L’UOMO "INTERO"

 

1 - Il valore "sacro" del corpo

Innanzitutto è necessario affermare che, in una visione cristiana veramente autentica, bisogna riconoscere il valore, anzi la "sacralità" del corpo.

L'uomo non è solo "spirito": anche il corpo fa parte integrale del suo essere. Bisogna superare due opposte posizioni errate:

1) Il corpo è la prigione dell'anima, che è invece la vera ricchezza dell'uomo: egli si realizza "mortificandolo" e così liberando sempre più lo spirito. (Posizione di molte filosofie antiche e anche più recenti; dice Acquaviva: "La subordinazione del corpo, cioè una politica del corpo negativa... appartiene a una tradizione metafisica e morale antica. Il dualismo e la distinzione mente-corpo, - con predominio della mente, dello spirito - sono stati alla base della nostra immagine del mondo per molti secoli, entro civiltà, culture e religioni diverse").

 

 

2) L'uomo E' soprattutto il suo corpo. L'anima non esiste o è una pura fenomenologia di origine psico-biologica. (Posizione moderna)

 

 

 

Invece la posizione giusta, secondo la visione cristiana più autentica, è quella che considera l'uomo come una PERSONA che si realizza nella sua globalità, fatta da due elementi inscindibili che sono appunto la parte corporea e quella spirituale:

 

 

 

Lacroix esprime efficacemente la critica alla seconda posizione, quella attuale, e, per contro, la visione equilibrata che bisognerebbe assumere:

"Fuori dal tempo, sottratto alla pesantezza, all'invecchiamento e alla morte, il corpo che ci è proposto come modello è un corpo irreale, narcisista e, ancora, desostanzializzato... Il corpo venerato oggi e in fondo un corpo molto idealizzato. E' più la sua immagine che la sua realtà ad essere valorizzata... Il corpo è oggetto di un culto solo a condizione di entrare nelle norme definite dal 'corpo sociale'... Il corpo come catena di cause ed effetti, pensato sul modello delle macchine, robot per esempio... Tutto ciò misura lo scarto tra le rappresentazioni culturali e il vissuto reale... La nostra opinione è che il lavoro dell'etica, quello particolarmente che si esprime attraverso la tradizione giudeo-cristiana, raggiunga il suo duplice compito di desacralizzazione e di valorizzazione: desacralizzazione della vita biologica in quanto tale, delle forze vitali, del sesso e dello stesso godimento, che non sono più per se stessi in contatto col divino o mezzi di divinizzazione, ma valorizzazione di queste stesse realtà che, mediate, possono diventare il luogo e l'espressione dell'incontro fra due persone, cioè due soggetti spirituali, luogo dove si gioca la relazione verso l'assoluto... E' generalmente ammesso che, per esprimere la relazione del soggetto con il suo corpo, il verbo avere non è sufficiente. 'Io non sono semplicemente alloggiato nel mio corpo come un pilota nella sua imbarcazione', afferma già Cartesio... 'Avere un corpo' suppone una relazione di esteriorità... Tra il soggetto e il suo corpo, le relazioni sono di solidarietà intima e totale... 'Io sono il mio corpo': l'espressione sembra più conforme all'esperienza immediata... Ma questa coincidenza non è né totale né definitiva. La distanza è sempre incombente... Chi vuole significare l'unità, risottolinea altrimenti la dualità: 'io' - soggetto, 'sono' - copula, 'corpo' - attributo. Il soggetto non coincide con l'attributo... Volere o credere di coincidere col proprio corpo condurrà a rinunciare ad una buona parte delle risorse della coscienza e della volontà... L'identità della persona e del corpo è dunque nello stesso tempo da affermare e da negare. Io sono questo corpo, ma io sono anche la capacità di distinguermi da esso come dalla sua immagine, più o meno bella, più o meno seducente... Bisognerà allora senza dubbio trovare altre espressioni, che dicano allo stesso tempo lo scarto e l'unità: 'io sono soggetto del mio corpo', 'io vivo il mio corpo', 'io esisto nel mio corpo', 'il mio corpo è la mia maniera di essere'".

In tutto quello che fa, dunque, l'uomo coinvolge sempre anche la sua dimensione corporea.

Infatti:

col CORPO egli vive

conosce

comunica

trasforma il mondo

ha rapporto con Dio (la preghiera..., l'estasi...: ci ritorneremo tra poco)

SI SALVA (non solo l'anima!...)

Afferma Lacroix nel paragrafo significativamente intitolato "Diventare carnali":

"E' così che noi comprendiamo la vita spirituale come modo di vivere il proprio corpo. Diventare spirituali è vivere il proprio corpo come donato e fatto per il dono. E' dunque accettare di essere sensibili, disponibili, liberi, vulnerabili. Diventare deboli per gli altri. Tutti questi termini hanno in comune l'esser suggeriti dal motto 'carnale'. Allorché il cuore di pietra diventa cuore di carne, il soggetto diventa 'tenero', da duro che era. Scoprendo la debolezza dell'altro, egli cessa di nascondersi la propria debolezza. Nella tenerezza, due deboli si riconoscono e si affidano l'un l'altro. Due esseri si riconoscono come 'incarnati', cioè vulnerabili, vicini, disponibili, lungi dall'essere disincarnazione, la spiritualizzazione è incarnazione".

