IL MISTERO DI DIO UNO

«Tardi ti amai, bellezza così antica e così nuova, tardi ti amai. Sì, perché tu eri dentro di me ed io fuori. Lì ti cercavo. (...) Mi chiamasti, e il tuo grido sfondò la mia sordità, balenasti, e il tuo splendore dissipò la mia cecità; diffondesti la tua fragranza, e respirai e anelo verso di te, gustai ed ho fame e sete; mi toccasti, e arsi di desiderio della tua pace».

Così si rivolgeva a Dio, in uno slancio che è inseparabilmente del cuore e della mente, sant'Agostino (Conf. X, 27.38).

E così Chiara, nel 1947, scriveva ad una giovane che era stata affascinata dall'Ideale: «Vedi, io sono un'anima che passa per questo mondo Ho visto tante cose belle e buone e sono sempre stata attratta solo da quelle Un giorno (indefinito giorno) ho visto una luce. Mi parve più bella delle altre cose belle e la seguii. Mi accorsi che era la Verità».

Bellezza, Bontà, Luce, Verità: sono i Nomi con i quali il nostro cuore, prima ancora della nostra mente, si rivolge a Colui che lo attrae con forza irresistibile, a Dio. Dio dal quale veniamo ed al quale tendiamo con tutte le nostre forze, anche se non sempre ne siamo pienamente coscienti.

Una sola cosa brama chi è chiamato con tanta intensità: non-essere perché in lui sia solo Dio, perché sia con Lui uno.

Con le sue prime compagne, uno con lei, e con una voce sola, Chiara poteva dire a Gesù: «Ti vivo tutto», dopo avergli chiesto che Egli stesso vivesse loro: «Vivimi tutta, mio Amore!». E questa era una risposta alla medesima domanda in bocca, questa volta, a Gesù: «Egli continuamente incalza la mia anima dicendomi di voler vivere!».

L'anima che si rivolge a Dio così, è tutta raccolta fatta uno dal desiderio ardente che la spinge fuori di sé verso Colui che essa ama di amore unico; e l'Amato, l'Uno, l'Unico, si protende tutto verso l'anima che Egli ama. «Ti ho cercato; e quando ti ho trovato, mi accorsi che eri Tu che cercavi me»: così, spesso, si esprimono i grandi amici di Dio.

La scoperta iniziale da cui è nata l'Opera di Maria è che Dio è Amore: «Dio mi ama, ci ama, immensamente». E qui è già tutta la nota che caratterizza l'amore vero: esso non parte da sé, ma è già dall'inizio tutto trasfigurato in Colui che ama. La scoperta di Chiara non è: io amo Dio, ma: Dio ama me. Chi ama di amore soprannaturale è già tutto trasferito in Colui che ama. È già uno nell'Uno.

Questo Amore, Dio, è nulla di ciò che si vede e si conosce: «Ma che amo, quando amo te? Non una bellezza corporea, né una grazia temporale: non lo splendore della luce, così caro a questi miei occhi, non le dolci melodie delle cantilene d'ogni tono, non la fragranza dei fiori, degli unguenti e degli aromi, non la manna e il miele, non le membra accette agli amplessi della carne. Nulla di tutto ciò amo, quando amo il mio Dio. Eppure amo una sorta di luce e voce e odore e cibo e amplesso nell'amare il mio Dio: la luce la voce, l'odore, il cibo, l'amplesso dell'uomo interiore che è in me ove splende alla mia anima una luce non avvolta dallo spazio, ove risuona una voce non travolta dal tempo, ove olezza un profumo non disperso dal vento, ove è colto un sapore non attenuato dalla voracità, ove si annoda una stretta non interrotta dalla sazietà. Ciò amo, quando amo il mio Dio» (Conf. X, 6.8).

