limitato a Israele, come si afferma esplicitamente, ma è ordinato in funzione di tutti i popoli.

v. 48: Colui che può parlare di realtà e di avvenimenti per propria conoscenza diretta viene universalmente chiamato "testimone". Nel N.T. il concetto si trova anche nel suo senso generico. Si tratta però sempre di testimonianza di realtà sperimentabili da parte dell'uomo, cioè di testimoni oculari o auricolari. Secondo Lc. la risurrezione è sì una realtà oggettiva, ma essa sfugge all'osservazione, esige la conoscenza per fede. Questo concetto di testimone si identifica con quello di apostolo, tuttavia ambedue erano destinati, col passar del tempo, a subire un'evoluzione. Gli apostoli infatti erano al tempo stesso testimoni di fatti accaduti e testimoni di fede. Dopo di essi vi sono i testimoni di fede

v. 49: La promessa dello Spirito Santo, il testamento del Signore. La promessa si realizza il giorno di Pentecoste. Luca non parla affatto delle apparizioni del risorto in Galilea. È necessario tener presente che secondo la concezione lucana tutti gli eventi importanti per la salvezza si compiono in Gerusalemme. Desta meraviglia che Lc. presenti due relazioni diverse di un unico fatto. Per lui è estremamente importante che il libro degli Atti non inizi con i discepoli rimasti soli, ma con il Signore che li visita e li istruisce ancora per 40 giorni. In questo modo la missione cristiana, che essi poi iniziano, non è più una impresa umana, ma un fatto che Dio stesso ha avviato. Tuttavia l'ascensione dopo i 40 giorni s'adattava solo agli Atti non alla conclusione di Lc. Il luogo proprio di questo fatto (come avviene anche negli altri vangeli) è quando Gesù se ne va la notte della domenica di Pasqua.

v. 50: Sia il mondo pagano che il giudaismo conoscevano già racconti di ascensioni. Ad es. Tito Livio, "Ab urbe condita" racconta che Romolo viene avvolto da una nube e viene rapito in cielo da una tempesta. Lc. si distingue dalle presentazioni pagane per il fatto che il glorificato non viene sorretto da nessun elemento terreno. v. 52 ,: Questo versetto desta meraviglia poiché non si dice nulla dei discepoli, dei riflessi psicologici operati su di essi dal distacco dal Signore. Manca anche ogni elemento di abbellimento dell'episodio. È quasi inconcepibile una tale brevità e semplicità nel raccontare un episodio tanto fondamentale. Lo scopo di Lc. è quello di fare delle affermazioni teologiche.

 

IL MESSAGGIO

I1 racconto di Luca può farci un po' sorridere, noi che viviamo nell'era spaziale. La scena di Gesù che "sale in cielo" ci può ricordare certe immagini televisive in cui abbiamo visto un grande razzo innalzarsi verso il cielo, mentre tutta la gente stava a guardare in su, finché non si vedeva più nulla...

Ma non bisogna lasciarsi ingannare dall'apparente ingenuità di Lc. La "scena" descritta non rappresenta il resoconto giornalistico di un avvenimento straordinario e meraviglioso a cui gli Apostoli hanno avuto la fortuna di assistere. Tanto meno si tratta semplicemente di una fiaba o qualcosa del genere, "fantascienza" dei tempi antichi...

I1 racconto di Lc. va letto piuttosto come una specie di "parabola" dove l'importante non è la "scena" descritta, con i suoi particolari cronologici, geografici, ma il "significato" della scena stessa, l'insegnamento che Lc. vuole trasmetterci attraverso questo racconto.

 

LA FESTA DELLA TERRA

Racconta Pronzato: "L'altr'anno la suora sacrestana che mi fornisce abitualmente gli spunti per l'omelia, mentre infilavo, ancora assonnato, la testa nel camice, m'incoraggia: Oggi è la festa del cielo! Ci parlerà sicuramente del Paradiso... Per una volta ho dovuto deluderla. Oggi nonostante le apparenze, è la festa della terra, non del cielo.".

Gli apostoli sono stati rimproverati proprio perché stavano lì impalati a guardare verso il cielo. Si direbbe che non ci sia neppure il tempo per i saluti, non sia concesso sventolare i fazzoletti. Oggi occorre guardare verso la terra. Ci viene affidata la terra. È scoccata la nostra "ora". Tocca a noi!

