TESTIMONIANZA: QUANDO SI CONDIVIDE CON LUI LA CROCE

 

A quindici anni ho lasciato la Colombia per andare in Brasile per studiare medicina. Tutto è nuovo e aperto dinnanzi a me: droga sesso, libertinaggio. Ma dopo quattro mesi, io ne sono deluso e niente mi convince di più del bisogno di Dio.

Un giorno entro in chiesa e dico alla Vergine: "non so cosa faccio qui, però tu sei mia madre, aiutami. Mostrami il cammino da percorrere".

Incontro casualmente un gruppo di giovani che mi ispirano fiducia e comincio a frequentarli. Ed è una continua sorpresa. Hanno capito che c'è una vita sola e conviene spenderla bene. Hanno compreso che c'è un solo ideale: Dio, e vogliono vivere per Lui. Sono affascinati dalla Parola di Gesù e la mettono in pratica. Io pure ne subisco il fascino ed il Vangelo diventa il mio pane spirituale quotidiano.

Mi laureo in questo clima di vita e ottengo presto un posto in ospedale: mi trovo dinnanzi una serie di problemi interni ed esterni. Dall'esperienza che sto vivendo scaturisce un proposito: devo imitare Gesù qui, devo lasciare fare a Lui, amare come mi ha insegnato Lui.

Un giorno, incontro una signora dei servizi generali, evangelica. Vedo che piange e le chiedo perchè. Suo marito è alcolizzato. L'ascolto e mi dona la sua sofferenza, stupita perchè in vent'anni di servizio nessun medico si era interessato a lei. Mi invita a casa e conosco suo marito. Mi parla della sua vita ed io gli racconto la mia scoperta di Dio. Alla fine andiamo in chiesa e affidiamo tutto a Gesù. Nella loro vita, si sente che è nata una speranza nuova.

 

Arriva una volta una ragazza al secondo mese di gravidanza, che vuole abortire. Il padre non ha il coraggio di assumersi le sue responsabilità. L'ascolto, le parlo di Dio, dell'amore che ha per lei, della maternità come dono di Maria. La ragazza piange. E' un momento di particolare rapporto con Dio. Le dò alcuni giorni per riflettere. Intervengono alcune famiglie che mi conoscono. Arrivano una culla, vestitini, giocattoli. Il bambino nasce e per la ragazza è pronto un lavoro.

 

In una notte in cui sono di turno, assisto un paziente di 70 anni con grave scompenso cardiaco: è un caso disperato. Sto quasi tutta la notte con lui. Lo affido a Dio. Condivido il dolore dei parenti a cui parlo della potenza di Gesù davanti alla morte. Mi autorizzano a chiamare un sacerdote. Si confessa pure la famiglia. Poco dopo il paziente muore. E' un momento duro, ma avverto che ho trasmesso la speranza nella Vita che non muore.

 

Un paziente, con un grave problema renale, viene da me per una terapia. E' molto aspro con me. Confinato nel proprio dolore, diventa ostile, colpevolizza chi sta vicino. Resto a lungo con lui, cerco di volergli bene. Ad un certo momento, mi dice: "Io ti ho aggredito e tu mi tratti con amore. Perchè?" Posso rivelargli il mio segreto: sono stato affascinato dall'amore del Vangelo. Dopo pochi giorni parte felice: nell'ospedale ha trovato la fiducia.

 

Un giorno arriva una donna, sposata con un pastore protestante. Ha un braccio rotto. La curo. Suo marito mi dice: "Ho visto con che solennità ha fatto questa medicazione. Sembrava che la facesse a Gesù". "Sì, è a Lui che l'ho fatta, a Gesù che sta in lei e che aveva bisogno di essere amato e curato". Rimane impressionato e mi invita alla sua chiesa. Gli parlo del mio rapporto con Dio. Ci sentiamo felici. Esco dal lavoro con una convinzione più forte che l'unità è possibile tra gli uomini.

Però non tutto è gioia. Anzi. I colleghi medici non capiscono il mio atteggiamento: mi criticano, mi censurano e per ultimo si burlano dei miei ideali. E' duro, però vado avanti, Gesù è con me, e mi invita a stare con Lui sulla croce. La sua parola è chiara: "Quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a Me". Come posso pretendere di trasmettere ai miei colleghi la luce e la pace che mi è stata donata se non sono disposto, come Lui, a provare la solitudine, lo scherno, l'abbandono? Dopo qualche attimo di esitazione, di fronte al muro che essi innalzano verso di me, riprovo a costruire un rapporto con ciascuno, a conquistarmi la loro fiducia in cose concrete, portando qualcuno al consultorio, parlando delle cose che interessano di più.

 

Gli ultimi mesi, prima di terminare il mio anno di servizio, si crea un clima differente. I rapporti riprendono a migliorare. Molti dicono che è un nuovo ospedale in cui la comprensione reciproca e la disponibilità verso i malati è notevolmente cresciuta.

Parto per una nuova destinazione ed un nuovo servizio. Mi sembra che, con lo spirito del Vangelo che è amore - qualche volta crocifisso - non ho seminato invano.