Dio non può essere che Uno e Unico: come uno e unico è l'amore che tende all'Amato. Un amore diviso non è un amore vero e bello. Prima ancora che la mente capisca che Dio, l'Assoluto non può essere che Uno - perché due Assoluto, due Dio, non sarebbero più tali -, il cuore sente fortemente che Uno solo, e Unico, è il Dio che corrisponde, dopo averlo acceso, alla totalitarietà dell'amore unico con cui l'anima lo ama.

Questo Dio è eterno, anche perché non può finire l'amore acceso da Lui nel cuore: un amore che quando è vero, vissuto, è proprio senza inizio e senza fine, perché «Non siamo noi che abbiamo amato Dio, ma è Lui che ci ha amati» (1 Gv 4, 10), e «di amore eterno» (Ger. 31, 3).

Questo Dio è onnipotente, anche perché senza limiti e invincibile è l'amore acceso da Lui nel cuore. «Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre; (...) nel mio cuore c'era come un fuoco ardente, chiuso nelle mie ossa; mi sforzavo dl contenerlo, ma non potevo» (Ger. 20, 7.9). Un amore che non conosce ostacoli: «(...) forte come la morte è l'amore (...). Le grandi acque non possono spegnere l'amore né i fiumi travolgerlo» (Ct. 8, 6.7).

Questo Dio è onnisciente: Egli conosce sino in fondo - al di là di tutte le miserie e i limiti - l'impeto dell'amore che brucia nell'anima verso di Lui. Pietro, che pur aveva rinnegato per tre volte Gesù, interrogato sull'amore «gli disse: "Signore, tu sal tutto, tu sai che ti voglio bene"» (Gv 21, 17).

È logico che, a questo punto, colui che ama desideri solo una cosa: vedere l'Amato, essere una cosa sola con Lui. Così cantava una grande mistica musulmana, Rabi 'a:

Ti amo di due amori: un amore di desiderio

e un amore perché tu sei degno di essere amato.

L'amore di desiderio è che nel ricordo di te

io mi distolga da chi è altro da te.

L'amore di cui tu sei degno

è che tu tolga i veli perché io ti veda.

Non lode a me né in questo né in quello

ma lode a te in questo e in quello.

Ma vedere Dio, l'Uno, significa conoscerne il Nome, per chiamarlo così come Egli chiama se stesso, così quale è in se stesso: perché il Nome intimo di Dio è la sua realtà intima.

I grandi amanti di Dio, di tutte le religioni, hanno sempre avuto pudore di chiederGli il suo Nome, quasi che l'amore non fosse sufficiente. Ma è vero pure che saperne il Nome è dare compimento all'amore, vedere Dio, come dice san Paolo, «senza veli» (cf. 2 Cor 3, 12-18), così come Egli è (cf. 1 Gv 3, 2).

Così come Egli è: vedere l'essere di Dio. Ed Essere è proprio il Nome che Dio dà a se stesso nella rivelazione veterotestamentaria. Alla domanda di Mosè, Dio risponde: «"Io sono Colui che sono!" Poi disse: "Dirai agli Israeliti: Io-sono mi ha mandato a voi (...). Questo è il mio nome per sempre» (Es. 3, 14-15).

Come osserva il Catechismo della Chiesa Cattolica, «questo Nome di Dio è misterioso come Dio è mistero. Ad un tempo è un Nome rivelato e quasi il rifiuto di un nome; proprio per questo esprime, come meglio non si potrebbe, la realtà di Dio, infinitamente al di sopra di tutto ciò che possiamo comprendere o dire».

Dandosi, nel mistero, il Nome, l'Io-sono, Dio, si rivela Persona, un Tu, uno ed unico, cui può rivolgersi - e di fatto si rivolge - l anima che ama di amore uno ed unico -: l'Essere che è Persona, che entra in rapporto con l'altro - non l'essere astratto del pensiero: l'amore, d'altra parte, non può amare astrazioni!

La fede di Israele è tutta fondata sull'affermazione dell'unicità di Dio, Persona Una. «Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo» (Dt 6, 4). E Gesù fa sua completamente questa affermazione di fede: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo» (Mc 10, 18).

