GLI AMBASCIATORI DI DIO AGLI UOMINI

Chi è il Vescovo

Chi sono i Vescovi? Sono i successori degli Apostoli. Sono persone legate attraverso la successione apostolica a Gesú Cristo stesso, che se li crea quando vengono consacrati, e vive ed agisce in loro.
I Vescovi, infatti, sono strumenti della salvezza, ma questa non può venire che da Gesú Cristo.
Dice il Concilio Vaticano II: «Nella persona... dei Vescovi..., è presente in mezzo ai credenti il Signore Gesú Cristo... Sedendo infatti alla destra di Dio Padre non cessa di essere presente alla comunità dei suoi pontefici [Vescovi] ,... predica la parola... e continuamente amministra ai credenti i sacramenti...; per mezzo del loro ufficio paterno nuove membra incorpora... e infine... dirige e ordina il Popolo...
«Per compiere cosí grandi uffici, gli Apostoli sono stati riempiti da Cristo con una speciale effusione dello Spirito Santo... , ed essi stessi con l'imposizione delle mani diedero questo dono spirituale ai loro collaboratori ,,, Con la consacrazione episcopale viene conferita la pienezza del sacramento dell'Ordine... Dalla Tradizione... sia d'Oriente che d'Occidente, consta chiaramente che all'imposizione delle mani e dalle parole della consacrazione la grazia dello Spirito Santo è cosí conferita, e cosí è impresso il sacro carattere, che i Vescovi, in modo eminente e visibile, sostengono le parti dello stesso Cristo Maestro, Pastore e Pontefice...»
L'autorità del Vescovo dunque viene dall'alto, da Cristo.
Non è concepibile un Vescovo creato dal basso, dalla base, democraticamente (anche se a volte ci può essere un intervento della base nella scelta della persona). Non può essere creato dal basso per un fatto semplicissimo. La base è sempre limitata ed una persona delegata da una base anche vastissima, non può essere un Vescovo.
Infatti, come scrive il teologo Bouyer: «La Chiesa locale... evoca e riunisce con sé, invisibilmente ma realmente, la Chiesa universale e di sempre, l'unico e totale corpo del Cristo. Di conseguenza, un ministero cosiddetto democratico non sarà mai realmente rappresentativo... di tutta la Chiesa se di fatto rappresenta soltanto quelli che sono visibilmente riuniti in un dato luogo» In una concezione democratica, il Vescovo verrebbe a rappresentare solo i membri attuali della sua Chiesa, mentre egli è chiamato a rappresentare la Chiesa nella sua totalità storica, cioè tutta la comunione dei santi - compresi quelli che furono e quelli che saranno - con il suo Capo, il Cristo risorto. «Ne risulta - continua Bouyer - che non si potrebbe avere un ministero ecclesiastico, capace di rappresentare tutto il corpo della Chiesa, se innanzi tutto non rappresentasse il suo Capo, se non emanasse dal Capo stesso...» Un simile ministro non può venire - come tutta la Scrittura ci insegna - che dal Cielo.
Vi può essere stato chi, vivendo la Chiesa, per una particolare grazia abbia fatto l'esperienza che là, dove in un posto particolare vi era la Chiesa, erano presenti anche tutti i santi che furono, quelli dell'Antico Testamento, da sant'Anna e san Gioacchino, su su nei secoli, ai profeti, ai patriarchi, fino ad Adamo, e tutti quelli che saranno.
È un'esperienza che richiama la pienezza escatologica del mistero della Chiesa
Queste esperienze, che vanno considerate secondarie di fronte all'insegnamento della fede, sono però di utile stimolo a vivere con piú intensità la vita mirabile, misteriosa, consolante della Chiesa, che ci associa, in modo particolarissimo durante la liturgia eucaristica, con tutti i fratelli cristiani nel mondo, con quelli che verranno e con quelli che sono passati, fra i quali quanti ci sono stati cari.

