Dai discorsi di Paolo VI e Giovanni Paolo II

La parrocchia, luogo di comunione

Ispirandosi alle idee fondamentali del Concilio Vaticano II, i due papi di cui dovremmo parlare, Paolo VI e Giovanni Paolo II, hanno trattato in numerosissime occasioni le più svariate tematiche riguardanti la parrocchia: della validità ed attualità della sua struttura, da rivalorizzare e rivitalizzare; dei mezzi e delle condizioni per farlo; della parrocchia come scuola di fede e di liberazione; della centralità in essa della Parola di Dio; dei suoi vari aspetti formativi, caritativi, liturgici; della sua possibilità di incisività sul mondo d'oggi; del suo rapporto con la diocesi e con la chiesa universale; dei suoi aspetti spirituali, d'impegno sociale, profetici, missionari, ecc...

Dovendo delimitare la nostra riflessione, ci siamo concentrati su un solo argomento: L'importanza della comunione nella parrocchia. Non perché crediamo, ovviamente, che essa deve rivolgere l'attenzione in forma narcisistica ed esclusiva verso se stessa, ma perché siamo convinti che lì si trova la radice anche della fecondità del suo impegno evangelizzatore, profetico e sociale.

Paolo Vl: il senso della comunità

In continuità con ciò che aveva già affermato, ad es., nella «Evangelii nuntiandi»: «La sorte dell'evangelizzazione è certamente legata alla testimonianza di unità data dalla chiesa» (n 77), era logico che Paolo VI sottolineasse anche nei riguardi della parrocchia che «ogni azione è prospera ed efficace se è unitaria», per cui se «prima si chiedeva alla parrocchia che si radunasse per la Messa della domenica, adesso si esige che sia unita in forma permanente e che abbia, in grado superiore, il senso della comunità... Allora non è sufficientemente coltivata la norma, l'ansia per la comunità» (30.8.1964).

In un'altra occasione riconosceva che la parrocchia «ha subito in molte parti un allentamento..., il popolo di Dio non si è più sentito "un cuor solo ed un'anima sola", come erano i credenti della prima generazione, e come lo furono tante nostre comunità ecclesiali. Motivi sociologici ben noti hanno fortemente contribuito ad "atomizzare" la cordiale compattezza delle nostre popolazioni cristiane. Bisogna studiare come rimediarvi» (31.3.1976).

All'episcopato latinoamericano diceva che doveva fare delle parrocchie «vere ed autentiche comunità, nelle quali nessuno si senta estraneo» (23.11.1965). La stessa liturgia, aggiungeva, deve avere come una sua finalità fondamentale di far sl che tutti i suoi partecipanti arrivino a sentirsi «veramente una famiglia unita» (ibid.).

In un discorso a dei vescovi francesi ha rilevato il fatto che «la parrocchia e chiamata a diversificarsi sempre più, all'interno di se stessa, in piccole comunità di riflessione di azione di preghiera, in funzione degli ambienti molto svariati che la compongono...».

Naturalmente, in questo caso, la parrocchia deve essere, come piace dire oggi, una comunione di comunità e per sottolinearlo il Papa continua il discorso con questa bella immagine: «Questa evoluzione della parrocchia ci fa pensare ad una comparazione: quella del concerto vocale e strumentale. Ognuna delle comunità è un po' differente dalle altre, come le voci e gli strumenti. Però tutte e ognuna, per essere autenticamente chiesa, devono essere molto attente di rimanere in comunione».

Importante ciò che il Papa aggiunge ancora: «l'unita fra queste comunità si realizzerà tanto meglio quanto più gli stessi sacerdoti vivranno quell'unità fra loro» (28.3.1977).

Rivolgendosi a dei sacerdoti e religiosi appartenenti al Movimento dei Focolari, Paolo VI ha ribadito che tutti i settori e tutte le strutture della Chiesa devono essere informati da una più profonda comunione:

«Il Concilio si è celebrato nello spirito di comunità: ha voluto dare un senso di unione maggiore, far circolare la carità in senso più vivo ed anche più concreto. Ebbene applicate questo spirito rispetto ai quadri che la chiesa vi offre: le vostre diocesi e le vostre famiglie religiose. Cercate che non siano dei quadri o pesanti, o trascurati, o insignificanti; ma dei quadri dove veramente si applica la carità» (13.7. 1966).