Questo Dio vive in mezzo al suo popolo (cf. Es. 17, 7), lo ama con tutta la tenerezza di un padre: «Ero per loro come chi solleva un bimbo alla sua guancia; mi chinavo su di lui per dargli da mangiare» (Os 11, 4). E con la dolcezza fedele di una madre: «Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se queste donne Si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai» (Is 49 15). Amore che giunge sino all'ardore unitivo dell'unione sponsale: «Ti faro mia sposa per sempre, ti farò mia sposa» (Os 2, 21).

Questo amore è per tutte le creature: «Io non dovrei aver pietà di Ninive, quella grande città, nella quale sono più di centoventimila persone, che non sanno distinguere fra la mano destra e la sinistra, e una grande quantità di animali?» (Gn 4, 11).

Questo amore traboccherà da Israele su tutte le genti. «In quel giorno ci sarà una strada dall'Egitto verso l'Assiria, l'Assiro andrà in Egitto e l'Egiziano in Assiria; gli Egiziani serviranno il Signore insieme con gli Assiri. In quel giorno Israele sarà il terzo con l'Egitto e l'Assiria, una benedizione in mezzo alla terra. (...). Benedetto sia l'Egiziano mio popolo, l'Assiro opera delle mie mani e Israele mia eredità» (Is 19, 23-25).

C'è un testo stupendo di Chiara che ci dice della dilatazione dei nostri cuori sulla misura del cuore di Dio, una volta che questo cuore di Dio si è rivelato in tutta la sua realtà: «Tutto va trattato con l'amore del Padre verso il Figlio. Che cuore largo e che sorriso di Dio sulle cose attraverso i nostri occhi!».

L'Io-sono, con tutta la ricchezza di sfumature cui abbiamo appena accennato, è, dunque, il nome che Dio ha dato a se stesso. Ma è un Dio ancora chiuso per me; e dunque, per chi ama, non e cancellata l'attesa della consumazione piena nell'unità, al di là dell'io e del tu ancora uno di fronte all'altro di una frontalità che non è ancora unità piena. A Mosè che chiede di vedere la gloria di Dio, cioè Dio nella sua intimità, JHWH risponde: «(...) vedrai le mie spalle, ma il mio volto non lo puoi vedere» (Es. 33, 23).

Quello dell'Essere è un annuncio di qualche cosa che ancora di più, un giorno, potrà esser detto.

L'Essere è come il lampo della Luce Eterna nel cuore dell'essere creato, e che si impone per se stesso. Ma l'occhio, abbagliato da questa folgorazione luminosa, attende di vedervi dentro, di vedere, se così posso dire, non la Luce nel suo illuminare e illuminarmi, ma la Luce in se stessa. Quella che Chiara chiama la Luce Bianca.

È quanto accade in Gesù: in Lui, che ha detto di se stesso "Io-sono" (cf. Gv 8, 24.28.58; 13,19), è giunto il giorno in cui la gloria di Dio può essere vista; ci è fatto conoscere «che JHWH, Dio d'Israele, Dio dell'universo, è come un essere personale, ma è anche trino, perché il suo essere personale comprende una triplice personalità».

Dio Uno si rivela nella sua verità quando siamo introdotti all'interno di Lui. Ed è Gesù che ci introduce in quella intimità.

L'Essere si era rivelato come il Nome dell'Uno. Scrive il Catechismo della Chiesa Cattolica: «La rivelazione del Nome ineffabile "Io sono Colui che sono» contiene dunque la verità che Dio solo è. (...) Dio è la pienezza dell'essere». E questo Essere, ci rivela Gesù, è Amore (ccc, 221).

Chiara scrive: «L'intimità dell'Uno è la Trinità».

