1°. Tutti gli uomini sono candidati all'unità

Questa è una delle prime intuizioni che risale al 2 dicembre '46:

Puntare sempre lo sguardo nell'unico Padre di « tanti figli, poi, guardare le creature tutte, come figlie dell'unico Padre. Oltrepassare sempre col pensiero e con l'affetto del cuore ogni limite posto dalla natura umana e tendere costantemente e per abito preso alla fratellanza universale in un solo Padre: Dio».

Nello scorso settembre Chiara ha ripreso quegli appunti spiegandoli alla comunità svizzera e a proposito di questo punto diceva: Ecco la prima idea, che può già rivoluzionare la « nostra anima se noi siamo sensibili al soprannaturale: la fratellanza universale, che ci libera da tutte le schiavitù. Siamo schiavi infatti delle divisioni fra poveri e ricchi, fra padri e figlioli, fra razze, fra nazionalità; persino fra cantone e cantone ci critichiamo, ci sono degli ostacoli, delle barriere.

No, la prima idea è svincolarsi da tutte queste schiavitù e vedere in tutti gli uomini dei candidati all'unità. "Anche nel mio bambino?", potrebbe domandarsi una mamma, "anche in quella donna così chiacchierona?", "anche in quel vecchio?", "anche in quella poveretta?"; "ma è possibile?". Sì, in tutti dobbiamo vedere dei possibili candidati all'unità con Dio e all'unità fra di noi. Bisogna spalancare il cuore, rompere tutti gli argini e mettersi in cuore la fratellanza universale: io vivo per la fratellanza universale!».

(dalla conversazione a Payerne, 26 settembre '82)

Noi siamo chiamati a concorrere a realizzare l'"ut omnes" e allora, prima di tutto, ravviviamo la nostra fede che ogni uomo è chiamato all'unità, perché Dio ama tutti. E non adduciamo scuse: quello non capirà mai, quello è troppo piccolo per comprendere... No: bando a tutti questi giudizi. Tutti Dio ama, tutti aspetta».

(dal Collegamento CH, Melbourne, 2 febbraio '82)

2°. Chi è il prossimo?

L'importante è avere un'idea unica del prossimo. È il fratello che ci passa accanto nel momento presente della vita».

(dagli appunti del 2 dicembre '46)

«Quindi non un amore astratto, non un amore ideale. Amore concreto: il mio prossimo adesso siete voi, il vostro prossimo sono io, il vostro prossimo ancora è quello che sta lì accanto e vicino a voi o nella sedia dietro. Bisogna amare non in modo ideale e futuro, ma in modo concreto e presente, adesso. Bisogna amare, bisogna amare».

(dalla conversazione a Payerne, 26 settembre '82)

«Quello che più ci ha impressionato, scorrendo una di queste biografie, è stato il fatto che il nuovo santo [P. Massimiliano Kolbe],... di fronte ad un prigioniero, destinato a morire di fame nel bunker della morte, sconosciuto a lui, ma divenuto, in un momento presente della sua vita, suo prossimo, ha dimenticato ad u n tratto tutta la g rande opera (che stava svolgendo non per suo interesse, ma in favore dei Regno di Dio), tutta la vasta attività editoriale, le sue cittadelle dell'Immacolata, i suoi figli, le sue carte per prendere il posto di un altro.

Non poteva P. Massimiliano Kolbe pensare che, con quell'opera, che aveva fatto nascere nella Chiesa, avrebbe potuto glorificare Dio più da vivo che da morto? Egli, invece, non ha avuto esitazione ed ha offerto la sua vita per salvare quella di un padre di famiglia».

(dal Collegamento CH, Rocca di Papa, 21 ottobre '82)

3°. Servire

Chi vuol realizzare l'unità deve avere un solo « diritto: servire tutti, perché in tutti serve Dio».

(dagli appunti del 2 dicembre '46)

L'unità... con Dio.. presuppone l'annullamento « totale, l'umiltà più eroica... L'unità con gli altri si raggiunge ancora per mezzo dell'umiltà: aspirare costantemente al primato col mettersi il più possibile al servizio del prossimo».

(dagli appunti del 2 dicembre '46)

Dirai: "Ma devo portargli proprio la giacca « quando lui è senza giacca, devo proprio portargli il piatto in tavola?". Senti, il servizio che Gesù domanda, non è un servizio ideale, non è un sentimento di servizio. Se studiate bene il Vangelo, vedete che Gesù parlava di un servizio concreto: coi muscoli, con le gambe, con la testa... Bisogna proprio servire».

(dalla conversazione a Payerne, 26 settembre '82)

Tutta la sapienza del cristianesimo sta in una « parola, e anche tutta la sua rivoluzione, e questa parola è: servire. Nel mondo si cerca di stare a galla, di opprimere gli altri, di comandare; Gesù ha proprio detto l'opposto e ci ha dato l'esempio con la lavanda dei piedi, lui che era il Signore e il Maestro. Lui vuole che noi serviamo tutti».

(dalla risposta a un gen, Seoul, 2 gennaio '82)

Facciamo tutto quanto dobbiamo fare in spirito « di servizio, tanto se il nostro lavoro è diretto all'espansione del regno di Dio, quanto se è svolto fra le mura domestiche, o rivolto al bene della comunità civile.

Se vediamo Cristo in ogni prossimo con cui trattiamo: dipendenti, superiori, eguali (Egli ritiene fatto a se quanto facciamo agli altri, specie ai più umili), ci sarà più facile quest'atteggiamento.

