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La penitenza che il cielo ci domanda

(Maria, nostro modello nel far penitenza)

In: "Mariapoli", 5 (1988), n. 7/8, pp. 2-3.

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Assieme ad un approfondimento della nostra spiritualità, ho avuto la possibilità di leggere qualcosa riguardante grandi santi, che la Chiesa onora, e di vedere anche qualche filmato su questo argomento.

Una delle impressioni più forti che ne ho riportato è stata l'aspra, asprissima vita di penitenza che qualcuno di loro ha condotto, indossando spesso dolorosi cilizi, praticando continui digiuni, penose veglie, interminabili silenzi, dormendo sulla terra nuda o su legni. Questi santi sono diventati tali anche in forza di queste penitenze.

Allora mi sono chiesta: e noi? Cosa facciamo noi? Non vogliamo farci santi pure noi?

E subito, nella mia anima, è stata chiara la risposta: "Tu, voi dovete guardare a Maria. È lei il vostro modello. Di lei, che è vissuta in mezzo al mondo come la maggior parte di voi, non si conoscono tanto le penitenze, che può aver praticato, quanto le sofferenze che Dio le ha chiesto, attraverso le varie circostanze della sua meravigliosa, straordinaria, ma anche dolorosissima vita. E osservate il modo come lei le ha vissute, tanto da essere chiamata Regina dei martiri.

Sì, dobbiamo guardare a Maria.

Non c'è dubbio che anche per noi la sofferenza ha un grande posto nella vita: basta pensare a tutto quanto significa nella nostra esistenza Gesù Abbandonato.

Non dobbiamo dunque temere che ci manchi qualcosa.

Il dolore, i dolori, e quindi le penitenze, ci sono. L'importante è viverli come ha fatto Maria.

Non è certo escluso che anche noi facciamo qualche penitenza corporale o spirituale, specie quelle che in certi periodi la Chiesa consiglia e prescrive. Ma, sotto questo aspetto, dobbiamo soprattutto imitare Maria.

Ho ripensato a lei che, manifestandosi come Desolata, è stata riconosciuta da noi proprio come un monumento di santità, come la santa per eccellenza, come la personificazione di tutte le virtù.

E m'è fiorito nuovo in cuore il desiderio di riviverla così.

Riviverla nella sua completa rinuncia a se stessa (giacché qui sta la virtù), imitarla nel suo saper perdere tutto, tutto, persino il suo Figlio Dio.

In che modo? Comportandoci come anni fa, quando l'abbiamo compresa un po' in profondità. Erano tempi in cui lo Spirito ci sottolineava in varie maniere come era necessario fare non la nostra, ma la volontà di Dio; e come occorreva vivere bene questa e viverla pienamente nel momento presente della vita. Ma si capiva che ciò non era possibile se nel presente non si perdeva sempre tutto ciò che non era volontà di Dio, se non si abdicava con decisione alla propria volontà...