Solo a questo punto si può cominciare a comprendere del tutto che cosa è l'Amore: esso è l'interiorità dell'Essere. E si può cominciare a comprendere che cosa è l'Essere: l'Amore in atto!

La riflessione della Chiesa ha cercato di penetrare questo mistero, guidata dallo Spirito che conosce «le profondità di Dio» (1 Cor 2, 10). Nella luce del carisma dell'unità, Chiara ci dice che Dio è «contemporaneamente (per così dire) Trino e contemporaneamente Uno. Quando è - se così si può dire - che Dio è Uno? Quando le tre divine Persone si consumano in Uno. Nel momento in cui si consumano in Uno (ma è il momento atemporale che è l'eternità!), Dio è Uno. Poi (il poi che è la simultaneità che è l'eternità!) si trinitizzano (il Padre genera il Figlio... )».

Nel loro essere tre, si amano a vicenda: sono Dio, la pienezza dell'Essere. E vero che il Padre genera il Figlio "annullandosi" vuotandosi, dando tutto di sé: ma questo nulla è Amore e, come ripete Chiara, l'Amore quando non-è è; allora, proprio nel farsi nulla d'Amore, il Padre è; e così il Figlio e lo Spirito. I Tre sono se così si può dire, l'Essere, l'Io-sono, in quanto si danno reciprocamente. «Quando poi (ricordando sempre che parliamo da creature della istantaneità atemporale che è l'eternità) questi Tre che sono l'unico Dio, non un nulla d'Amore (essi sono un nulla d'Amore nel rapporto reciproco), si uniscono, si consumano in uno, sono un Tutto d'Amore, sono Amore. E questo - conclude Chiara - è l'Essere». I1 Tutto dell'Amore!

Si può ricorrere alle categorie di sostanza, natura, essenza per cercare in esse l'unità di Dio nel che cosa è Dio. Chiara punta però l'occhio del cuore sulle Persone divine nelle quali l'unità di Dio è data dal chi è Dio. Chiara osserva: «Se io ho una penna e questa penna è d'argento, io non dico: questo è l'argento, ma: questa è una penna». In questa direzione, d'altra parte, si muove la ricerca della teologia e del pensiero contemporanei.

L'Unità di Dio, allora, è i Tre nella loro comunione sempre compiuta e sempre rinnovata. «Se consideriamo il Verbo nel Padre - scrive Chiara -, il Verbo lo pensiamo nulla (nulla d'Amore) per poter pensare Dio uno. Se consideriamo il Padre nel Verbo, pensiamo il Padre nulla (nulla d'Amore)».

Continua Chiara: «Tre "Reali" formano la Trinità eppure sono Uno perché l'Amore è e non è nel medesimo tempo, ma anche quando non è, è perché è Amore. Difatti se mi tolgo qualcosa e dono (mi privo - non è) per amore, ho amore (è)».

Chi è allora, Dio Uno? I Tre che, nel dono reciproco, sono consumati l'uno nell'altro: sono, appunto, Uno. E chi sono i Tre? L'Essere nella sua vita intima, nella sua eterna dinamicità. Per questo così affermava san Gregorio Nazianzeno: «Ho appena incominciato a pensare all'Unità ed eccomi immerso nello splendore della Trinità. Ho appena incominciato a pensare alla Trinità ed ecco che l'Unità mi sazia» (Orationes, 40, 41: PG 36, 417).

Il volto di Dio Uno che i suoi adoratori conoscono e amano, è il darsi dei Tre fra loro consumati nell'Uno, mostrandosi "fuori", per così dire, alla creatura, con il volto dell'Uno, dell'Unico che essi sono. "Dentro", per la creatura fatta figlio nel Figlio, fatta Gesù, il volto dell'Uno è quello dei Tre nell'atto eterno del consumarsi come Amore tra loro: è la partecipazione all'atto d'Essere-Amore che è Dio. È assistere, se così si può dire, partecipando, al farsi uno dei Tre.

GIUSEPPE M. ZANGHÌ