E continua lo stesso autore in altri passi:

"La debolezza della carne è il luogo dello spiegarsi della potenza dello spirito, il quale tende all'incarnazione. La sessualità, dove la carne è più sentita e provata come tale, è il punto sensibile dove tali verità sono messe alla prova. L'affermazione della sua vocazione spirituale non può non confrontarsi con la sua opacità e i suoi straripamenti. Il corpo è essenzialmente relazionale. La relazione costituisce il suo essere profondo. Esso non è solamente solidale, ma unito ad un corpo più vasto, il corpo ecclesiale o corpo di Cristo. Questo appare particolarmente in un testo già citato più volte e che è senza dubbio il principale testo del Nuovo Testamento per una TEOLOGIA DEL CORPO, la prima lettera ai Corinti... La messa in evidenza della vocazione spirituale del corpo non impedisce di essere coscienti delle zone d'ombra e delle pesantezze che si oppongo alla realizzazione di essa. Al contrario, essa le mette in evidenza. Nel carnale si manifesta non solo la debolezza della creatura in quanto tale ma anche, il che non è la stessa cosa, il suo peccato... E' perché è suscettibile di diventare spirituale che il corpo è anche suscettibile di essere il luogo del peccato".

E dice infine efficacemente Spisanti:

"La recipienza del corpo ha una diretta rilevanza teologica, in quanto offre un supporto alla dimensione religiosa della vita... Il mondo di Dio non è colto con un ragionamento; piuttosto, come insegnano i mistici, con vista, udito, tatto, odorato, tutti i sensi; il Regno dei Cieli è accolto con l'accoglienza uterina propria della sessualità femminile; e in esso si penetra con l'intrusività propria della genitalità maschile... La teologia che riflette sull'esperienza spirituale non può avallare nessuna forma di disincarnazionismo e di ascesi impostata sul disprezzo o sull'indifferenza per il corpo. Quando si considera l'uomo nella sua profondità esistenziale, il corpo si identifica con l'essere umano in quanto concretizzato nell'orizzonte della corporeità. Come dimensioni dell'esperienza immediata, il corpo vissuto e lo spirito vissuto si sovrappongono fino a confondersi... Il centro da cui irradia il sacro non è solo quello ubicato nello spazio al di fuori dell'uomo, bensì soprattutto quello che coincide col suo corpo."

La visione "sacra" del corpo è già molto chiara nel racconto della Creazione (l'uomo, corpo e anima, è immagine di Dio e, proprio in quanto risultante di queste due componenti, è re di tutto il creato: Gen. 1 e 2; questa era la visione da cui partivano i pensatori rinascimentali definendo l'uomo "copula mundi", e cioè punto di incontro, di comunicazione fra la realtà spirituale e quella materiale). Ma essa risalta soprattutto nell'Incarnazione: Gesù, il Figlio di Dio fatto uomo, prende un corpo di carne del tutto uguale al nostro, sotto tutti gli aspetti, e compie tutte le azioni corporee dell'uomo, a parte ogni peccato: "Verbo di Dio, Gesù non ha disdegnato di nascere da un sesso né di avere un sesso... Gesù non ha paura di compromettere Dio con la carne, poiché annuncia la salvezza ad ogni carne". Infatti:

"Il peccato non è il corpo ma la disobbedienza e la rottura dell'alleanza. Del resto la cosa più originale della nostra fede non è che Dio ha creato il mondo, ha creato 'cose', ma che lui stesso si è fatto corpo, ha preso carne, ha fatto carezze con le stesse mani nostre, guardato con i nostri occhi, baciato con la nostra bocca".

Figli di una tradizione spiritualistica e giansenista, noi abbiamo forse ancora un po' paura di ammettere, in modo chiaro ed esplicito, la "carnalità" di Cristo, anche sotto l'aspetto sessuale. Ma per fortuna non fu sempre così. Steinberg dedica un intero libro per analizzare le opere d'arte sacra rinascimentale sotto questo aspetto, rilevando come in tale epoca la sessualità di Cristo fosse messa volutamente ed esplicitamente in rilievo, con la stessa forza con cui, nelle epoche successive, essa verrà nascosta.

Non si tratta solo di rappresentare il bambino Gesù completamente nudo o di mettere in evidenza, quasi anatomica, l'azione della sua circoncisione. Si fa ben di più. I genitali di Gesù sono espressamente evidenziati, talvolta dalla Madonna stessa che li scopre appositamente, li indica o addirittura li tocca ; o è la nonna sant'Anna che li accarezza: vedi la sorprendente xilografia di Hans Baldung Grien, la Sacra Famiglia del 1511. Sovente gli astanti (come per esempio i Magi) sono raffigurati in adorazione con l'occhio fisso proprio in "quel punto". Ma si va ancora oltre: talvolta è il Bambino stesso che, come molti bimbi comuni, si tocca o è rappresentato durante un’altrettanto comune erezione infantile. E la cosa non si limita al Bambino, ma viene anche realizzata talvolta per Gesù adulto, soprattutto durante la passione o al momento della deposizione.

Il commento dell'autore è sorprendente: sembra infatti che una simile "ostentatio genitalium" in tali raffigurazioni non sia da giustificare in modo semplicistico secondo una visione puramente naturalistica (e che certamente lascerebbe molto perplessi tenuto conto della sacralità del soggetto), ma sia invece espressamente intesa e voluta con un alto significato teologico. Gli autori di tale opere d'arte volevano in questo modo affermare proprio la totale e profonda incarnazione del Figlio di Dio, secondo appunto una "teologia incarnazionale" che prevalse fino alla Riforma e alla Controriforma, quando i meccanismi ideologici ed inquisizionali della repressione controriformista hanno cambiato iconografia e dottrina, hanno fatto apparire pannolini, stole, brache e lenzuoli ed hanno tolto dagli altari le pale più imbarazzanti. Steinberg sottolinea che in tali opere la visibilità di tali particolari "è direttamente associata alla convinzione che il mistero di Cristo non è tanto la sua divinità quanto la sua umanità, la metamorfosi cioè di Dio in uomo, la Sua Incarnazione, il Verbo che si fa carne". Tali zone sono "il più ovvio segno dell'umanità di Cristo, ma pure la parte del corpo dove Gesù, in occasione della circoncisione, incominciò nella sofferenza il Suo ruolo di Salvatore e per la prima volta sparse il Suo sangue".

