1° Intervento

Il perché (l’anima) dell’animazione.

A prima vista questo piccolo testo sembra un esame di coscienza e, se vogliamo, lo può anche essere.

Va vissuto però in profondo e sereno dialogo con Dio che mi fa vedere i miei margini di crescita come un dono che intende farmi e non come un giudizio alle mie eventuali imperfezioni ed infedeltà.

Per prima cosa dobbiamo ricordarci che siamo dei "scelti" da Dio non perché più bravi di altri ma perché "voluti da Dio" in questo compito. Voluti, sostenuti, e... poi ce ne chiederà conto.

Quanto questa coscienza è viva in me? In concreto: Che cosa mi muove ad animare?

 

Quale obiettivo mi pongo quando animo (target)

La motivazione e l’obiettivo sono in sintonia con quelli che aveva Gesù venendo ad "animare" l’uomo: Mettere in comunione gli uomini con Dio e fra di loro.

 

Il fine: (Io? - Il gruppo? - Dio?)

A. Io - Dio

  1. Al centro dei miei pensieri è sempre ben chiaro che devo condurre i ragazzi a fare esperienza dell’amore di Dio e da questo deve scaturire una dinamica di gruppo che abbia lo stile di Dio?
  2. È sempre ben chiaro che io sono un mezzo, uno strumento?
  3. Mi lascio lavorare da Dio per essere un strumento nelle sue mani? Per questo: Dio è al primo posto nella mia vita?

 

B. Il gruppo - Dio

Mi ricordo che "un gruppo che funziona" è ancora sempre uno strumento e che l’obiettivo deve essere che il ragazzo trovi in Dio il senso della sua vita?

Io, che chiedo ai ragazzi di far parte di un gruppo parrocchiale, vivo per primo la mia vita di gruppo parrocchiale? Credo che il gruppo è importante prima di tutto per me? Ci credo? Sono fedele? Lo costruisco?

Chiedo a me stesso, per la mia vita di gruppo, almeno quanto chiedo ai miei animati?

 

2° Intervento

Il come (la metodologia) dell’animazione

La metodologia e lo stile dell’animazione del mio gruppo si sforza di imitare, per quanto possibile, la dinamica trinitaria? Cosa mi dice la frase "Come in cielo così in terra?" Prova a leggere il Vangelo di Giovanni ai cap. 1 (prologo) e 17 (preghiera per i discepoli).

Ho coscienza di essere un "mandato" dalla mia Comunità e che il mio stile di animazione deve essere in sintonia con la Comunità che mi manda? Prova a leggere At. 2,42-48. (Cf. anche "Sarete miei testimoni" pagg. 61-65)

Cosa vuol dire in concreto questo per me in fase di progetto e in fase di attuazione?

  1. L’incontro di preparazione è un trovarsi, anche bello, solo di amiconi che devono fare un lavoro insieme? oppure la presenza di Gesù è cercata "prima" di cominciare a progettare? Cercata come? "Se il Signore non costruisce la casa ..."
  2. Quali strumenti utilizzo per non correre il rischio di "correre invano". Come fare per garantire che quello che faccio sia espressione della mia Comunità? La frase "Chi vede me vede il Padre" mi suggerisce qualcosa.
  3. Quanto è grande in me il desiderio di comunione con la chiesa locale, il vescovo e chi lo rappresenta? In concreto come questo elemento influisce sul mio stile di animazione? Quali strumenti di comunione utilizzo? Li ritengo sufficienti?
  1. Lo stile della mia animazione dipende in primo luogo dalle mie capacità personali oppure nasce dalla presenza di Gesù tra di noi (équipe) che mi dona il suo Spirito e la sua Sapienza?
  2. La presenza di Gesù tra di noi animatori traspare durante i nostri incontri e affascina i nostri ragazzi? "Quello che abbiamo veduto .... lo annunciamo a voi" (I Gv.).
  3. Cosa mi fa dire che un incontro con i miei animati, un ritiro, è riuscito? Gli incontri con i miei animati sono momenti di Chiesa viva?
  1. Una volta preparato ed eseguito l’incontro settimanale mi ritengo a posto come animatore?
  2. Cerco altri momenti per coltivare il rapporti con i miei animati come singoli e come insieme?
  3. Con quelli che rischiamo di perdere sono pastore o mercenario. Quanto della sofferenza del mio quotidiano offro per i miei animati? "Quando sarò innalzato da terra... ".