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Maria, Regina del mondoIn "Città Nuova", 3 (1959), n. 15/16, pp. 1-2.

Se un giorno gli uomini, ma non come singoli bensì come popoli, se un giorno i popoli sapranno posporre loro stessi, l'idea che essi hanno della loro patria, i loro regni, e offrirli come incenso al Signore, re di un regno che non è di questo mondo, guida della storia, e questo lo faranno per quell'amore reciproco fra gli stati, che Dio domanda, come domanda l'amore reciproco tra i fratelli, quel giorno sarà l'inizio di una nuova era, perché quel giorno, così come è viva la presenza di Gesù fra due che si amano in Cristo, sarà vivo e presente Gesù fra i popoli, messo finalmente al suo vero posto di unico re, non solo dei cuori ma delle nazioni: sarà il Cristo re.

I popoli cristiani, o i rappresentanti di essi, dovrebbero saper immolare il loro io "collettivo". Questo è il prezzo. Del resto non di meno si chiede a ciascuno di noi per la consumazione dei nostri animi in unità.

Sono questi i tempi in cui ogni popolo deve oltrepassare il proprio confine e guardare al di là; è arrivato il momento in cui la patria altrui va amata come la propria, in cui il nostro occhio ha da acquistare una nuova purezza. Non basta il distacco da noi stessi per essere cristiani. Oggi i tempi domandano al seguace di Cristo qualcosa di più: una coscienza sociale del cristianesimo, il quale edifichi non solo la propria terra secondo la legge di Cristo, ma aiuti la edificazione di quelle altrui col gesto universale della Chiesa, con l'occhio soprannaturale donatoci da Dio Padre, che dal cielo vede le cose in modo tanto diverso da noi.

Occorre vivere il Corpo mistico di Cristo in modo così eccellente da poter tradurlo in Corpo mistico sociale.

La storia non è fatta che di guerre e noi bambini, dai banchi della scuola, abbiamo quasi imparato che le guerre sono buone, sono sante, quasi la salvaguardia della propria patria. Può essere così e alcune volte è stato così.

Ma se noi sentiamo riecheggiare nel nostro animo gli appelli dei Papi, come quello del Santo Padre Pio XII, sentiamo quanto essi paventassero per l'umanità la guerra e come essi scendessero, chiamati o no, tra i governanti a cercare di placare le ire e gli interessi e ad allontanare la terribile sciagura della guerra con la quale tutto si perde mentre con la pace tutto è guadagnato.

E questo perché la storia è una sequela di lotte fratricide fra popoli fratelli cui è stato dato dall'unico Padrone del mondo un pezzo di terra per coltivarla e viverci.

Egli benedice la pace perché la pace ha impersonato. Noi che vediamo come il Signore si stia conquistando ad uno ad uno i cuori dei figli suoi di tutte le nazioni, di tutte le lingue, tramutandoli in figli dell'amore, della gioia, della pace, dell'arditezza, della forza, noi speriamo che il Signore abbia pietà di questo mondo diviso e sbandato, di questi popoli rinchiusi nel proprio guscio a contemplare la propria bellezza - per loro unica - limitata ed insoddisfacente, a tenersi coi denti stretti i propri tesori - anche quei beni che potrebbero servire ad altri popoli presso cui si muore di fame -, e faccia crollare le barriere e correre con flusso ininterrotto la carità tra terra e terra, torrente di beni spirituali e materiali.

Speriamo che il Signore componga un ordine nuovo nel mondo. Egli, il solo capace di fare dell'umanità una famiglia e di coltivare quelle distinzioni fra i popoli, perché nello splendore di ciascuno, messo a servizio dell'altro, riluca l'unica luce di vita che abbellendo la patria terrena fa di essa un'anticamera della Patria eterna.

Forse quanto si va dicendo può sembrare un sogno. Ma a parte il fatto che, se il rapporto fra i cristiani è il mutuo amore, il rapporto fra popoli cristiani, non può non essere il mutuo amore, per quella logica del Vangelo che non cambia - c'è un vincolo che già unisce i popoli fortemente e che voce di popolo, di ogni popolo, ha già proclamato, quella voce di popolo che è così spesso voce di Dio. Questo vincolo nascosto e custodito nel cuore di ogni nazione è Maria.

Chi riuscirà a distogliere i brasiliani dall'idea che Maria è la Regina della loro terra?

E chi potrà negare ai portoghesi che Maria è la "Nostra Signora di Fatima"?

O chi non riconoscerà ai francesi la "bella piccola Signora di Lourdes"?

E ai polacchi la "Madonna di Czestochowa"?

E agl'inglesi l'essere - la loro terra - "feudo di Maria"?

E chi potrà negare che Maria è la "castellana d'Italia"?

Quante volte i popoli nella storia si sono rifugiati vicino alle roccaforti mariane, basiliche o santuari, quasi per farsi proteggere sotto il manto della Madre quando popoli fratelli combattevano contro di loro.

Tutti i popoli cristiani l'hanno già proclamata Regina loro, di loro e dei loro figli.

Ma una cosa manca, e questa non la può fare Maria, dobbiamo aiutarla noi: manca la nostra collaborazione perché i popoli cattolici, come tanti fratelli uniti, vadano da lei a riconoscerla insieme Madre e Regina.

Noi possiamo incoronarla tale se, con la nostra conversione, con le nostre preghiere, con la nostra azione, togliamo il velo che ancora copre la sua corona, la corona pur donatale dal Papa quando tempo addietro la proclamò Regina del mondo e dell'universo.

Quel pezzo di mondo che sta nelle nostre mani dobbiamo deporlo ai suoi piedi.

Se oggi dei confini sono stati quasi tolti da leggi non cristiane tra popoli anche tanto cristiani, Dio lo ha forse permesso perché il cammino di Maria nel mondo, che ha da venire, sia meno ostacolato e tutto risulti "sgabello per i suoi piedi" (cf. Mt 5, 35), ai piedi della più grande Regina che cielo e terra conoscono: Regina degli uomini, Regina dei santi, Regina degli angeli, perché quando era in terra ha saputo immolare totalmente se stessa, ancella del Signore, ed insegnare con ciò ai figli suoi la via dell'unità , dell'abbraccio universale degli uomini, affinché sia come in cielo così in terra.