La successione apostolica

Ho parlato all'inizio di successione apostolica.
Vediamo da autorevoli testimonianze come essa è sempre stata decisiva nella storia della Chiesa per considerare autentici i Vescovi.
Dice Clemente Romano, Papa dal 92 al 101, nella sua prima lettera ai Corinti: «Gli Apostoli ci hanno annunciato il Vangelo mandati dal Signore Gesú Cristo, Gesú il Cristo è stato mandato dal Padre. Il Cristo dunque da Dio e gli Apostoli dal Cristo; l'una e l'altra cosa perciò procedono ordinatamente dalla volontà di Dio»
Ecco dove si radica la successione apostolica: in Dio. Cristo da Dio, gli Apostoli dal Cristo. «Ricevuto quindi il loro mandato, - continua Clemente - [gli Apostoli], resi pienamente sicuri dalla risurrezione del Signore... uscirono, con la certezza infusa dallo Spirito Santo, ad annunciare la buona novella. Inoltre proclamando il vangelo per regioni e città costituivano, dopo averne esaminato lo spirito, le loro primizie (cioè i primi che avevano aderito alla fede) Vescovi e diaconi degli altri credenti»
E allora: Cristo da Dio, gli Apostoli da Cristo, i Vescovi dagli Apostoli.
Nel II secolo, Ireneo afferma: «I presbiteri [sinonimo in questo caso di Vescovi]... hanno la successione dagli Apostoli... e, con la successione nell'episcopato, essi hanno ricevuto il sicuro carisma della verità...»

Gesú aveva detto prima dell'ascensione: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo» , Perché Lui potesse «rimanere», gli Apostoli dovevano avere dei successori ed erano quelli ai quali essi imponevano le mani.

Tertulliano, che è pure del II secolo, afferma: «Può essere che ci siano eresie, le quali osino rifarsi all'età apostolica...: Mettano fuori le carte di nascita delle loro Chiese... i cataloghi dei loro vescovi... (che mostrano) sin dal principio la loro successione, sí da far vedere che quegli che fu il primo vescovo ricevette l'investitura e fu preceduto da uno degli apostoli o almeno da un uomo apostolico, che con gli apostoli avesse avuto costanti rapporti. Questo è il modo col quale le Chiese apostoliche esibiscono i propri titoli: cosí la Chiesa di Smirne mostra che Policarpo fu collocato su quella sede da Giovanni; cosí quella di Roma fa vedere che Clemente vi fu ordinato da Pietro...» .
La Chiesa cattolica ha l'immensa grazia di essere sempre stata nella linea di questa successione.
Paolo VI nel discorso tenuto a Bombay, nel 1964, dopo la consacrazione di nuovi Vescovi ha detto: «Prendiamo nota dell'evento che sta accadendo ora mediante le nostre mani, trasformate in strumento della mano di Dio, cioè l'evento della trasmissione. Noi abbiamo trasmesso la pienezza del Sacerdozio di Gesú Cristo a questi nostri Fratelli, che d'ora in poi chiameremo Vescovi.
«Noi abbiamo trasfuso in loro lo Spirito Santo. Abbiamo trasmesso loro i nostri poteri episcopali. Li abbiamo associati con noi nella nostra missione... di evangelizzare... di santificare... di guidare».

Tutto, anche nella Chiesa, nasce e si sviluppa come da un seme. E per la Gerarchia il seme lo ha gettato Gesú nel cuore di Pietro e degli Apostoli. Ma, come ogni seme ha bisogno di tempo per manifestarsi, ogni disegno di Dio ha bisogno di tempo per esprimere tutta la sua ricchezza ed operare con tutta la sua potenza.
Lo vediamo noi stessi dall'Opera di Dio in cui, come strumenti, lavoriamo. Tutto era in un seme, ma ci vollero decenni per capire, a grado a grado, quale albero si sarebbe sviluppato. E ancora siamo in cammino nella scoperta.
Cosí occorse tempo per capire bene quale doveva essere la funzione di Pietro e dei suoi successori, la funzione degli Apostoli e dei loro successori.

