Lettura del Vangelo - Domenica 3a di Quaresima - Anno C

SCHEDA BIBLICA - 19

 

 

DAL VANGELO SECONDO LUCA (13,1 - 9)

In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù circa quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva mescolato con quello dei loro sacrifici. (2) Prendendo la parola Gesù rispose: "Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? (3) No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. (4) O quei diciotto, sopra i quali rovinò la torre di Siloe e li uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? (5) No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo". (6) Disse anche questa parabola: "Un tale aveva un fico piantato nella vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. (7) Allora disse al vignaiolo: ecco sono tre anni che vengo a cercare frutti su questo fico, ma non ne trovo. Taglialo. Perché deve sfruttare il terreno? (8) Ma quegli rispose: Padrone, lascialo ancora quest'anno, finché io gli zappi attorno e vi metta il concime (9) e vedremo se porterà frutto per l'avvenire; se no, lo taglierai".

 

IL CONTESTO

Tutta la pericope si trova nel più vasto contesto dell'invito di Gesù al suo popolo perché si converta. Nei vv . 12,54-59 Gesù sollecita la folla con parole forti a riconoscere i segni del tempo: "Ipocriti! Sapete giudicare l'aspetto della terra e del cielo come mai questo tempo non sapete giudicarlo?". Gesù utilizza due fatti di cronaca. Una disgrazia non è segno di castigo divino per i colpiti (opinione comune), ma richiamo alla conversione per i superstiti. Tutti siamo peccatori e se Dio non ci ha colpiti è perché aspetta frutti che siano il risultato di una vera penitenza. Mt. 21, 18-19 e Mc. 10,12-14 parlano pure di un fico, ma in essi l'albero è simbolo d'Israele, mentre in Luca è simbolo di ogni uomo.

 

L'ESEGESI DEI TESTO

v. 1: Mentre Gesù richiama il popolo a riconoscere l'ora particolare e la necessità dell'espiazione, gli si presentano alcune persone che gli narrano il bagno di sangue ordinato da Pilato e che ovviamente ha scosso la popolazione ebraica. Dato che si parla del sangue dei Galilei mescolato a quello di animali dei sacrifici, evidentemente si tratta del massacro di una carovana di pellegrini avviati verso Gerusalemme, oppure nel cortile del tempio mentre si stavano facendo i sacrifici.

v 2 : Nella sua risposta Gesù cerca di aprire gli occhi ai messaggeri, perché comprendessero il senso più profondo di questo fatto. Senza negare un certo rapporto tra peccato e punizione, condanna la legge del contrappasso, frutto di una concezione umana. Non subirono il loro destino a causa di una loro colpa particolare, ma per gli altri, al quali, tramite questo fatto, doveva essere detto qualcosa di particolare. Il destino dei Galilei si ripeterà in tutti coloro che non faranno penitenza, perché tutti sono peccatori.

v. 4: A questo punto Gesù ricorda un'altra catastrofe per trarne le stesse conclusioni. La frase che torna per ben due volte "perirete tutti allo stesso modo" ci fa supporre che non si intenda solo il giudizio di Dio nell'aldilà, ma un castigo che si realizzerà qui (forse la caduta di Gerusalemme...).

v. 6: Il Signore afferma che il tempo utile per la penitenza viene prolungato ancora una volta, tramite una decisione quasi in comprensibile del padrone (Dio) per l'intercessione del vignaiolo (Cristo).

v. 7: Secondo le prescrizioni dell'A.T. alle piante veniva concesso un periodo di tre anni per crescere. Solo dal quarto anno in poi si raccoglievano i frutti. Poiché il padrone già da tre anni attendeva invano i frutti, l'albero doveva avere sei anni, ossia era una pianta irrimediabilmente sterile, (simbolo di Gerusalemme, di Israele, di ogni uomo impenitente).

v 8 : Nessun passo dell'A.T. parla della concimazione di un vigneto. Del resto la modesta pianta del fico non ha bisogno di una tale cura. Il vignaiolo fa dunque ciò che di solito non "si fa" affatto. Intende dare all'albero un'ultima reale possibilità.

v 9 : Gesù non dice come andò a finire la storia. Lascia aperto l'interrogativo e così lascia desta la curiosità. Fu esaudito il desiderio del vignaiolo o si arrivò alla decisione radicale? In ogni caso la proroga di grazia venuta con Gesù è irrimediabilmente l'ultima.

