Lettura del Vangelo - Domenica 5a del Tempo Pasquale - Anno B

 

SCHEDA BIBLICA - 13

 

DAL VANGELO SECONDO GIOVANNI (15,1-8)

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: (1) "Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiuolo. (2) Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. (3) Voi siete già mondi, per la parola che vi ho annunziato. (4) Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me. (5) Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. (6) Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano.(7) Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato. (8) In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli".

 

 

IL CONTESTO

Questo brano fa parte del secondo discorso dopo la Cena (il primo è concluso dal congedo di Gv. 14,31). Ha un carattere meno frammentario, più lirico, e si distingue abitualmente in cinque parti: l'allegoria della vite (15,1-8); l'amore di Gesù e dei fratelli (15,9-17); l'odio del mondo (15,18-16,4); lo Spirito di Gesù (16,5-15); condividere le sorti di Gesù (16,16-33).

Il motivo della vigna si ritrova sia nell'A.T. (Os 10,1; Ger. 2, 21; Ez 19,10; Sal 80,9) come pure nell'ambiente ellenistico del culto di Dioniso. Tuttavia non c'è alcuna relazione tra l'uso del motivo in Giovanni e quello extrabiblico. Più stretto è il rapporto con il mondo dell'A.T., benché Gv. usi l'immagine in modo originale.

Alla base della riflessione non c'è, come nell'A.T., la vigna quale indicazione del Messia o della vite di salvezza alla quale si può saziare la propria fame ed estinguere la propria sete. Per Gv. acquista importanza la relazione vite-tralci e il portar frutto che ne è collegato.

 

L'ESEGESI DEI TESTO

v. 1: Gesù viene indicato come centro della vita mediante l'attribuzione di "vera" vite. L'aggettivo "vera" ha il significato di reale, autentico. E quindi designa in Gv. la realtà in cui l'uomo si trova di fatto. Questa realtà è l'ambito del divino. Gesù appartiene alla sfera spirituale di Dio.

v. 2: Spiega l'azione del Padre verso la comunità dei discepoli. Come il vignaiolo con la sua doppia attività (eliminare i tralci secchi, potare quelli fruttuosi) vuol portare la vite al suo massimo rendimento, così il Padre agisce nei confronti della comunità dei discepoli. Portare frutto é possibile solo in comunione di vita con Gesù.

v. 3: La purificazione avviene solo tramite la parola di Gesù. Non si deve però pensare ad una serie di insegnamenti. Le parole di Gesù sono l'equivalente della sua persona. Le sue sono anche le parole del Padre e in esse egli stesso agisce. "Puro" significa essere santificato nella verità, appartenere all'ambito del divino, vuol dire aver tolto tutto ciò che divide l'uomo da Dio.

v. 4: Quanto detto finora viene compendiato nell'espressione "rimanere". La comunione di vita con Gesù é possibile solo se si rimane in lui. È la vita del credente che rimane ancorato a Cristo. Come "rimanere"? Il v. 10 nomina come condizione del rimanere l'osservanza dei comandamenti. Non un catalogo di prescrizioni ma l'adempimento dell'unico comandamento dell'amore. Di riflesso al rimanere viene anche collegata la fede. Anch'essa è parimenti comunione di vita con Cristo.

Il rimanere è strettamente rapportato al portare frutto. La comunione con Cristo è il terreno sul quale i tralci portano frutto. Che significa "portare frutto"? Si sarebbe propensi a pensare che si tratti della donazione al prossimo, ossia una prestazione morale. Qualcosa di giusto c'è, ma non è tutto. Nel paragone del grano di frumento, (12,24) Gesù accenna al fatto che egli porta frutto perché la sua oblazione sulla croce sarà fruttuosa nel senso che egli attira tutti a sé (12,32).Allo stesso modo va inteso il portare frutto dei discepoli. Il rimanere in comunione con Gesù, l'unità interiore si esplica all'esterno, cosicché la vita nel suo complesso porta frutto nel momento in cui gli uomini vengono inseriti in questa comunione di vita.

v. 5: Ciò che finora non era ancora stato affermato esplicitamente ora viene detto chiaramente. "Io sono la vite, voi i tralci": la comunione di vita tra Gesù e i discepoli.

v. 6: Gv. si rifà al pensiero espresso al v. 2: l'eliminazione dei tralci infruttuosi. Qui traspaiono le immagini del giudizio. La separazione da Gesù significa la fine; per colui che non ha la vita, non è in Gesù, l'alternativa è la morte. È rispetto alla persona di Gesù che l'uomo deve prendere la sua decisione.

