Un'esperienza di fraternità e
dialogo in America Latina
Anche con i fondamentalisti?
di Francesco Ballarini
Non si può nascondere che il
problema più acuto che affronta l'ecumenismo è il rapporto con gli «evangelicali» -
neologismo coniato per denominare le nuove comunità cristiane, soprattutto
di stile pentecostale, sempre più in crescita nel mondo. La loro
mentalità in genere antiecumenica e spesso aggressiva verso le
chiese tradizionali e specie verso la chiesa cattolica, stanno
producendo, in queste ultime, chiusura e indurimento nei loro riguardi.
Eppure l'esperienza che presentiamo mostra che il dialogo
fraterno e possibile anche con loro.
Quali difficoltà?
Com'è noto, dei missionari
sparsi per il mondo (cioè quelle persone che hanno lasciato il
loro luogo d'origine per andare a portare il vangelo in altri
posti), il 50% sono cattolici e il 45% evangelicali. È questo uno dei motivi della loro
crescita. In America Latina
costituiscono ormai percentuali consistenti della popolazione. La
rivista tedesca «Der Spiegel» rilevava che solo nel ventennio
1965-1985 erano passati a far parte di queste nuove comunità il
15% della popolazione latinoamericana (più di tutti quelli che
si sono separati dalla chiesa cattolica in Europa nel tempo della
Riforma protestante), con punte per esempio del 30% in Porto Rico
o il 25% in Guatemala. Si sa
che in America Latina si trova metà della popolazione cattolica del mondo.
Ebbene, alcuni studiosi pensano che, continuando con questo
ritmo, in pochi anni metà dei
latinoamericani diventeranno evangelicali. La cosa più dolorosa, per le chiese
storiche protestanti, ortodossa, cattolica, è che queste comunità sono in genere
antiecumeniche. È molto difficile
un dialogo con loro poiché pensano che l'ecumenismo equivalga a
«negoziare» la verità, a barattare l'integrità del vangelo.
Credono che cercare di stabilire rapporti fraterni è soltanto sentimentalismo se non va
esplicitamente ed in modo «opportuno e inopportuno» accompagnato
dalla proclamazione della verità evangelica e dal rifiuto
dell'errore, per cui, ad esempio, diversi di loro considerano lo stesso
Consiglio Ecumenico delle Chiese qualcosa di diabolico. Inoltre, nella loro foga per affermare la
novità e la verità del vangelo, spesso sono molto duri verso le
chiese tradizionali, esprimendo in un linguaggio crudo le loro
accuse contro di esse, e a volte cadendo in espressioni
superficiali o unilaterali, o addirittura in giudizi ingiusti e
calunnie. Nonostante queste
ed altre difficoltà, non si può mai dire che il dialogo sia impossibile.
Lo Spirito Santo lavora intensamente dappertutto, cercando di
aprire varchi - spesso impensati o inaspettati - verso l'unita
della famiglia umana.
Un'esperienza significativa
Ce lo dimostra, nel nostro
piccolo, anche l'esperienza che portiamo avanti da decenni in Argentina.
Convinti - come dice l'enciclica sull'ecumenismo Ut unum sint
- che «credere in Cristo significa volere l'unità» (n. 9), i sacerdoti cattolici che da
noi hanno conosciuto in questi anni la spiritualità del
Movimento dei focolari hanno sempre avuto un'apertura ed un'attenzione
speciale verso l'ecumenismo. Di
fronte al notevole sviluppo degli evangelicali proprio nelle
nostre terre (una recente statistica indicava Corea e Argentina
come i due Paesi al mondo dove più crescono), ci siamo detti che
non potevamo cadere nella trappola di chiuderci e pagare con la
stessa moneta gli eventuali sbagli che avessimo trovato in loro.
La nostra «tattica» doveva essere l'evangelico «vincere il
male con il bene», salvare la carità al di là di tutto, riconoscerli fratelli anche
quando non trovassimo reciprocità... Solo che, come dicevamo, lo Spirito
«soffia dove vuole» ed abbiamo costatato quanto stia agendo
anche fra di loro. Abbiamo avuto modo di trovare parecchi pastori
e comunità evangelicali indirizzate da Dio verso la necessità di restaurare l'unità della chiesa. Basti come esempio, fra le
tante che abbiamo conosciuto, un'esperienza di uno di loro,
raccontata brevemente da lui stesso. «Vengo da una tradizione familiare
evangelica e molto anticattolica. Mio padre era un missionario inglese
che è venuto in Argentina ed
era molto 'combattivo' e polemico con i sacerdoti cattolici della
regione dove abitava. Confesso che per me era un piacere, ad
esempio quando facevo un viaggio in treno, sedermi accanto ad un
sacerdote, alzando un po' la voce per farmi ascoltare dagli altri
e discutere con lui su temi biblici. Questo era il mio contesto
di vita. Però lo Spirito Santo spesso ci 'rompe' dentro per
farci vedere con maggiore chiarezza quello che dobbiamo vedere.