La forza coesiva della carità

In questo contesto vogliamo sottolineare un aspetto fondamentale e nuovo: in diverse occasioni il Papa Paolo VI ha parlato della presenza di Cristo nella comunità, quando il rapporto che unisce i cristiani è la carità. Fra tutte citiamo queste note parole dirette ad una comunità parrocchiale di Roma:

«Come si chiama questa forza coesiva atta a tenere insieme il corpo parrocchiale ? Lo sanno tutti: si chiama carità. È la grande legge costitutiva della chiesa. Sono uniti i fedeli nell'amore, nella carità di Cristo? Di certo questa è una parrocchia vitale; qui c'è la vera chiesa; giacché è rigoglioso, allora, il fenomeno divino-umano che perpetua la presenza di Cristo fra noi. Sono i fedeli insieme unicamente perché iscritti nel libro dell'anagrafe o sul registro di battesimo? Sono aggregati solo perché si trovano, la domenica, ad ascoltare la Messa senza conoscersi, facendo magari di gomito gli uni contro gli altri? Se cosi è, la chiesa non risulta, in quel caso, compaginata; il cemento che di tutti deve formare la reale, organica unita, non è ancora operante. Ricordate - conclude il pontefice - le parole solenni di Cristo. Vi riconosceranno veramente per miei discepoli, autentici seguaci e fedeli, se vi amerete gli uni gli altri; se ci sarà questo calore di affetti, di sentimenti; se vibrerà la simpatia voluta più che vissuta, creata da noi, più che spontanea, con quella larghezza di cuore e quella capacità di generare Cristo in mezzo a noi, derivanti, appunto, dal sentirci uniti in Lui e per Lui» (1.3.1964).

Questa presenza di Cristo, frutto dell'amore della comunità, permetterà al Papa di arrivare a dire:

«Cristo è qui: la Parrocchia attua la sua presenza in mezzo ai fedeli, e in tal modo lo stesso popolo cristiano diventa, si può dire, sacramento, segno sacro, cioè, della presenza del Signore .> (7.3.1965).

Giovanni Paolo II: l'unità nella parrocchia

I1 Papa attuale affronta spesse volte il tema della parrocchia, soprattutto in occasione delle frequenti visite pastorali nella sua diocesi di Roma.

Un aspetto che ritorna nelle sue parole è la convinzione dell'attualità e dell'importanza della parrocchia: «Vorrei farvi partecipi - diceva ad esempio in Olanda - di una prima convinzione, che ho spesso l'occasione di sottolineare: il ruoto essenziale che la parrocchia è chiamata a svolgere, anche nel contesto sociale attuale e nell'ambiente urbano» (12.5.1985).

Ciò che rende efficace e moderna la parrocchia è la profondità della sua vita comunitaria: «È veramente enorme l'importanza della parrocchia come comunità di fede, come comunità di credenti» (28.10.1979).

Come in una famiglia

La comunità, nel suo senso più profondo, è costituita dall'unità dei credenti con Cristo e tra loro. Di questa unità come parola chiave dell'ecclesiologia conciliare e della sua insostituibile importanza per la vita della Chiesa in ogni sua parte, il Papa ha parlato più volte. Ecco, ad esempio, cosa ha detto ai religiosi benedettini nella Basilica di san Paolo fuori le mura: «Gesù prega... "affinché siano una sola cosa". Quante volte risuona in questo testo sublime l'invocazione o meglio, l'appello e l'anelito all'unita ? È l'unita dei "suoi"- è l'unita come nota distintiva della "sua" chiesa... Dell'unita il Signore ci dice tutto: il modo e la misura, la natura e l'effetto, la causa esemplare che è l'unita esistente tra lui stesso e il Padre la causa finale che è la fede da suscitare in chi non l'ha ancora... Ut omnes unum sint ! Questa parola che racchiude ed esprime il sacramentum unitatis, è come una parola d'ordine e, per le circostanze in cui fu dapprima pronunciata, ha il valore di un legato testamentario, e perciò deve illuminare e guidare le singole iniziative pastorali... tutto coordinando e finalizzando verso la dimensione suprema della carità: "perché l'amore, col quale mi hai amato, sia in loro" (Gv 17, 26). Questo- non dimentichiamolo ma i- è il punto d'arrivo, questo è il traguardo finale, perché unità e carità nella vita ecclesiale vanno di pari passo. L'unità è carità, e la carità è unità i (21.3.1981).

«Mi trovo con voi - diceva in un'altra occasione - in una parrocchia e, in questa, siete chiamati a formare una sola cosa in Cristo... "Un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo", cantate con frequenza, gioiosi davanti al mistero dell'unità della Chiesa universale. Compito privilegiato della parrocchia e mantenere e rendere visibile questa unità. Essa deve essere accogliente per tutti, collaborando "all'unità di tutto il genere umano". Nessuno tra di voi deve sentirsi estraneo. Riflettete, in tutte te manifestazioni della vita parrocchiale, che, in quanto porzione della Chiesa, siete strumento di unione con Dio e di unità tra gli uomini. Si tratta di un'unità profonda, vitale, che è dono di Dio» (3.11.1982).

In questo contesto, un'espressione che Giovanni Paolo II predilige è la seguente: «la parrocchia e una famiglia» (25.1.1979).

Lo aveva detto chiaramente nella «Catechesi tradendae» e lo ripeterà più volte, citando testualmente questo documento: la parrocchia «deve ritrovare la propria vocazione, che è quella di essere una casa di famiglia, fraterna ed accogliente» (n. 67).

Una famiglia riunita attorno a Gesù: «La vostra parrocchia sia e divenga sempre più il luogo, la comunità dove gli uomini... ripeteranno a Cristo: - È bello per noi stare qui» (11. 3.1979) .