L'autore ricorda infatti che in un sermone pronunciato nel 1484 a San Giovanni in Laterano Bernardino Cavajal aveva illustrato come la circoncisione costituisse la più radicale confutazione di eretici come Manicheo, Apollinario e Valentino ed aveva persino parlato con approvazione della reliquia del prepuzio di Gesù che, secondo la tradizione, era conservata in quella chiesa. E il 1° gennaio 1493, predicando di fronte a papa Alessandro VI, Francesco Cardulo aveva sostenuto che non c'era migliore prova della reale umanità di Cristo del suo sesso che "poteva essere toccato, carezzato, ferito e poteva sentire sofferenza e dolore".

Infine, con la Resurrezione di Cristo, il corpo è chiamato a partecipare alla gloria eterna. Nell'Eucarestia ci comunichiamo col Corpo di Gesù e diventiamo Suo Corpo Mistico come Chiesa. Il nostro corpo (che, come afferma S. Paolo, è "tempio dello Spirito Santo"), "eucaristicizzato", viene, dopo la morte, "seminato" nella terra, perché risorgendo faccia risorgere tutto il creato: "i Cieli e la Terra nuovi" saranno anche corporei per l'eternità.

Infatti l'autentica visione evangelica è quella sottolineata nuovamente da Spinsanti:

"L'impressione di qualcuno che, cresciuto estraneo alla tradizione cristiana, legga i vangeli per la prima volta, può essere di una vera sorpresa per l'importanza che essi attribuiscono al corpo, trattandosi di una religione così spirituale come il cristianesimo: nei racconti evangelici è questione prevalentemente del mangiare e del guarire, i due problemi fondamentali del corpo. La fede, come modalità dell'esistere, ha nei vangeli una 'corposità' che non ritroviamo più in nessuna delle teologizzazioni sulla fede successive, a cominciare dallo stesso Paolo".

E afferma un teologo moderno, vescovo:

"Il corpo è espressione dell'amore, è la sua forma, la forma in cui esso è racchiuso e strutturato e da cui si protende fuori di sé a raggiungere gli altri... La capacità di amare del corpo è parimenti espressione dell'amore con cui io rispondo e contraccambio il mio essere amato dal Signore, che ha sacrificato la Sua vita per me".

E il Concilio Vaticano II - in uno dei suoi documenti più importanti e solenni (la Costituzione "Gaudium et Spes", al n.14) afferma: "Unità di anima e di corpo, l'uomo sintetizza in sé, per la stessa sua condizione corporale, gli elementi del mondo materiale, così che questi attraverso di lui toccano il loro vertice e prendono voce per lodare in libertà il Creatore (cfr. Dan. 3, 57-90). Allora, non è lecito all'uomo disprezzare la vita corporale: egli anzi è tenuto a considerare buono e degno di onore il proprio corpo, appunto perché creato da Dio e destinato alla resurrezione nell'ultimo giorno. E tuttavia ferito dal peccato l'uomo sperimenta la ribellione del corpo. Perciò è la dignità stessa dell'uomo che postula che egli glorifichi Dio nel proprio corpo (cfr. 1 Cor. 6, 13-20), e che non permette che esso si renda schiavo delle perverse inclinazioni del cuore".

E' quindi importantissima una visione (e quindi un'educazione) positiva ed equilibrata della propria CORPOREITA'.

 

2 - L'uomo "intero"

Nel campo più specifico che stiamo trattando, bisogna poi distinguere fra AMORE, SESSUALITA' E GENITALITA': sono ognuno "dentro" il precedente come suo particolare.

 

 

Giordano sintetizza bene questa visione:

"Un altro rapporto fondante è quello tra amore, sessualità, genitalità. Anche qui occorre distinguere e insieme riunificare.

* L'amore è più ampio della sessualità. Esso è un evento, un'unità che precede ogni distinzione tra l'io e l'altro, tra il maschile e il femminile: è Dio stesso.

* La sessualità è più grande della genitalità (ambito dell'istinto pulsionale, legato alla procreazione). L'essere uomo o donna caratterizza tutto il mio agire e non solo certi atti. Quindi si può parlare di amore senza riferirsi alla sessualità e si può parlare di rapporto uomo-donna senza riferirsi alla genitalità...

* L'amore è legato al concreto, quindi si esprime in segni, ma non tutti i segni sono di carattere sessuale. La sessualità è una dimensione corporea, disponibile ad essere assunta come segno d'amore in modo interiore, ma anche esposta a deviazioni. Il rischio è separare amore e sessualità; la sessualità può non incontrare l'amore, se l'amore non decifra il concreto. L'amore dà il senso, la sessualità l'intenzione concreta umana. Quindi non è qualcosa di degradato; non si possono opporre: il piacere è connesso con il dovere. L'unificazione fra amore e sessualità è una vocazione, un compito, non un'attuazione automatica. Questo è l'agire morale: c'è un rapporto che è potere e inglobamento; c'è una sessualità che devìa, perché non è unificata. Chi non unifica è a livello di povertà umana".