Il Cristo è scomparso all'orizzonte. Tocca ai "suoi" assicurare la sua presenza visibile.

Nasce la Chiesa. E nasce il nostro impegno verso la terra e verso gli altri. "La vita con la gente, che non si tratta di fuggire, e neppure di dominare. Ma di incontrare" (F. Chalet).

Con l'Incarnazione l'umano diventa "lo spazio dell'irruzione di Dio". Dopo l'Ascensione l'umano è lo spazio che continua l'Incarnazione attraverso la presenza dei cristiani e la loro testimonianza. Dio ha preso la parola attraverso il volto di suo Figlio.

Ha visto giusto Camus: "Questo Dio. se vi tocca, è attraverso il suo volto di uomo". Ora Dio continua a manifestarsi, a parlare, a rendersi tangibile, attraverso il nostro volto.

 

LA FESTA DELLA COMUNITÀ

Oggi è la festa della Comunità ecclesiale, l'inaugurazione del vivere insieme come Chiesa a motivo del Cristo. Per realizzare la sua presenza, manifestarla, portarla, renderla efficace.

L'Ascensione segna il passaggio dal "tempo di Gesù" al "tempo della Chiesa", dalla missione di Gesù alla missione della Chiesa.

I discepoli sono chiamati-ad-abbandonare la sponda familiare dei modi di presenza di prima, per la terra sconosciuta ancora in cui saranno invasi dallo Spirito del Risorto.

Grazie allo Spirito, Gesù sarà sempre presente là dove ha insegnato agli Apostoli a riconoscerlo: nella parola, nei sacramenti, nei fratelli, e soprattutto nella missione. Non si tratta dunque di contemplare il cielo, ma di essere i testimoni del risorto sulla terra degli uomini, di collaborare con lui alla crescita del suo regno.

Non dei separati, quindi, ma degli esseri in comunione. Non delle persone che badano esclusivamente alla propria salvezza individuale, ma dei responsabili. Non delle creature della fuga, ma creature dell'incontro.

 

IL CIELO È QUALCUNO

Affermare che l'umanità, nella persona di Gesù, è già nel cielo, significa contestare le immagini di un cielo "spaziale" (lassù oltre le stelle), e di una felicità eterna che comincerebbe subito dopo questa vita nel tempo. Per Gesù il Cielo è la piena partecipazione alla vita di Dio di un uomo vero, un rapporto nuovo tra il creatore e la creatura.

Un cielo così non è semplicemente la "ricompensa" di una vita giusta e buona. E non è nemmeno un narcotico per gente passiva e rassegnata, un alibi all'impegno di lavorare in "questo" mondo per la realizzazione (sia pure imperfetta) di quei valori di libertà, giustizia, pace, fraternità, comunione, vita, amore, gioia, che costituiscono la beatitudine dell'uomo secondo il piano di Dio. Una comunità di credenti che cammini in questa direzione - cioè aperta al mondo, al servizio di tutti - diventa testimone della nuova umanità realizzata nel Cristo Gesù.

 

UN LIBRO DA ... SCRIVERE

"Nel primo libro ho già trattato, a Teofilo, di tutto quello che Gesù fece e insegnò dal principio fino al giorno in cui... egli fu assunto in cielo". Così Lc. inizia il libro degli Atti degli Apostoli. L'altro libro...è affidato a noi. Lo dobbiamo scrivere noi. I nostri "atti". Scriviamo ciò che abbiamo fatto, ciò che facciamo, perché Cristo non sia assente dalla terra...E non devono mancare i "segni". Soltanto così l'Ascensione diventa la festa della terra. Meglio: del Regno inaugurato sulla terra.

Non si tratta comunque di una presenza qualsiasi. Il cristiano deve assicurare la propria presenza nel mondo sotto il segno qualificante della fede. "Ciò che è normale oggi, è non credere. È la fede cristiana che è diventata la stranezza" (Rétif).

"Esiste Dio?", era la questione fondamentale. Oggi ci chiediamo: "Esiste il cristiano?". Siamo in grado di portare le prove del la nostra esistenza? Soltanto così potremo pretendere che gli uomini del nostro tempo, ostinati a guardare soltanto in direzione della terra, tornino a guardare anche verso l'alto. Soltanto così possiamo sperare di inaugurare un pezzetto di cielo già qui, sulla terra.