Non a caso nel nuovo Codice di Diritto Canonico - come il Papa rileva in diverse occasioni - «a differenza della precedente legislazione l'accento viene posto non più sul territorio, ma sul suo carattere di comunità di persone (can. 515, 1)» (20.10.1984).

«È importante che la parrocchia diventi sempre più un centro di aggregazione umana e cristiana, cioè realizzi una piena dimensione comunitaria, in cui ciascuno ritrovi se stesso «veramente a misura d'uomo». Ed occorre essere coscienti che solo il Vangelo, conosciuto e vissuto, può condurre ad un simile traguardo» (24.1.1982).

Ministero dell'unità

In una tale ottica si scopre il ministero ordinato come ministero dell'unità. Il pastore ha la funzione, appunto, di essere il primo custode e il punto di riferimento dell'unità della comunità: «Occorre stringersi insieme - sottolinea il Papa - unendo le forze in una gara di comprensione reciproca e di amore sincero che faccia convergere tutti intorno al pastore comune, il vescovo diocesano, e colui che lo rappresenta nella comunità pastorale, il parroco. Intorno a questo centro si deve formare una comunità viva di persone che si stimano e si amano» (12.5.1985).

Perché questo si avveri, è necessaria prima di tutto l'unità tra gli stessi sacerdoti: «La comunione sacerdotale, composta dall'unione dei sacerdoti tra loro e con il loro vescovo, è anche la condizione fondamentale dell'unione fra tutto il popolo di Dio» (20.10.1984).

Sulla necessità di questa unità tra i sacerdoti citiamo fra tanti uno dei testi più belli quello ai sacerdoti degli U.S.A.: «L'unita tra i sacerdoti, vissuta in fraternità e amicizia, diventa esigenza e parte integrante della vita di un prete... Come potrà il mondo credere che il Padre ha mandato Gesù se non vede in modo tangibile che coloro i quali credono in Cristo hanno accolto il suo Comandamento di "amarsi a vicenda"? E come potranno i credenti essere assicurati che questo amore è concretamente possibile, se non hanno l'esempio dei loro sacerdoti... ?» (4.10.1979).

Per quel che riguarda le piccole comunità all'interno della grande comunità parrocchiale il Papa si è riferito diverse volte alle «comunità ecclesiali di base», additandone i pericoli che possono correre ed indicandone i criteri perché siano veramente ecclesiali, però riconoscendo allo stesso tempo il loro valore. Citiamo anche qui un testo per tutti: «Quando parliamo di parrocchie, non dobbiamo omettere di menzionare i differenti raggruppamenti che si presentano sotto la denominazione di "comunità di base". Queste comunità mettono in risalto dei valori positivi, quando i loro membri tentano di realizzare, in maniera semplice e sincera, il Vangelo nella loro vita quotidiana... Spetta al parroco, al vescovo ed a tutti coloro che sono interessati allo sviluppo delle parrocchie, aprirsi ai valori positivi di queste comunità; essi devono trarne vantaggi per le parrocchie» (12.5.1985).

La parrocchia presenza di Cristo tra gli uomini

Infine qualche cenno alla presenza di Cristo nella comunità, dal momento che il Papa ha esclamato: «Parrocchia vuol dire: la presenza di Cristo tra gli uomini» (18.2.1979).

«Voi siete una parrocchia - diceva nella chiesa madrilena di Orcasitas in Spagna -prima di tutto, grazie al fatto che Cristo è qui: in mezzo a voi, con voi, in voi» (3.11.1982).

Una tale affermazione non è altro che la conseguenza del fatto che il «Buon Pastore» Gesù... è vivo e vero ancora oggi in mezzo a noi» (6.5.1979).

E alla parrocchia romana di San Bonaventura formata da immigrati venuti da varie regioni italiane diceva: «Quando in questo luogo giunse la gente dalle varie parti d'Italia, sembrava dicesse: - Vogliamo vedere in mezzo a noi Cristo! Vogliamo che Egli abiti con noi; che qui si alzi la sua casa. Ci conosciamo poco tra noi. Vogliamo che Egli ci faccia conoscere gli uni gli altri, che ci faccia reciprocamente avvicinare, affinché non siamo più estranei, ma diventiamo una comunità... La vostra parrocchia... è nata qui dalla vostra ferma volontà di fare abitare Gesù in mezzo a voi» (1.4.1979).

Siamo convinti che la presenza di Cristo tanto più intensa e permanente quanto più si realizza nella comunità parrocchiale la comunione e l'unità, sarà capace non soltanto di trasformare la parrocchia facendole ritrovare vitalità, stile e strutture adeguate ai tempi, ma continuerà a realizzare miracoli - come quando Gesù passava fisicamente in mezzo alle folle - sia fra coloro che partecipano attivamente alla vita della parrocchia, sia nella storia concreta di quei popoli nella quale le parrocchie devono essere profondamente inserite.

Pedro Muñoz

Enrique Cambon