 

AMORE:

Poiché l'uomo è essenzialmente "relazione" verso Dio e gli altri, l'Amore è il senso stesso della vita: consiste nell'uscire dal proprio egoismo per entrare in comunione con l'altro. E', al suo livello massimo, l'AGAPE, cioè il dono completo di sé agli altri, che attua la comunione piena "come Tu Padre in Me e Io in Te...". E il vero amore non coincide semplicemente con un sentimento soggettivo, ma è "voler bene", cioè volere il vero bene dell'altro anche a costo di sacrificare per lui tutto di se stessi ("non c'è amore più grande di chi dà la vita per il fratello"). E la scommessa cristiana consiste nell'affermare che sia proprio nel dono la massima realizzazione della felicità: "c'è più gioia nel dare che nel ricevere". L'amore però deve essere un dono libero, e non un "lasciarsi rubare"; e deve tendere alla reciprocità: cioè, se da un lato dev'essere gratuito, senza tornaconto (altrimenti è... uno scambio commerciale), nello stesso tempo, desiderando come suo vero compimento l'essere riamato, deve aiutare l'altro a corrispondere. Perché tutto ciò sia possibile, l'amore dunque non può essere solo qualcosa di istintivo, ma deve anche confrontarsi col bene oggettivo, con delle norme che il pensiero umano ha via via, e si spera in modo sempre più maturo, individuato come indicative del vero bene "comune".

Educare all'Amore quindi coincide con educare alla vita, offrendo un quadro di Valori e un Progetto.

 

 

SESSUALITÀ:

E' una caratteristica fondamentale di tutto l'uomo e di ogni uomo, che parte sì dalla sua realtà corporea (non solo esterna ma profonda: i cromosomi), e si estende però a tutta la sua persona: noi siamo sessuati in tutto ciò che siamo e che facciamo, anche nella vita spirituale e nella preghiera. In questo senso mascolinità e femminilità sono due principi universali della persona che insieme rendono completa l'"immagine" di Dio nell'umanità (Cfr. Gen. 1): questa "immagine", di perfezione infinita, pur essendo già realizzata in ogni singolo uomo, riflette tutta la sua ricchezza in due "parti" distinte, che quindi la realizzano nuovamente in pienezza nella loro comunione, complementandosi a vicenda (caratteristiche intellettuali, spirituali, ecc. nelle due "colorazioni" maschile e femminile; paternità/maternità, ecc...). Ricordiamo il simbolo orientale ("yan/yin"), che ha, tra le sue varie interpretazioni, anche questa:

  

 

Quindi, come tutto il corpo, anche la sessualità in tutti i suoi aspetti (compreso quello corporeo), è un grande dono. Per il Cristianesimo, essa partecipa addirittura della "sacralità" stessa del corpo: Gesù e Maria - come abbiamo già rilevato - erano realmente maschio e femmina, e l'amore umano viene preso dalla Sacra Scrittura come simbolo dell'Amore che Dio ha per il Suo popolo (cfr. Osea, Geremia, il Trito-Isaia, il Cantico...). La sessualità infatti, nel pensiero ebraico, è carica di significato spirituale; dice Rozanov, parlando della circoncisione: "Ogni pensiero riguardante il sesso destava nel semita il pensiero di Dio, perdeva immediatamente quella crudele sensualità che ben conosciamo e, senza negarsi, si fondava sulla percezione del divino ('qui il Signore si è impadronito di me')".

La sessualità, come espressione globale della persona, è composta di numerosissimi elementi e ha una straordinaria ricchezza di manifestazioni.

Già le basi biologiche della sessualità evidenziano la complessità di quel processo fisiologico che viene definito "polarizzazione sessuale", che porta alla strutturazione biologica di un IO maschile o femminile ed è accompagnato da una serie di altre modificazioni della persona che possono permetterci di fondare correttamente il discorso sul "dimorfismo sessuale" non soltanto da un punto di vista corporeo. Campanella individua cinque tappe di questa polarizzazione ("sesso genetico, sesso gonadico, sesso fenotipico, sessualizzazione cerebrale e dimorfismo psicosessuale").

In conclusione possiamo affermare che sin dal momento del concepimento ogni uomo è uomo ed ogni donna è donna. E quindi:

"La distinzione sessuale va vista... come compito perché si deve 'diventare ciò che si è'. L'educazione, in cui sono coinvolti la storia, la cultura, la società, la scuola ed in particolare i genitori, ha il compito di portare ad una realizzazione matura, serena, pienamente accettata della sessualità. La sessualità è una dimensione che caratterizza tutte le esperienze dell'uomo, anche quella religiosa. Possiamo cercare di indicare alcuni elementi della distinzione sessuale: essa è data da elementi fisici-biologici, ma è anche un diverso modo di occupare lo spazio: il femminile, per le caratteristiche della sessualità, dice interiorità, accoglienza, custodia, profondità; il maschile invece: intrusione, azione esterna, apertura; com'è un diverso modo di vivere il tempo: nel femminile si ritrova maggiormente la concretezza del presente, infinito delle origini; nel maschile è più presente la tendenza a progetti futuri come il desiderio di 'stare altrove', di occupare il mondo. Così c'è anche un diverso modo di vivere la sessualità: quella maschile è più un fare, quella femminile più un essere. Osserviamo come queste caratteristiche non vanno assolutamente irrigidite, per la valenza della dimensione culturale e per il fatto che il maschile e il femminile esistono in ambedue i sessi".