La Chiesa nelle comunità apostoliche

Gli Apostoli, come risulta dal Nuovo Testamento, hanno trasmesso il cuore della loro funzione ai Vescovi: essi volevano assicurare la presenza di Cristo, in quanto Capo, alla comunità cristiana.
Naturalmente, soltanto agli Apostoli appartiene la prerogativa di essere «le fondamenta della Chiesa». I Vescovi esistono in una Chiesa che è già fondata ed allora la loro funzione è quella di custodirla e di estenderla.
Nel I secolo, noi vediamo che gli Apostoli costituiscono la Chiesa. Nel II secolo, vediamo che i Vescovi occupano il posto lasciato libero dagli Apostoli.
Ma tra i due tempi, c'è un periodo di passaggio. La Didachè, «Insegnamento del Signore ai gentili, trasmesso dai dodici Apostoli», che si crede del I secolo, rispecchia questo periodo, in cui si snoda la Gerarchia nelle singole Chiese, in maniera apparentemente confusa (ad esempio, in certe parti c'erano in un solo luogo piú Vescovi), proprio come da un seme vengono fuori, aprendosi e distinguendosi, le varie foglioline prima fuse in una, e la radichetta. I Dodici, sparsi nel mondo ad annunciare la lieta novella, erano coadiuvati da alcune persone carismatiche cosí presentate dalla Didachè: «Ogni apostolo [termine usato non solo per i Dodici] che giunge tra voi venga accolto come il Signore». C'erano dunque Apostoli (ausiliari dei Dodici per la predicazione) e c'era la fede viva nel «Chi accoglie voi, accoglie me»
«Non sottoponete a prova o ad esame il profeta che parla sotto ispirazione dello Spirito...» , C'erano pure i profeti, cioè fedeli arricchiti di doni straordinari per l'edificazione della comunità cristiana.
«Cosi... un vero maestro, come l'operaio, ha diritto al suo cibo» , Ed esistevano anche i maestri, sorta di catechisti, che fermandosi nelle varie zone impartivano l'insegnamento delle verità della fede.

