EDUCARE OGGI
C'è a proposito di chi ha il compito di
educare una frase di Gesù che fa pensare e può essere di luce
anche nell'educazione che si deve impartire in famiglia. Essa dice: "Uno
solo è il vostro Maestro e voi tutti siete fratelli"
(Mt. 23,8). Se Gesù è il maestro, un dovere dei genitori
cristiani sarà quello di guardare a Lui per imparare come
educare.
Ma che tipo di educatore era Gesù?
- Egli anzitutto dà lesempio, incarna
Egli stesso la sua dottrina. Non impone oneri che non
porti egli per primo. "Guai a voi - dice - che
caricate gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi
non li toccate nemmeno con un dito" (Lc. 11,46).
Gesù mette in pratica quanto poi chiede agli altri.
Guardando a Lui si può dedurre che il primo modo di
educare, anche per i genitori, non devessere impegnarsi
a istruire o correggere, ma a vivere con totalità la
propria vita cristiana. Domandano sincerità, impegno,
lealtà, obbedienza, carità verso i fratelli, castità,
pazienza, perdono? Che i figli possano costatare tutte
queste qualità prima di tutto in loro.
Gesù, dopo aver lavato i piedi ai discepoli, comanda
l'amore che si fa servizio (anche l'autorità e
leducazione sono servizio) dicendo che prendano
esempio da Lui. "Vi ho dato infatti l'esempio,
perchè come ho fatto io, facciate anche voi" (Gv.
13,15). Educare è impegnarsi a precedere con la
vita.
- Gesù interviene in aiuto dei suoi,
concretamente, come quando ha sedato la tempesta sul
lago (Lc. 8,24). L'amore, quando è simile
all'amore di Dio che ama per primo, non lascia mai
indifferenti.
- Gesù dà fiducia, nella certezza
che il futuro può essere migliore di qualsiasi passato.
Il Vangelo ci fa presente tanti incontri con Gesù da cui
le persone escono "nuove". "Va - dice
alladultera - e non peccare più" (Gv. 8,11).
Egli crede alla possibilità che quella donna inizi una
rinascita.
Le parole dei genitori hanno il compito di incoraggiare, essere
cariche di speranza, positive, manifestare la certezza nella
ripresa dei propri figli. E' importante far più leva
sulle capacità dei figli che non aspettare, come giudici,
i risultati delle proprie raccomandazioni.
- Gesù aiuta a fare delle scelte con
decisioni libere e responsabili. "Se vuoi, vieni
e seguimi". Gesù non impone, ma mette dinnanzi
proposte di vita affascinanti per il loro valore e la
loro forza di convinzione.
I figli sono prima di tutto figli di Dio, e vanno
trattati non come proprio possesso, ma come persone
"affidate".
- Gesù non esita a correggere anche con
decisione e forza, quando occorre. Dice a Pietro che
lo voleva far desistere dall'affrontare la sua passione: "Lungi
da me, satana! Tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli
uomini" (Mt. 16,23). Anche la correzione è
necessaria. Fa parte integrante dell'educazione.
"Chi ama suo figlio è pronto a correggerlo" (Prv.
13,24). Guai se non si corregge! Si sarà
responsabili di una tale omissione. L'ammonimento dato con
pace, con calma, con distacco, con sicurezza interiore
pesa sulla responsabilità dei figli che se ne ricorderanno.
- Gesù è misericordioso e aiuta a
rinascere nella gioia (cfr. la parabola del figliol
prodigo). I genitori devono comportarsi come Dio si
comporta con noi. La misericordia del padre e della madre
deve arrivare a saper veramente dimenticare, al
"tutto copre" (1 Cor. 13,7).
I reiterati interventi, che ricordano un passato
negativo, non sono nella linea di Gesù.
- Il Vangelo ci fa conoscere Gesù che
usa il dialogo, alternando domande e risposte, fa uso
di sentenze e, con gli scribi e i farisei, discute (cfr. Ma
voi, chi dite che io sia? - Date a Cesare ciò che è di
Cesare.... - La samaritana - Di che cosa discutevate
lungo la via?).
Insegna che il colloquio fra genitori e figli, siano
piccoli o grandi, non deve mai interrompersi; deve sempre
essere aperto, possibilmente sereno, costruttivo. Anche
con chi si è allontanato di casa o dalla fede è bene
non rompere totalmente il rapporto.
- Gesù ha il coraggio di dire ciò che
veramente vale. Non teme di capovolgere la scala dei
valori consueti, accettati dai più, come quando annuncia
le beatitudini (cfr. Mt. Cap. 5): chiama infatti beati
quelli che non appaiono tali. Presenta una via difficile,
ed affascinante insieme, controcorrente con quanto offre
il mondo.
Chi educa non deve illudersi che, presentando un cristianesimo
languido, un Cristo pressoché inesistente, sia meglio
ascoltato. La forza del bene riempie la vita più di ciò che
appare facile.
- Gesù educa consegnando ai suoi il
"suo" tipico insegnamento: "Questo è
il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come
io vi ho amati" (Gv. 15,12).