E' dunque vero che, come afferma Montagu, "secondo gli individui, il sesso assume un'enorme varietà di significati: è un linguaggio per comunicare cose che non si possono dire altrimenti, uno scambio di amore, un mezzo per ferire o sfruttare gli altri, un tipo di difesa, una cosa da contrattare, un modo di autonegazione o di autoaffermazione, o un rifiuto della mascolinità o della femminilità, e si potrebbe continuare nell'elenco, per non parlare di eventuali forme anormali o patologiche".

Educare alla sessualità vuol dire dunque educare ad essere pienamente se stessi con la propria identità, e ad avere, in questa dimensione totale di sé, rapporti costruttivi col "diverso da sé", come vedremo meglio più avanti.

 

GENITALITÀ:

E' l'aspetto più organico e fisiologico della sessualità, legato all'esistenza e all'esercizio degli organi sessuali propriamente detti. Il rapporto genitale è determinato dalla pulsione istintuale, detta anche Eros.

Bisogna distinguere bene questo aspetto parziale (la genitalità, appunto) dall'insieme globale della sessualità.

Ricordiamo un brano di Bernardi: "La sessualità sarebbe dunque una qualità tipica ed esclusiva dell'essere umano, perché solo l'uomo è capace di amore. Essa inoltre non sarebbe necessariamente vincolata all'impiego di un particolare organo o apparato... La sessualità sarebbe del tutto indipendente dalla generazione potendo esprimersi in modo assolutamente estraneo alla sfera genitale. Si tratterebbe in breve di una qualità 'globale' dell'uomo. Per 'genitalità' intendo invece un'attività, appunto, genitale. Quindi una operazione fisica, strettamente legata all'uso degli organi riproduttivi, di per sé finalizzata alla generazione e non necessariamente inserita in un rapporto affettivo... E' chiaro che di regola, per quanto riguarda l'uomo, la genitalità non è sostanzialmente separabile dalla sessualità, ma mi sembra altrettanto chiaro che la sessualità non si esaurisce nella genitalità". E conclude Giordano: "Noi siamo inquieti. Il nostro cuore è veramente inquieto... S. Agostino diceva: 'Inquieto è il nostro cuore finché non riposa in Te'... Continua l'inquietudine, continua il camminare... Siamo veramente uomini pellegrini, in cammino sempre verso il limite, sempre verso la frontiera. Allora che cos'è che ci spinge? L'energia che ci spinge sempre è l'amore. L'uomo si realizza amando. In ultima analisi perché Dio è amore... Però concretamente noi l'amore come lo viviamo? Concretamente lo viviamo come siamo. Noi siamo esseri maschili e esseri femminili. Il nostro essere femminile e il nostro essere maschile tocca tutta la nostra personalità. La nostra concretezza è essere uomini e donne. Quindi tutto l'amore che viviamo noi lo viviamo filtrato dal maschile e dal femminile... All'interno del capitolo della sessualità c'è il capitolo della genitalità. La genitalità è quell'aspetto della sessualità che appunto è legato agli organi della riproduzione. Allora che rapporto c'è?... La mia genitalità è un capitolo della sessualità. Ma non esaurisce la sessualità. Allora stiamo in questa distinzione tra amore, sessualità e genitalità. Stiamo nella distinzione e riunifichiamoli. La vocazione sarà sempre riportare la genitalità alla sessualità generale, all'amore... Se noi separassimo l'amore e la genitalità che succede? Noi potremo prendere la genitalità, che è un aspetto fondamentale dell'uomo, e viverla senza amore. E questo apre ai capitoli distruttivi. La genitalità vissuta senza amore è fondamentalmente la prostituzione. Materialmente, adesso la dico grossa, che distinzione c'è tra il rapporto di prostituzione e il rapporto uomo-donna che si esprime nella vocazione matrimoniale? Materialmente nessuna!... Qual è la differenza? La differenza è che, una è la genitalità riportata all'amore, che esprime l'amore, e l'altra può essere una genitalità vissuta con violenza, con sfruttamento. Questa è la distruzione dell'umano, anche se la genitalità è pur sempre qualcosa dell'uomo... Però è un qualcosa che viene estrapolato e tenta di diventare gigantesco. Ecco allora il fatto: noi possiamo separare oppure far coincidere amore e genitalità. Oggi la nostra cultura parla d'amore. Però generalmente cosa intende per amore? Si parla di amore (pensiamo ad una certa letteratura, una certa musica, certi spettacoli...) ma si intende 'fare l'amore'... Il grande capitolo dell'amore viene ridotto a una delle espressioni dell'amore. E questa è una stupidaggine culturale. E' come prendere la grande realtà e ridurla a un bicchierino! Allora bisogna distinguere per riunificare sempre. Allora ci sono tanti amori che non passano attraverso la genitalità. L'amore tra genitori e figli è un amore che non si esprime genitalmente, così tra fratello e sorella; tra amici; tra fratelli di fede (in Gesù Cristo è il rapporto più grande che esista); tra fratelli di comunità, tra chi riceve l'Eucarestia insieme... questi rapporti non si esprimono genitalmente. Il nostro rapporto con Dio non s'esprime genitalmente. Eppure per noi è il rapporto fondante. Quindi è una stupidaggine ridurre l'amore alla espressione genitale... In questa maniera impoverisce tremendamente l'amore e di conseguenza impoverisce la genitalità. Perché la genitalità aveva la grande vocazione non di esprimere una piccola fetta dell'amore, ma essere un luogo dove esprimere tutto l'amore".