 

Il MESSAGGIO

Nei mass-media troviamo ogni giorno notizie di omicidi, di incidenti e, a volte, con grandi titoli in prima pagina, di catastrofi impressionanti. Nel brano evangelico Gesù accenna a due fatti di cronaca, che a quel tempo hanno fatto molto scalpore.

I pensieri di Gesù riportati da Luca sono caratteristici del suo "stile". In occasione di un massacro e di un incidente, Gesù rifiuta la spiegazione arbitraria che qualifica le vittime come colpevoli. Il suo intervento non ha nulla a che vedere col modo in cui certi predicatori di un tempo sfruttavano questo o quel dramma per lanciare dal pulpito un energico appello a presentarsi in confessionale: non è questo il modo di fare di Gesù.

L'insegnamento che deduce da questi diversi fatti drammatici è un pressante appello alla conversione: i sopravvissuti non devono credersi migliori di coloro che sono morti in quel modo. Se Gesù mette in guardia i suoi contemporanei è perché scopre in loro un'incoscienza di fondo, o peggio, una troppo "buona" coscienza: essi rischiano di diventare impermeabili all'urgenza della conversione in vista del Regno.

Di fronte ai cataclismi naturali e ad altre prove inspiegabili succede spesso che i cristiani propongano delle interpretazioni "teologiche": Dio avrebbe permesso il male, a meno che la disgrazia non sia vista come una medicina! Gesù non accetta questo tipo di speculazioni. Come nel caso del cieco nato (Gv. 9,3). Egli lascia aperto il difficile problema dei rapporti fra dolore e peccato. Sarebbe perciò ugualmente sbagliato affermare che la fede del cristiano non ha niente da dire sugli avvenimenti, come pretendere di vedervi un'espressa volontà di Dio. La risposta di Gesù è semplicemente un invito a cambiar vita.

Se vogliamo un esempio ben diverso, ascoltiamo un passo della prima predica di Padre Paneloux, in La Peste di Albert Camus: "Fratelli miei, siete immersi nel dolore, ma ve lo siete meritato. Proprio così: è venuto il momento di riflettere. Avete creduto che bastasse visitare Dio la domenica per essere poi liberi in tutti gli altri giorni. Avete creduto che qualche genuflessione lo ripagasse a iosa della vostra incoscienza criminale. Ma Dio non vuole mezze misure. Questi rapporti così rari non bastavano alla sua tenerezza divorante. Voleva vedervi più a lungo, perché questo è il suo modo di amarvi, e, anzi, l'unico modo di amare. Ecco perché stanco di aspettarvi, ha lasciato che il flagello si abbattesse su di voi, come si è abbattuto su tutte le città del peccato da quando gli uomini hanno una storia ".

Significativa è anche la protesta di un altro personaggio di Camus, il dottor Rieux: "Fino alla morte mi rifiuterò di amare questa creazione in cui sono torturati dei bambini".

Ci si meraviglia talvolta del posto che la morte occupa nell'annuncio del Regno, e molti atei, anzi persino dei cristiani, rimproverano alla Chiesa questa specie di compiacenza che prova nel maneggiare lo spauracchio della morte per portare gli uomini alla conversione. Eppure la morte non è uno "spauracchio": essa costituisce invece il "segno" che ogni uomo deve per forza interpretare. L'invito di Cristo alla conversione e a fare penitenza non è l'invito di darsi rapidamente una "ripulita", una "ritoccatina", per prepararsi ad entrare nell'aldilà.