Nella comunità già formata, di fronte alle persone carismatiche, troviamo già «episcopi» e diaconi stabili. Questi giudicano anche dell'ortodossia e della moralità dei carismatici.
«Eleggetevi dunque Vescovi e diaconi degni del Signore... Essi, insieme con i profeti ed i maestri, sono le persone piú ragguardevoli tra di voi» Nei primi decenni, sembra che i termini «presbiteri» (anziani) ed «episcopi» (sovraintendenti) venissero usati come sinonimi. O meglio: nelle comunità cristiane sorte in Asia, sotto l'influsso di Giovanni apostolo, ogni gruppo di cosiddetti presbiteri era sostenuto da un episcopo: l'episcopo era il centro di unione della comunità ed aveva il potere di «imporre le mani», di comunicare cioè l'ordine sacro. Quindi, i presbiteri erano semplici preti.
Nelle comunità europee invece, che erano sotto l'influsso di Paolo, i cosiddetti presbiteri avevano anche l'ufficio di Vescovi, mentre il centro di unione e colui che conferiva l'ordine sacro era Paolo o uno dei suoi piú intimi collaboratori (Tito, Timoteo, ecc.).
Però, questo tipo di strutturazione si è trasformato presto in quello già fissato in Oriente.
Si è giunti cosí prestissimo, nel II secolo, all'organizzazione in Vescovi, presbiteri, diaconi.
Allora, la popolazione era per lo piú concentrata nelle città. In ogni città c'era un Vescovo, vero capo della Chiesa locale, centro di unione, ministro della liturgia e dei sacramenti, unico responsabile della predicazione. I presbiteri formavano il suo consiglio. I diaconi lo aiutavano materialmente nelle funzioni sacre e nelle opere caritative.
Ignazio, il piú grande dei Padri Apostolici, Vescovo di Antiochia tra il 70 e il 107, si può chiamare il primo dottore dell'episcopato, da lui trattato nei suoi punti essenziali.
«... Secondo Ignazio la gerarchia piú che un corpo giuridico è per la Chiesa un carisma per mezzo del quale i membri [i fedeli] debbono santificarsi...» , Riguardo all'episcopato egli afferma che «Vescovo di tutti», cioè Capo invisibile di tutta la Chiesa diffusa sulla terra, è Dio, oppure Gesú Cristo.
Dice il recente Documento ecumenico del gruppo di Dombes sul ministero episcopale, di notevole valore ecumenico: «Il disegno di Dio attestato nella rivelazione biblica (Antico Testamento) sottolinea l'episcopé [cioè il compito della vigilanza pastorale e dell'unità] del Signore sul suo popolo. Il Signore lo libera e lo riunisce in vista della sua missione universale, lo visita, lo nutre e lo conduce» Il Vescovo di tutti, nell'Antico Testamento, è dunque il Signore.
«Nella nuova alleanza - continua il documento - Gesú Cristo, inviato del Padre, compie questa episcopé» , Il Vescovo è dunque Gesú Cristo.
Il Vescovo (quello terreno) è chiamato da Ignazio «l'immagine del Padre» , o colui che presiede «in luogo di Dio» , oppure «Vescovo visibile» o «Vescovo in carne» perché il Vescovo invisibile e spirituale è Gesú.
Per Ignazio, l'episcopato è dunque una funzione divina attribuita al Padre e al Figlio, della quale i Vescovi della Chiesa «cattolica» (aggettivo usato per la prima volta da Ignazio) vengono fatti partecipi.
L'idea di Gesú-Vescovo deriva dalla prima lettera di Pietro: «... Eravate erranti come pecore, ma ora siete tornati al pastore [Cristo] e guardiano [= "episcopos", in greco] delle vostre anime»l. La parola «episcopos» (Vescovo) acquista in Ignazio già un significato tecnico.

Come deve essere un Vescovo

I Padri della Chiesa, quasi tutti Vescovi, hanno parole preziose per dire come deve essere un Vescovo. Accenniamo a qualcuno.
Girolamo scriveva: «"Siate soggetti gli uni agli altri nel timore di Cristo" , Ascoltino i Vescovi queste parole... di essere sudditi dei propri sudditi... Anche il Salvatore ha assunto la condizione dello schiavo per servire i suoi discepoli... Questa è la differenza tra i prìncipi pagani e quelli cristiani; quelli dominano sui sudditi; noi invece siamo i servitori dei sudditi...» , «... [Il Vescovo] sia imparziale con tutti nel comando, e come imitatore dell'Apostolo si metta a disposizione di tutti..., chi li riceve, non riceve loro..., ma riceve soprattutto Colui del quale essi sono vescovi. Ma quando sono onorati come tali, non pretendano altro! Sappiamo che devono essere dei padri, non dei padroni...» ,