E possiamo concludere lapidariamente con Lacroix:

"Uno degli inconvenienti maggiori di una tale supremazia [quella di mettere al primo posto l'aspetto genitale - n.d.r.] è quello di finalizzare l'atto sessuale tutto intero verso uno dei suoi aspetti e momenti, a detrimento degli altri aspetti e degli altri momenti, come le 'piccole carezze', i preludi e le altre espressioni della tenerezza. 'L'orgasmo non è che un momento molto piccolo dell'abbraccio e sarebbe fare un'ingiuria agli amanti dire che il loro dedicarsi alla ricerca di una sensazione unica si esaurisca tutto nella brama di inghiottirsi' (Bruckner-Finkielkraut, 'Le nouveau désordre amoureux', Paris, Èd. du Seuil, coll. 'Point Actuels', n. 26, 1977, p. 258)".

Educare alla genitalità vuol dire educare a mettere l'istinto al servizio della persona e a trasformare quindi l'Eros in Agape. Quello che conta è l'Amore, per cui la genitalità deve essere finalizzata ad esso e per questo dominata.

 

Altro componente è l'AFFETTIVITÀ, intesa come emotività e sentimento, anch'essa in gran parte istintuale, e che ha un'origine psicosomatica, abbastanza complessa. Con l'equilibrio dell'affettività (come, nel verso opposto, con i diversi squilibri possibili) si manifesta l'avvenuta o non avvenuta armonizzazione dei vari elementi. Per questo il discorso dell'affettività (e della sua educazione) può venire di fatto compreso globalmente negli altri.

 

Quello che conta perciò è la PERSONA nella sua globalità e il suo RAPPORTO con le altre, persone, cioè il grado e la qualità dell'AMORE che si riesce a vivere, trasformando l'Eros in Agape. Dunque NON si deve comunque mai PARCELLIZZARE LA PERSONA separandone i vari aspetti: ad esempio, per essere uomini e non bestie, non si dovrebbe mai esercitare la genitalità senza coinvolgere armonicamente gli aspetti superiori. Ma, d'altro verso, è altrettanto sbagliato "spiritualizzare" l'uomo, negandogli o almeno limitandogli l'aspetto fisico: ogni relazione autenticamente e pienamente umana coinvolge necessariamente, in modo più o meno diretto e profondo, la corporeità, e quindi la sessualità.

Ci venga permesso di sottolineare, con un ulteriore excursus, che anche la relazione con Dio coinvolge l'aspetto fisico dell'uomo: le estasi dei santi ne sono un esempio innegabile. Non citiamo brani del Cantico dei Cantici, perché è ovviamente ben conosciuto, ma rileviamo solo come in esso (che è, per i credenti, Parola stessa di Dio ed è stato per molti santi il testo di partenza per il loro rapporto mistico con il Signore, come si vedrà più sotto) contenga numerose allusioni anche specificamente erotiche, non appena si abbia il coraggio di leggerlo secondo la mentalità dell'epoca, svestendosi di certi nostri falsi pudori. Citiamo invece alcuni passi di mistici, di indubbia lettura:

"Non accusarmi di bestemmiare, ma accogli questa verità... Ebbene, sì. ora hai riconosciuto nel mio dito Cristo e in quest'organo... - non sei forse rabbrividito o arrossito? - Ma Dio non si è vergognato di divenire simile a te e tu, tu hai vergogna di esser simile a lui? - No, non mi vergogno di essergli simile, ma quando dici che lui è simile a un membro vergognoso, temo che tu pronunci una bestemmia. - Ebbene, hai torto di temere, non vi è nulla di vergognoso, ma si tratta delle membra nascoste di Cristo, dato che le si copre, e in questo sono più degne di onore delle altre, come membra nascoste, a tutti invisibili, di Colui che è nascosto, di Colui che dona il seme nell'unione divina, seme divino, formato - oh temibile mistero! - secondo la forma di Dio, uscito dalla divinità stessa, interamente - poiché è interamente Dio - Colui che si unisce a noi, oh mistero di terrore! E' davvero un matrimonio che si consuma, ineffabile e divino: Dio si unisce a ciascuno - sì, lo ripeto, è la mia voluttà - e ciascuno diventa uno col Signore" (Simeone il nuovo Teologo, monaco bizantino, 949-1022, 'Inno XV'). "Lo Spirito Santo, al fine di consegnare agli uomini il cantico dell'amore spirituale, ha rivestito all'esterno tutto il suo interiore commercio spirituale e divino con le immagini dell'amore carnale; in modo che, poiché nulla se non l'amore può cogliere pienamente le cose divine, l'amore della carne, dovendo giungere e trasformarsi in amore dello spirito, potesse rapidamente afferrare ciò che gli è simile... e, benché uomo spirituale, potesse tuttavia abbracciare, una volta afferrate dallo Spirito Santo, le sue stesse dolcezze dell'amore carnale, naturali per la partecipazione della carne, in obbedienza all'amore spirituale... Il letto fiorito è una coscienza amena e in essa la gioia dello Spirito Santo... Tutto questo è lo Spirito Santo, Dio, carità, lui stesso donatore e lui stesso dono. E qui, infatti, si realizza quel vicendevole abbraccio e quel bacio in cui la Sposa comincia a conoscere come anche lei è conosciuta; e, come avviene nei baci degli amanti, che per un certo qual mutuo contatto si trasfondono i loro respiri, lo spirito creato effonde tutto se stesso nello Spirito che a tal fine lo ha creato; e lui, a sua volta, lo Spirito Creatore s'infonde - secondo quanto vuole - e l'uomo diventa un solo spirito con Dio. Ma quando con la scena di questo mondo sarà passata ogni iniquità... allora il congiungersi dello Sposo e della Sposa diverrà pieno ed eterno...e avverrà il bacio pieno quando, bacio a bacio, abbraccio ad abbraccio, sarà piena e perpetua fruizione" (Guglielmo di Saint-Thierry, monaco cistercense, XII sec., 'Sul Cantico dei Cantici'). "Così il desiderio e lo slancio dell'amore conquisteranno l'amante, lo riempiranno d'ardore e lo trasformeranno. L'ebollizione dell'istinto carnale si cambierà in santa voluttà... Io sarei fondamentalmente incapace di osservare la continenza, di castigare la mia carne perché si astenga dal male..., se l'Onnipotente non me ne facesse il dono avvolgendomi con l'ombra del suo bacio d'amore. Non appena ho iniziato ad ardere dell'amore eterno, a essere infiammato dal desiderio della felicità futura e a percepire il cantico dei cantici dell'amore, subito ogni desiderio carnale si è placato in me." (Richard Rolle, eremita inglese, XIV sec., 'Il canto d'amore'). "Tu sei mio e io sono tua, tu mi possiedi e io ti possiedo, interamente e totalmente...Ah! Vita mia e mio Tutto, tu mi stringi troppo intensamente, mi abbracci troppo dolcemente, mi colmi e mi stracolmi troppo soavemente, mi incanti troppo deliziosamente...Ah! Vengo completamente meno! Ah! Non ne posso più, spiro e muoio d'amore e di felicità nel tuo seno". (Jean de Saint-Samson, monaco carmelitano, 1571-1636, 'Epitalamio dello Sposo divino e incarnato e della Sposa divina'). "Venga, e un bacio della sua bocca divina plachi i miei desideri! I suoi casti amori nel suo talamo regale mi colmino di piacere!...Imprimi le tue forme nella mia anima infiammata!... Com'è attraente la grazia dei tuoi santi discorsi! Nulla può eguagliarla. E nemmeno dissipare l'odoroso vapore che emana.... Spiro sotto i colpi dell'amore che mi ferisce... Con una mano sostiene la mia testa che viene meno. Lui solo è il mio sostegno. Con l'altra mi abbraccia, e la sua fiamma innocente non si rifiuta affatto". (Jacques-Benigne Bossuet, vescovo, 1627-1704, 'Il Santo Amore, o passi scelti del Cantico dei Cantici').