Un giorno, camminando per una grande città argentina, passando
di fronte ad una chiesa cattolica, ho sentito un forte desiderio
e sono entrato chiedendo di parlare con il parroco. Mi ha fatto
passare nel suo studio e, con
sua sorpresa, gli ho detto: 'Vengo a chiedergli perdono'. Lui ha
pensato che forse non mi funzionava bene qualche rotella nella testa,
giacché non mi conosceva.
Allora gli ho spiegato chi ero e cosa aveva fatto lo Spirito Santo
in questi ultimi sette anni della mia vita. Come avevo lottato
sempre contro i cattolici pensando che con le loro tradizioni
avevano reso vana la Parola di Dio, senza accorgermi che anch'io
avevo delle tradizioni che non erano concordi col vangelo, e non
avevo vissuto l'amore verso di loro. Per cui venivo a dirgli: 'Mi
perdoni a nome della chiesa cattolica!'. Ci siamo inginocchiati
insieme ed abbiamo pianto. Dopo mi ha detto: 'Anch'io voglio che
tu mi perdoni, e mi raccontò
come lui si era sempre comportato con gli evangelici, mandando i
suoi giovani a tirare contro di loro pietre quando predicavano,
ecc. Poi ha aggiunto: 'Lei è
il primo protestante che mi ha mostrato un tale amore'. E mi
chiese di raccontare la mia esperienza a un gruppo di sacerdoti
che in quel momento si trovavano 1ì. Erano una trentina. Inoltre mi disse che
voleva presentarmi anche al vescovo. Uscendo mi dicevo: 'Signore,
per tanti anni ho cercato di essere fedele alla verità e di fare
tante opere per te; adesso faccio questo passo e trovo un
sacerdote che mi apre le porte in questo modo... Sarà perché ho scoperto l'Amore?».
Dialogo della carità
Poco a poco abbiamo preso
contatto con altri pastori evangelicali che avevano la stessa esigenza
di cercare l'unità della
chiesa. Un gruppo consistente di loro faceva spesso degli incontri
nella cittadella di O'Higgins' o nel centro mariapoli di Buenos
Aires, trovandosi bene nel clima spirituale e fraterno che li
accoglieva. Man mano che ci
conoscevamo i rapporti sono cresciuti. Loro invitavano noi a
parlare alle loro comunità riunite, e noi li abbiamo chiamati
per dare la loro testimonianza nei nostri incontri per sacerdoti.
Al di la delle parole che ci dicevamo, edificava già di per sé la sola presenza reciproca e l'amore
evangelico con cui ci si rapportava. Nella parrocchia di uno di noi, ad
esempio, ogni mese la comunità si incontrava per scambiarsi le
esperienze su come aveva vissuto il vangelo. Lì, si sono potuti invitare dei membri delle
loro comunità per fare insieme qualche scambio. E questo già costituiva
un certo tipo di dialogo, perché mentre discutere sulle
tematiche teologiche che ci dividono è lavoro di specialisti, raccontarci come
abbiamo vissuto e testimoniato il vangelo nel mondo è qualcosa che tutti possiamo fare. Una gen2 si è fidanzata con un ragazzo battista. È stato un crescere in maturità
per entrambi, senza pretendere di «conquistare» o convertire l'altro.
Poiché il ragazzo non frequentava nemmeno troppo la sua chiesa,
lei la domenica andava prima a messa, e poi accompagnava lui al
culto, aiutandolo in questo modo a vivificare e riscoprire la
validità del cristianesimo e della sua comunità. Quando si sono
sposati hanno voluto fare il matrimonio in modo ecumenico.
L'hanno fatto in una chiesa cattolica, con una cerimonia
presieduta da uno dei nostri sacerdoti e con la presenza e
l'omelia del pastore evangelico. Prima ci si era messi tutti
d'accordo sui testi biblici da utilizzare e su come svolgere il
matrimonio. Non si è fatto
niente di speciale o spettacolare, ma c'era un tale amore fraterno
fra i due ministri e gli sposi, e si è creato un clima così bello fra tutti,
che dopo abbiamo saputo di persone lontane da ogni chiesa che
hanno avuto espressioni del tipo «se il cristianesimo è così,
io voglio avvicinarmi».