Serviamo sempre, serviamo tutti, serviamo bene. Che Dio ci dia di sbalordire il mondo inficiato di superbia, affamato di dominio, col nostro atteggiamento cristiano disinteressato, di servizio a tutti».

(dal commento alla Parola di vita: "Chi vuol essere grande tra di voi si farà vostro servitore", ottobre '82)

4°. Farsi uno disinteressatamente

L'anima che vuole portare l'unità deve mantenersi costantemente in un abisso tale di umiltà da "perdere" a favore e nel servizio di Dio e del prossimo anche l'anima sua.

(dagli appunti del 2 dicembre '46)

Naturalmente bisogna servire con intelligenza. « Ecco il perché della quarta Idea che dobbiamo tenere a mente. Come si fa a servire bene, a servire con intelligenza?

Sono due parole 'magiche', è cristianesimo anche questo: farsi uno con l'altro. L'altro soffre? Sentire in noi i dolori; l'altro gode? Sentire in noi le gioie; l'altro ha una preoccupazione? Sentire noi la preoccupazione. Farsi uno con l'altro. Insomma sciogliere questo cuore che è di sasso e avere un cuore di carne per amare gli altri, per sentire con gli altri, per vivere gli altri, questo è importante, questo è servire».

(dal discorso alla comunità, Melbourne, 31 gennaio '82)

Farsi uno in tutto, in tutto tranne nel peccato. E « dirai: "Ma che perdita di tempo guardare quella cosa alla televisione, che perdita di tempo fare una gita...". No, non è perso il tempo, è tutto amore, è tutto tempo guadagnato, perché bisogna farsi uno per amore. Se oggi tutti noi portassimo via questa parola: farsi uno per amore, cioè disinteressatamente, saremmo contenti abbastanza. Farsi uno per amore, non per guadagnarli a Cristo, neanche per un interesse soprannaturale, niente! Farsi uno, farsi uno. Tra il resto ho constatato che, con gente che magari non vuol saperne di Gesù Cristo, cosa ha come conseguenza? Quelle persone ritornano, perché si sentono libere. Questo farsi uno esige la morte di noi perché non possiamo più vivere per noi stessi, ma per gli altri.

Ma questa morte di noi è la vita in noi, è Cristo in noi. E allora se è Cristo in noi, sulla nostra morte, tutti pian pianino o presto o tardi vengono attirati a Cristo. Gesù ha detto: "Quando sarò innalzato sulla croce, attirerò tutti a me". E allora quando anche noi, rivivendo Cristo, innalziamo sulla croce il nostro io, cioè lo ammazziamo per lasciar vivere Cristo in noi, pian pianino vengono tutti conquistati. Questa è la grande esperienza del Movimento dei Focolari».

(dalla conversazione a Payerne, 26 settembre '82)

5° Con i fratelli di Ideale, mantenere Gesù in mezzo, il Risorto

Farsi uno con i fratelli di Ideale per non adombrare mai la presenza di Gesù in mezzo, ma per mantenerla sempre vivissima...».

(Bangkok, 7 febbraio '82)

Gesù vuole che ci amiamo fino a morire l'uno per l'altro. Non è che vuole che ci amiamo aspettando di morire domani, dopodomani, un altro anno, vuole che moriamo adesso; vuole che viviamo morti, morti a noi stessi perché vivi nell'amore.

Allora quando due anime s'incontrano e si amano così, ecco succedere un fatto straordinario... "Dove due o più sono uniti nel mio nome - dice Gesù - (che vuol dire in questo amore) lo sono in mezzo a loro" (che vuol dire in loro). Due o più che si amano in questa maniera portano nel mondo, generano nel mondo una fiamma: lo stesso Cristo, lo stesso, lo stesso Gesù. È favoloso!».

(dalla conversazione a Payerne, 26 settembre '82)

Mi è venuta tantissimo in rilievo l'importanza di «questo modo di vivere per mantenere in noi la Chiesa viva, per portare con noi il Risorto, come dei 'cristofori' veramente. Noi dobbiamo avere continuamente questa tensione pacifica del farsi uno con gli altri, senza nessun'altra preoccupazione di quella di vivere l'altro per poter, sempre nella nostra vita, imitare in certo modo Maria che ha dato Gesù al mondo... E questa è l'unica opera utile alla nostra vita».

(Rocca di Papa, 12 dicembre '81 )

Per arrivare a questo ci vuole la piena comunione d'anima, di idee, di beni, ecc. sapendo però che ciò può voler dire perdere, rimetterci, subire qualche torto, pur di salvare l'unità degli spiriti: meglio il meno perfetto in unità, che il più perfetto in disunità».

(Punti sulla carità, dicembre '70)

Quest'anno abbiamo capito che dai membri « del nostro Movimento, Egli vuol farsi trovare in un posto: in mezzo ad essi. Vuole così, desidera così. Possiamo, infatti, pensare che uno dei suoi scopi, quando ha suscitato la nostra Opera, era quello di potersi stabilire in ogni luogo, anche fuori delle chiese (edifici), in mezzo alla gente, nei posti in cui essa vive, ovunque si trova.

E allora facciamoGli posto in mezzo a noi, soprattutto fra le persone del nostro grappolo. Di là potrà irradiare amore e luce fra tante altre nel mondo. Ravvivando il nostro dovere di servizio, facendoci uno reciprocamente fra noi, rendiamoGli possibile la vita, rendiamogliela facile».

(dal Collegamento CH, Rocca di Papa, 3 giugno '82)