La parola di Dio vuole provocarci pertanto alla conversione e l'urgenza di questo appello assume in Cristo una tonalità particolare: egli è la misericordia del Padre: ancora un'occasione offerta all'uomo per fare penitenza. Il tempo di Cristo è il tempo della pazienza del Padre. Dio non impone scadenze fisse. Un lungo passato di sterilità non impedisce quindi a Dio di dare possibilità di riuscita al fico. Non si tratta di debolezza, ma di amore.

La parabola del fico è di bruciante attualità e piuttosto inquietante per la nostra coscienza.

Purtroppo ciascuno di noi assomiglia molto a un albero che ha già dato, per anni, molteplici prove della sua sterilità. Ma fortunatamente Dio è simile a quel contadino che, con una pazienza senza limiti, concede ancora al fico infecondo l'occasione di dare frutto.

Un anno di grazia: il tempo del ministero di Cristo, il tempo della Chiesa, il tempo della nostra vita, scandito da un certo numero di quaresime, che ci vengono offerte come occasioni di salvezza.

 

IL CRISTIANO: FICO SENZA FRUTTI ?

Chi viene a cercare frutti sulla nostra pianta non è Uno solo. Lui semmai ha l'abitudine di delegare molti che incontriamo sulla nostra strada. Tutti hanno diritto di trovare, nell'esistenza di un cristiano, qualcosa di buono, qualcosa che aiuti a vivere, che autorizzi a sperare. Inutile farci illusioni. Quel fico non è nostra proprietà esclusiva. Il cristianesimo non è un fatto privato. Non si tratta di coltivare il nostro giardino "religioso" per una soddisfazione personale o perché Dio gradisca certi nostri "omaggi floreali"!

Tutti hanno il diritto di ficcare il naso nell'appezzamento di terreno che ci è stato assegnato, per controllare se coltiviamo un pezzetto del Regno di Dio, o se ci preoccupiamo di riempire il tempo libero con qualche lavoretto - non troppo impegnativo, non eccessivamente costoso - che potrebbe tornare utile, eventualmente, per l'aldilà. Se "facciamo" la verità o, per dirla con Pronzato, "se ci accontentiamo di utilizzarla per qualche innocuo gargarismo".

Con le strade invase dalla melma, i marciapiedi macchiati di sangue, le piazze invase da "parole" incontrollate, l'atmosfera avvelenata dall'indifferenza o dall'odio, è naturale, logico, giusto che la gente si rivolga al "credente" pretendendo dei fatti concreti di giustizia, pulizia, onestà, perdono, lealtà, coerenza, o anche solo capacità di riconoscere i proprii torti e sbagli.

Sono le nostre azioni, e soltanto esse, che indicano che il nostro Dio è un Dio di giustizia, di misericordia, di verità, di amore. Purtroppo invece il nostro fico produce delusioni a tutte le stagioni. È molto spesso ricco di promesse non mantenute, di attese andate a vuoto.

 

I RIMEDI

I rimedi? Prima di tutto un po' di penitenza, di mortificazione: è "la porta stretta" di cui parla il Vangelo. "Mortificarsi": vuol dire "dare la morte" a tutto ciò che, in noi, ostacola la vita, ne blocca la pienezza, ne distorce il senso. È in funzione e a servizio della crescita dell'uomo! E non è certamente "Indolore"!

L'altro rimedio è la "pazienza". Appelliamoci pure alla pazienza di Dio , scongiurandolo di attendere ancora un poco! Ma forse non abbiamo il diritto di appellarci anche alla pazienza degli uomini. Al contrario, abbiamo bisogno della loro impazienza nei nostri riguardi.

Soltanto potendo contare sulla pazienza di Dio e l'impazienza degli uomini, la nostra pianta di fico ha la probabilità di non occupare abusivamente il terreno. Un germe di vita nuova è possibile ad ogni primavera.

Non è mai troppo tardi per convertirsi, finché l'albero della nostra vita è ancora verde. Ma è urgente, è ora! Sarà per oggi?