v. 7 : La comunione di vita con Gesù garantisce che tutte le preghiere saranno esaudite poiché ciò che viene chiesto mentre si è uniti a lui può contenere solo ciò che è la volontà del Padre.

v. 8 : Il pensiero viene allargato fino a toccare il tema centra le del vangelo di Gv: la gloria del Padre. L'impegno della vita di Gesù è quello di completare nell'obbedienza l'opera per la glorificazione del Padre. Portare frutto per i credenti significa ugualmente la glorificazione del Padre. Per essere discepoli il vangelo di Gv. nomina due caratteristiche: la fede nella parola (6,69) e il rimanere nell'amore (13,35). Ecco quindi completato il grande quadro del pensiero che ora nei versetti seguenti verrà ripreso ancora una volta per essere spiegato e approfondito

 

Il MESSAGGI0

Il problema del senso della vita compenetra di sé tutta la storia dell'uomo. Molti i filosofi che hanno cercato una risposta e che hanno creduto di aver scoperto la "verità". Ciononostante le idee scoperte ben presto vennero messe in dubbio. Ma nella relatività di tutte le risposte se ne può forse trovare una veramente esauriente e definitiva?

Noi rispondiamo dicendo che con la sua affermazione "io sono la vera vite" Gesù ha dato, una volta per tutte, la risposta a questo problema. Egli solo è colui che dona la vita e solo nella comunione con lui si può trovare la vera vita. Gesù è il centro della vita.

"Io sono la vite, voi i tralci": l'immagine non ha bisogno di grandi commenti: già per se stessa esprime assai bene l'essenziale e vitale legame tra Cristo e i credenti. La vita di questi ultimi dipende dall'intensità del loro rapporto con lui; non solo perché egli è il punto di riferimento esterno, ma perché costituisce la stessa forza interiore del cristiano.

Il rimanere in lui non è però una realtà statica, avvenuta una volta per sempre nel battesimo, ma una realtà dinamica: occorre lasciarsi "potare" dal Padre e "purificare" dalla sua parola; occorre "portar frutto". In una parola è una scelta da verificare e rinnovare continuamente.

Quando si parla di portar frutto, l'uomo moderno si sente chiamato in causa. La concezione del successo è divenuta l'immagine che guida il nostro mondo. La prestazione crea considerazione e autorità. Non si tratta solamente di auto-affermazione; il motivo fondamentale è la volontà di dare un contributo positivo alla società. Dio chiede anche una "prestazione". Ma quale?

È a questo punto che si inserisce la forza critica e purificatrice del messaggio di Gesù. L'impegno dell'uomo non si deve rivolgere esclusivamente al settore del progresso economico e tecnico.

Tutti i risultati tecnici ed economici vanno subordinati al servizio dell'uomo. Si è infatti spesso sollevata l'obiezione se gli uomini hanno applicato al posto giusto la potenza a loro disposizione. Si è ancora lontani, infatti, dall'aver risolto i problemi della fame nel mondo, della creazione di una pace duratura, della realizzazione di ideali come la libertà, l'uguaglianza, la fraternità, la solidarietà...

Anche l'impegno della Chiesa, come è stato sottolineato dal Concilio, deve avere in sé il carattere di servizio. Se il cristiano si impegna in questo senso il mondo diverrà più umano, poiché questo portar frutto conduce l'uomo a Dio e costituisce il fondamento di una vera comunità di uomini che vivono insieme.

L'uomo è alla ricerca di una società più umana. La convivenza tra gli uomini è gravata da pesanti ipoteche. L'invidia, l'odio, le liti, l'egoismo, gli equivoci, il rifiuto emotivo e molti altri motivi pesano.... Spesso anche la buona volontà è impotente di fronte a queste esigenze.

Gesù indica la via che porta a una vera società umana, poiché gli uomini devono essere i tralci della vite, devono formare insieme con lui un'unità vitale. Ciò tuttavia è possibile solo tramite l'abnegazione fino al rinnegamento di se stessi. Nell'imitazione del servizio di Gesù, nel portar frutto si edifica la vite, la società degli uomini.

Dalla Pasqua di Gesù nasce una nuova vigna, quella vera, che darà forza e gioia a tutti gli uomini. Perché possiamo portare allora buoni frutti, noi che siamo i tralci della vigna del Signore dobbiamo restare intimamente uniti e legati a lui, che è il tronco attraverso il quale giunge a noi la linfa.

Se non c'è un collegamento perfetto, non dobbiamo meravigliarci che la nostra uva sia così aspra e secca, incapace di riempire di vino nuovo le "cantine" del mondo.