Pietro Crisologo afferma (e questo a noi piace in modo particolare, perché sottolineiamo che la vita deve accompagnare l'insegnamento): «Il magistero presuppone la scienza, ma l'autorità del magistero si fonda sulla vita. Colui che fa ciò che insegna rende obbediente colui che ascolta. La vera norma della dottrina è insegnare con i fatti. La dottrina somministrata con le parole è scienza; quella comunicata per mezzo dei fatti è virtù. Vera scienza dunque è quella che è unita alla virtù. Quella è divina e non umana».
Gregorio Magno ammonisce il Vescovo cosí: «Stia attento a non diventare superbo...» , «[Vi] esortiamo a mostrarvi cosí miti verso i fedeli che essi siano portati piú ad amare la vostra rettitudine che a temerla... Procurate di correggere i loro eccessi in modo che non venga mai meno nel vostro animo l'affetto paterno. Siate... occupati nello zelo della disciplina, affinché il lupo con le sue insidie non riesca a mettere lo scompiglio nell'ovile del Signore...» ,
«Nella vita dei pastori c'è un'altra cosa... che mi addolora molto: ... Ci siamo lasciati prendere dagli affari terreni; e, mentre accettiamo per ambizione il ministero [episcopale], di fatto ne esercitiamo un altro... Coloro che ci sono stati affidati si allontanano da noi, noi tacciamo... Io penso, fratelli carissimi, che Dio non riceva dagli altri un affronto piú grave di quello che riceve dai Vescovi quando vede che... pecchiamo noi [Vescovi] che dovevamo distruggere i peccati».
Fra tutti i santi mi sembra che Caterina da Siena primeggi per il suo ardore nel desiderio di vedere Vescovi e Cardinali degni della loro vocazione. I tempi sono tristissimi per la Chiesa. E le parole della Santa li rispecchiano. Al Cardinale Jacomo degli Orsini scrive: «Siete eletti e tratti dal mondo e posti nella santa Chiesa come specchio nel quale i secolari si specchino; siete fiori e colonne nel giardino della santa Chiesa.
«Ma dovete essere fiore odorifero e non puzzolente, vestito di bianchezza di purità, col profumo di pazienza e ardentissima carità, dal cuore largo e liberale e non stretto, imparando dalla prima verità che per larghezza di cuore diede la vita. Questo è il profumo che dovete spandere nella sposa dolce di Cristo...» Ho detto che siete colonna... onde non dovete essere debole ma forte... Siete colonna, debole per voi medesimo; ma innestatevi sull'albero della croce e legatevi per affetto e per smisurata e ineffabile carità con l'Agnello svenato... Non appena l'anima ha provato e gustato sí dolce amore, forte sopra ogni fortezza, ad altro non si può avvicinare né altro può desiderare se non lui...».

Come deve comportarsi il cristiano col Vescovo

I Padri della Chiesa hanno pure una parola per dire come va considerato il Vescovo.
Ecco qualche espressione di Ignazio d'Antiochia: «... Occorre considerare il Vescovo come il Signore stesso» .
«Seguite tutti il Vescovo come Gesú Cristo segue il Padre... Nessuno faccia, senza il Vescovo, alcuna cosa di ciò che riguarda la Chiesa. Sia ritenuta valida quell'Eucaristia celebrata dal Vescovo o da chi egli abbia incaricato.
«Dove si mostra il Vescovo lì sia la comunità, come dove è Gesú Cristo lì è la Chiesa cattolica. Senza il Vescovo non è lecito né battezzare né celebrare l'agape...» .
«... Chi onora il Vescovo viene onorato da Dio; chi fa qualche cosa di nascosto dal Vescovo serve il demonio».

Ireneo: «È necessario obbedire ai "presbiteri" [Vescovi]...» .

Cipriano: «Le eresie sono sorte e gli scismi sono nati unicamente per il fatto che non si ubbidisce al Vescovo...» .

Giovanni Crisostomo scrive: «Dobbiamo ubbidire ad un superiore quando è cattivo?... Se lo intendi riguardo alla fede, fuggilo... se invece è cattivo nella sua vita... (ascolta)... il Cristo che dice: "Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei" e... soggiunge: "Perciò tutto quello che vi dicono di fare, fatelo, ma non agite alla stregua delle loro Opere" »
E anche qui, Caterina da Siena ha una parola che mette sulla bocca dell'Eterno Padre: «... Ogni ossequio che si fa lai miei ministri non si fa ad essi ma a me, a causa del sangue che ho dato loro da amministrare...
«... I miei cristi non devono essere toccati dalle mani dei secolari.
«Nessuno si può scusare col dire: "Io non faccio ingiuria... alla santa Chiesa, ma mi ribello ai difetti dei cattivi pastori". Chi dice cosí mente... (e) non vede... che perseguita il sangue e non loro.
«... Sono io che devo punirli; non loro» ,