Siamo naturalmente ben lontani dal pensare, come certamente farebbe una certa psicanalisi, ad uno scarico genitale procurato da fantasie... Ed è evidente da questi brani che l'aspetto puramente fisiologico, ben lungi dall'essere attuato in senso esclusivamente fisico, è invece superato e trasceso in quello spirituale. Tuttavia non si può assolutamente negare, senza essere ciechi, che in tale altissime esperienze mistiche è pienamente coinvolta l'intera sensibilità umana, anche nella sua dimensione corporea. D'altra parte perché Dio, che ha creato il corpo, dovrebbe aver paura di coinvolgerlo pienamente nel rapporto con Lui? E per di più, nelle fede cristiana, il rapporto non è con un Dio solo ed esclusivamente spirituale, ma è con il Verbo incarnato, Gesù, e quindi con la stessa realtà del Suo corpo. Ci pare importante, a questo riguardo, l'opinione della Zarri:

"La sensualità del mistico - agli antipodi della dissociazione che il corrente significato del termine denuncia - testimonia anzi un equilibrio pieno che porta l'uomo ad esprimersi serenamente nella sua globalità, secondo quella conquista di armonia che alcune antiche correnti teologiche e mistiche configuravano nel recupero della situazione edenica e che noi vediamo piuttosto come un'anticipazione escatologica".

Possiamo concludere questo excursus con le parole di Clément, nella prefazione del libro di Bastaire: "Ecco a cosa ci invita Jean Bastaire, che non nega assolutamente Freud ma ne rovescia le conclusioni: l'unione mistica non è la sublimazione di una libido disgraziata, ma al contrario la libido, felice o trasfigurata, è il simbolo dell'unione mistica".

 

Ritornando al discorso più generale, e risottolineando la necessaria armonia e unità fra tutte le componenti della persona umana, citiamo ancora alcuni brani che ci paiono significativi:

"L'essenziale del pensiero cristiano sul corpo e la sessualità, almeno come il Concilio Vaticano II l'ha individuato, ricevuto e ritradotto, gravita attorno all'idea di UNITÀ; unità fra i diversi aspetti considerati della sessualità, unità del corpo e della persona, unità - se si può dire - fra due unioni: unione dei corpi e unione delle persone, continuità fra i termini utilizzati per dire l'unione: 'relazione', 'legame', alleanza'". "Se esaltiamo solo il corpo, che è importantissimo, diventiamo mostruosi. Se esaltassimo solo lo spirituale, diventiamo mostruosi. Chi di voi vuole vivere da angelo probabilmente si troverà presto bestia. Perché noi non siamo angeli. Noi siamo uomini: quindi tutte le dimensioni vanno valorizzate". "La logica 'diabolica' (= dia-bolon da dia-ballo = spezzare e sparpagliare i frantumi) percorre i sentieri della ricerca umana, s'intreccia con i suoi passi e crea le rotture, le lacerazioni, gli spezzamenti, distruggendo la possibilità del ritrovamento del bene in grado di mantenere il desiderio insito nel cuore dell'uomo. Sgorga una serie di dualismi. Già all'interno della persona esplode un conflitto che tocca l'uomo nella sua radice: tra la dimensione corporea e quella spirituale, generando stagioni spiritualistiche disincarnate a cui succedono ondate materialistiche, corporeistiche. Su questa scia diviene arduo riconciliare amore e sessualità, per cui o la sessualità pretende violentemente di occupare tutto il campo e di identificarsi all'amore o l'amore tende a staccarsi dalla concretezza dell'esistere umano e fuggire la realtà, con conseguenze mortali sia per la sessualità che per l'amore. La prostituzione o la violenza sono esempi limite di una sessualità vissuta separata totalmente dall'amore... Una pagina di Nietzsche, densa di simbolicità, può permetterci di fare il punto sul problema e di indicare l'esigenza che siamo chiamati ad affrontare. Zarathustra, il protagonista del suo famoso romanzo filosofico, è circondato da una turba di storpi, handicappati e mendicanti che gli chiedono di essere guariti, ma egli replica, in modo inatteso, che la sua esperienza gli ha insegnato che non è la cosa peggiore il fatto che a uno possa mancare un occhio od un orecchio o qualcos'altro ed afferma: 'Io vedo e ho visto ben di peggio...: uomini cioè a cui manca tutto, se non che hanno una sola cosa di troppo - uomini che non sono nient'altro se non un grande occhio o una grande bocca o un grande ventre o qualcos'altro di grande - costoro, io li chiamo storpi alla rovescia. E quando venni dalla mia solitudine e per la prima volta passai da questo ponte, non potevo credere ai miei occhi, e guardai, guardai ancora e alla fine dissi: - Questo è un orecchio, un orecchio grande quanto un uomo! Guardai meglio: e, realmente, sotto l'orecchio si muoveva una coserella piccola e misera e stentata da far pietà. In verità, l'orecchio mostruoso poggiava su di un piccolo esile stelo - ma lo stelo era un uomo!'...L'immoralità è la povertà di umanità che nasce dal frammentare l'uomo in pezzetti (logica dia-bolica) e quindi dal scegliere un frammento, una parte e ingigantirla 'ideologicamente' fino a farla diventare il tutto. Questo è violenza, perché se un parte - che in sé è vera e basilare come contributo per il tutto - pretende di essere il tutto, deve extrapolare dal suo campo, occupare tutto lo spazio e quindi eliminare le altre dimensioni che sono altrettanto umane. Il cristianesimo si presenta con una novità assoluta rispetto alla concezione greca. Ha infatti un'antropologia unitaria: l'uomo non è frammentato tra anima e corpo. Importanza di una lettura simbolica del corporeo: il corpo non è mai puro oggetto, ma rimanda sempre ad una ulteriore profondità. La severità evangelica circa la morale sessuale non nasce da un sospetto sul corporeo o sul piacere, ma dalla valorizzazione del rapporto uomo-donna, rapporto d'amore che non si concilia con alcuna forma di sfruttamento... e dal senso del peccato che tocca tutto l'uomo: corpo e anima". "La carne è una fioritura dello spirito. Il sesso procede dall'anima che lo esprime". "Non sono solo due corpi a essere coinvolti, ma due esistenze: essi possono allora fondare un destino comune, essendosi ognuno 'stabilito' presso l'altro". "Un'intuizione di cosa significhi essere maschi ed essere femmine e creati a immagine di Dio possiamo averla tramite l'aspirazione all'unità, alla completezza, che l'uomo-diviso ha entro di sé. Dio è definibile come rapporto, come relazione, come amore e l'amore è la capacità di entrare in relazione. Dunque il Dio-relazione crea un 'essere-in-relazione', crea cioè un essere sessuato, maschio e femmina, perché questi due entrino in relazione. Il Dio cristiano è unico nella sua sostanza, ma diviso nelle tre Persone di un Padre, un Figlio, uno Spirito. Tre Persone che sono in un rapporto di amore... La tendenza essenziale dell'uomo [è quella] a ricongiungersi. L'esercizio della sessualità, questo modo singolare di 'essere insieme', ripropone nell'uomo questo tendere all'essere unico... Tutta la tendenza della sessualità è arrivare a un'unione profonda, intima; e questo spiega anche il 'desiderio'. L'altro aspetto positivo da rivalutare è dunque la corporeità come veicolo della sessualità e come mezzo per raggiungere l'unione più profonda. Alcuni problemi del cristianesimo relativi alla corporeità sono derivati soltanto dal sorgere del cristianesimo, storicamente, in un'epoca in cui nell'ambito della cultura greca vi era una profonda divisione tra corpo e anima: l'anima è ciò che importa, il corpo è da combattere e da distruggere. Tutto questo in realtà manca nella Bibbia: il corpo è bello e buono e il peccato non è il corpo ma la disobbedienza e la rottura dell'alleanza. Del resto la cosa più originale della nostra fede non è che Dio ha creato il mondo, ha creato 'cose', ma che lui stesso si è fatto corpo, ha preso carne, ha fatto carezze con le stesse mani nostre, guardato con i nostri occhi, baciato con la nostra bocca". "Noi stiamo cercando di vedere le cose dal punto di vista dell'uno". "Eros senza agape, agape senza eros, ecco due maniere simmetriche di negare l'incarnazione". "Rispetto vuol dire che l'altro non è mai strumento da utilizzare per i propri scopi, ma resta sempre un fine... La relazione sessuale resta rispettosa quando non considera l'altro come un oggetto ma come un soggetto, un fine in sé".

In conclusione si può dunque affermare con G. Bataille che "l'erotismo dell'uomo differisce dalla sessualità animale nel fatto che in esso egli giustamente mette in questione la vita interiore".

Dunque l'educazione alla genitalità è compresa nell'educazione alla corporeità, e questa in quella alla sessualità, a sua volta aspetto dell'unica, grande e fondamentale educazione all'amore, alla relazione, cioè alla vita.