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Maria, il nostro dover essere

In: "Mariapoli", 1 (1984), n. 5, pp. 10-11.

Carissimi, siamo agli ultimi giorni di maggio, questo mese che, anche per la primavera ormai presente, almeno da queste parti, ma soprattutto perché dedicato a Maria, non può non portare nei nostri cuori un'onda di tenerezza, di dolcezza e di particolare amore verso la nostra amabilissima Madre. Ed io vorrei che tutti noi, membri della sua Opera, dopo l'atto di affidamento del mondo gridato dal Papa al suo Cuore Immacolato, non lasciassimo tramontare questo mese senza una personale consacrazione di ciascuno a lei, un "totus tuus" ripetuto con tutto il cuore, perché ci affidi meglio che può a Gesù.

Noi infatti, proprio perché membri del Movimento, dobbiamo avere una particolare unità con la Madonna. E di ciò siamo consapevoli non solo noi, ma lo è anche chi ci segue con amore dall'esterno. Ne abbiamo avuto una conferma pure in questi giorni.

Come immaginerete, nel suo recente viaggio in Estremo Oriente, il Santo Padre ha incontrato spesso i focolarini, i gen, i volontari, i sacerdoti, ecc. Erano così universalmente presenti che una personalità al suo seguito ha loro chiesto: "Ma come fate?"~ Ed un'altra ha risposto per noi: "È opera di Maria! È Maria!"~ Chi parlava alludeva probabilmente alla fecondità di Maria e delle sue opere, ma a noi quella risposta ha dato una grande gioia per un altro motivo.

Come tutti sappiamo Maria, la nostra amabilissima Madre, è il nostro ideale, il nostro modello, è la nostra "forma". Maria è - come noi diciamo - il nostro "dover essere", mentre noi siamo di lei il "poter essere".

E, quando noi realizziamo noi stessi (e ciò avviene nei momenti in cui il Risorto splende in noi sulla morte del nostro io), se ci potessimo vedere con quegli occhi con cui si vedono le cose soprannaturali, scopriremmo di essere piccole altre Maria. È lei, infatti, la nostra realizzazione.

Ricordate la preghiera che abbiamo fatto tanti, tanti anni fa, quando abbiamo chiesto a Gesù come mai egli, che ha trovato il modo di rimanere su tutti i punti della terra nell'Eucaristia, non ha trovato un modo per lasciarvi anche sua Madre per aiutarci così nel viaggio della vita?

E ricordate la risposta che ci è sembrato di cogliere nel nostro cuore: "È perché la voglio rivedere in te; anche se non siete immacolati il mio amore vi verginizzerà"?

Ebbene la mia speranza è che oggi, dopo tanti anni, Gesù dal cielo possa vedere, in qualche modo, in molti di noi, su vari punti della terra, almeno in certi momenti, un'immagine della sua Madre. E sia confortato dal fatto che, se così è, ella, attraverso noi, aprirà nuovamente il cuore e le braccia all'umanità che soffre, soprattutto all'umanità lontana.

Con questa speranza una grande gratitudine invade il mio cuore e deve invadere il vostro, col proposito più serrato a Gesù: "Piuttosto morire che non amarti abbandonato". Perché - come dice anche una nostra antica canzone - è incontrando Gesù Abbandonato che si diventa altra-Maria.

Nei prossimi quindici giorni allora, di fronte a ogni difficoltà, che subentra o che affrontiamo per vivere le virtù, soprattutto la carità, dobbiamo ripetere continuamente: "Morire piuttosto che non amarti abbandonato". E faremo con ciò felice anche Maria. Vedendo in qualche modo sulla terra dei figli e delle figlie tanto simili a lei, immaginate quali grazie donerà, come farà del nostro soggiorno terreno una continua primavera.