Il Vescovo nel Concilio Vaticano II

Dopo quanto è stato detto, è sufficiente riportare solo pochi paragrafi del Concilio Vaticano II per capire meglio come la Chiesa cattolica sia sempre stata sulla linea della Scrittura e della Tradizione ed arricchire il nostro pensiero sul Vescovo.

Nella Lumen Gentium troviamo: «I Vescovi dunque assunsero il servizio della comunità con i loro collaboratori, sacerdoti e diaconi, presiedendo in luogo di Dio al gregge, di cui sono pastori, quali maestri di dottrina, sacerdoti del sacro culto, ministri del governo della Chiesa. Come permane l'ufficio dal Signore concesso singolarmente a Pietro... Cosí permane l'ufficio degli Apostoli... da esercitarsi in perpetuo dal sacro ordine dei Vescovi... I Vescovi per divina istituzione sono successi al posto degli Apostoli, quali pastori della Chiesa...» (LG. 20).

«Ogni legittima celebrazione dell'Eucaristia è diretta dal Vescovo, al quale è commesso l'ufficio di prestare e regolare il culto della religione... secondo i precetti del Signore e le leggi della Chiesa...
«... [I Vescovi devono], infine, coll'esempio della loro vita, aiutare quelli a cui presiedono, serbando i loro costumi immuni da ogni male...» (LG. 26).

«I Vescovi reggono le Chiese particolari a loro affidate, come vicari e legati di Cristo, col consiglio, la persuasione, l'esempio, ma anche con l'autorità e la sacra potestà, della quale però non si servono se non per elevare il proprio gregge nella verità e nella santità, ricordandosi che chi è piú grande si deve fare come il piú piccolo, e chi è il capo, come chi serve , Questa potestà... è propria, ordinaria e immediata, quantunque il suo esercizio sia in ultima istanza sottoposto alla suprema autorità della Chiesa... In virtù di questa potestà i Vescovi hanno il sacro diritto e... il dovere di dare leggi ai loro sudditi, di giudicare e di regolare tutto quanto appartiene al culto e all'apostolato...
«Il Vescovo assunto di mezzo agli uomini e soggetto a debolezze, può benignamente compatire a quelli che peccano... Non rifugga dall'ascoltare i sudditi che cura come veri figli suoi ed esorta a cooperare alacremente con lui. Dovendo render conto a Dio delle loro anime con la preghiera, la predicazione e ogni opera di carità abbia cura di loro, e anche di quelli che non sono ancora dell'unico gregge, e li consideri a sé raccomandati nel Signore» (LG. 27).

A questo proposito, G. Philips commenta: «Come interpretare la prescrizione data ai superiori della Chiesa di "ascoltare" i loro sudditi? «... Nel fatto che i sudditi del Vescovo sono veri figli e che egli li chiama per cooperare con lui non come domestici, ma nel senso letterale, come collaboratori. Ma c'è di piú. Anche il Vescovo deve a sua volta ascoltare la parola di Dio; ora, questa gli arriva piú d'una volta attraverso la bocca di un inferiore ed è, in realtà, dallo Spirito Santo. Altrimenti bisognerebbe considerare i paragrafi [del Concilio Vaticano II ] sui carismi come letteratura senza contenuto».

 

Conclusione: Paolo VI e il Vescovo

Per concludere, lasciamo la parola al Santo Padre Paolo VI: «I Vescovi sono posti dallo Spirito Santo per pascere la Chiesa di Dio. "Pascere" parola risolutiva, che ... fonde meravigliosamente il carisma giuridico dell'autorità con il carisma sovrano della carità.