Genitori "in gara" ad amarsi per primi, a
stimarsi a vicenda, in dialogo continuo ripetono ai figli
la sintesi del Vangelo - il comandamento dell'amore
reciproco, distintivo dei cristiani - come un patrimonio
proprio.
- Gesù promette di essere Lui in persona
l'educatore nelle famiglie. Più è presente nel cuore
degli educatori, più è Lui che parla ed agisce quando
è ora di intervenire.
Nella famiglia poi cè la possibilità di
realizzare la sua promessa: "Dove due o tre sono
riuniti nel mio nome, ivi sono Io in mezzo a loro" (Mt.18,20).
La sua preziosa presenza, frutto della reciproca e continua
carità, alimentata e ricostruita ogni giorno fra i vari
componenti la famiglia, garantisce anche laiuto di
Gesù che si fa coeducatore nellesperienza
quotidiana nella casa.
- Gesù educa insegnando ad amare tutti.
L'amore è fattore di personalità. L'uomo nuovo nasce a
spese dell'uomo vecchio quando si vince l'egoismo con un
amore aperto sul prossimo e sull'umanità. I figli devono
"vedere" come vincere la richiesta di facili
appagamenti con l'impegno gioioso che scaturisce dal
servizio fatto agli altri. Scriveva Igino Giordani:
"Non basta salvarci noi, dietro le mura di una casa; bisogna
uscire da sè e salvare gli altri; la casa non è un ricovero
per scapparci dentro appena si può, pur essendo la famiglia
un modello di comunione; ma anche un punto di partenza,
un recapito" ( da "società cristiana",
edizione salesiana, pg. 154). Lamore donato
anche fuori casa - spesso dovuto alla capacità di condivisone
e di sacrificio - è modello di apertura danimo e
di superamento di egoismo.
Alcune annotazioni conclusive
"Tutti i genitori incontrano situazioni in
cui il comportamento dei figli interferisce con le loro vedute e
la loro personalità. In un rapporto - come quello fra genitori e
figli - il momento del conflitto coincide con il momento della verità;
esso si trasforma in esame dello stato della salute del rapporto
che può essere indebolito o rafforzato; è un momento critico
che può cagionare risentimenti difficili da dissipare o
apprezzamenti impensati. I conflitti possono allontanare le
persone o avvicinarle in una unione ancora più intima; essi contengono
il seme della distruzione e quello di una unità più
consolidata; possono fare esplodere guerre o generare una
comprensione reciproca ancora più profonda...Il conflitto non è
necessariamente un male: può essere salutare e condurre i vari
componenti la famiglia a scoperte e realizzazioni più autentiche
e più profonde" (Gordon, Genitori efficaci, ediz. La
Meridiana, Molfetta. Cit. da Italiacaritas, n° 5, pg 16-17).
"Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco,
tuo padre ed io, angosciati, ti cercavamo (Lc. 2,48). Una
frase tolta dalla storia di Maria e Giuseppe.
Una frase tolta dalla storia dell'uomo. Una frase molto
"umana" nel suo contenuto. Un rimprovero, ma prima di
tutto una manifestazione di sollecitudine. La paternità e la
maternità si esprimono proprio in questa sollecitudine.
Ed ecco un'altra frase tolta dalla storia di Giuseppe e di Maria:
"Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre
mio?" (Lc. 2,49). Queste parole sono state
pronunciate da Gesù, ma appartengono alla storia di Maria e di Giuseppe.
Nell'ambito della sollecitudine del padre e della madre si
dischiude nell'anima del bambino lo spazio del disegno che
proviene da Dio stesso: "io devo occuparmi...".
Beata quella paternità e quella maternità, beato quel genere
umano, che restituisce l'uomo a Dio: alla Paternità di Dio
stesso" (Giov. Paolo II°, cit. in Un anno insieme, 1987,
20/3).
"Se tra padre e madre cè tanto
affetto reciproco, i figli lo apprenderanno e lo stesso affetto
si stabilirà in loro. E se giunge anche per loro il momento di
essere genitori, sapranno bene cosa fare e come farlo. Voi, padri
e madri, siete gli unici in grado di aiutare i vostri figli a
realizzare lobiettivo fondamentale - amare ed essere amati
- per il quale sono stati creati. Insegnate ai vostri figli a
condividere: è qualcosa di molto buono e vantaggioso". (Madre
Teresa di Calcutta in "Slogans dellanima", ed.
Paoline, pg. 13)
"Dove comincia lamore? In seno alle
stesse famiglie. E come comincia? Pregando insieme. La famiglia
che prega unita, resta unita.
E se rimanete uniti, vi amerete mutuamente, così come Gesù ama
ognuno dei componenti la famiglia. Per poter amare abbiamo
bisogno di un cuore puro: ed abbiamo un cuore puro, se preghiamo.
La preghiera è un contatto ed una relazione con Dio: ascoltiamo
Dio nei nostri cuori e poi parliamo con Lui dai nostri cuori.
Ma dove nascono questo amore e questa preghiera? Nascono nella
famiglia. E se i membri della famiglia restano uniti, si ameranno
reciprocamente come Dio li ama individualmente".
Leducazione ha anche questa sorgente. (Madre Teresa, in
"Slogans dellanima",ediz.Paoline,pag.101).