Difficoltà dottrinali
Ovviamente le differenze fra le nostre chiese rimanevano. È vero che molte di queste non sono di fondo, e più che teologiche sono di abitudini, di culture, di tradizioni che adesso non si capiscono. Comunque ci sono anche disuguaglianze di fondo. Ma il rapporto evangelico tra noi è più forte di ogni differenza. Si può sempre dire tutto, si può anche sbagliare, senza paura di offenderci. Se vedono che i focolarini hanno sviluppato più di loro l'esperienza e la comprensione di certi aspetti del vangelo, subito chiedono di andare a «ministrarli», cioè a parlar loro di quegli aspetti. E ascoltano con un'interesse e una umiltà che colpisce e che solo l'amore che hanno per il Signore può suscitare in loro. In diverse occasioni abbiamo visto insieme dei video con delle conversazioni di Chiara Lubich. Ricordo ad esempio quella sugli effetti della Parola di Dio vissuta. Quando abbiamo finito ci hanno detto: «Siamo pienamente d'accordo in tutto, non abbiamo una parola da aggiungere». A nostra volta noi impariamo molto da loro, ad esempio nell'ambito della preghiera, per il raccoglimento, la fede, la spontaneità con cui la fanno. Quella presenza di Dio che noi avvertiamo quando c'è una profonda unità fra di noi, con loro si sente soprattutto quando cominciano a pregare. In questo modo man mano ci si arricchisce con le tradizioni reciproche. Spesso loro ci domandano cosa vogliamo dire con delle espressioni che non capiscono e che noi usiamo correntemente senza badarci, e viceversa. O succedono episodi simpatici come il seguente: un giorno, in un incontro per dialogare su diversi temi fra pastori, sacerdoti ed alcune focolarine, uno di noi dice una frase che a loro è piaciuta molto. Un pastore allora esclama, volendo fare un elogio ma con umore: «Sembri un evangelico!». «Semplicemente un cristiano, spero», gli risponde il prete, e anche questa risposta ha suscitato ilarità ed approvazione in tutti. L'espressione che a loro era piaciuta, era una frase testuale del Concilio Vaticano II, quindi pienamente «cattolica», ma si avverte sempre nei nostri incontri che la sapienza e la verità evangelica stanno bene a tutti, vengano da dove vengano. Infatti uno dei loro leaders, in un'occasione, ci diceva: «C'è un tipo di ecumenismo che io chiamo 'della scopa', perché spazza tutto, relativizza tutto, vuol mettere tutto nello stesso sacco. Invece c'è un ecumenismo 'della calamita'. La calamita mette insieme solo ciò che è della sua stessa natura. Cosi l'ecumenismo che viene dallo Spirito Santo mette insieme soltanto ciò che ha la sua stessa natura, la verità è la vita autentica di Gesù». Un giorno abbiamo parlato di Maria. Lo abbiamo fatto raccontando loro la presentazione di Maria che avevamo trovato in Chiara, e che oggi è sempre più diffusa nella chiesa cattolica: come la prima discepola di Gesù, come colei che ci porta a «fare quel che Gesù ci dice», a diventare Gesù vivendo il vangelo, ecc. Ricordo che la volta seguente in cui ci siamo ritrovati, erano presenti altri pastori che non erano potuti venire nell'occasione precedente. Uno di loro, aggiornandoli di quello di cui avevamo parlato diceva: «Dovresti vedere come questa gente parla di Maria. È una gloria... Maria così l'accettiamo anche noi...».
Le «sette»
All'inizio questi pastori
soffrirono molto per questa loro apertura e fame di unità, poiché erano guardati con sospetto e
diffidenza dagli altri evangelicali. Alcuni di loro sono stati
espulsi dalle loro comunità. Una volta che ci avevano chiamato a
parlare a un congresso di pastori nel nord dell'Argentina, mentre
ci facevamo delle fotografie insieme, uno dei pastori ha detto:
«Se alcuni miei amici vedessero che faccio delle fotografie
assieme a dei preti cattolici, mi 'scomunicherebbero'!». Per il
fatto che uno di loro aveva dato al suo figlio il nome di
Giovanni Paolo molti ci vedevano una prova delle sue nascoste
«tendenze papiste» (mentre era un puro caso: quel figlio era
nato prima che esistesse un papa che portasse quel nome!). Due di
questi pastori amici sono andati a Roma per partecipare ad un
incontro ecumenico internazionale del Movimento dei focolari;
naturalmente gli altri hanno pensato che lo facessero, in
realtà, per trovarsi con il Vaticano e prendere degli accordi
per vedere come unire le loro chiese con Roma. E così via. Oggi
invece questa nuova mentalità dilaga nel mondo, non solo tra gli evangelicali,
ma anche in tutte le altre chiese che s'ispirano alla Riforma del
XVI secolo. Questi nostri amici ormai viaggiano tra i continenti
per fare incontri nazionali e internazionali. Lo stesso Spirito
sta smuovendo le acque in
tutto il mondo, spesso contemporaneamente e senza che ci siano
contatti ed accordi tra i vari gruppi. Dopo ci si trova, e si
vede che si coincide nella novità di vita, nella fame di amore
fraterno verso tutti e di unità in Cristo. Paradossalmente, un po' di difficoltà si
trovano, in questo momento, con la chiesa cattolica, dove c'è un
certo indurimento da parte di alcuni sacerdoti e vescovi,
preoccupati per i numerosi «cattolici» (in realtà più di nome
che di fatto) che passano alle nuove comunità. Uno di noi, a
pranzo da una bella famiglia di un pastore con cinque figli, si è sentito domandare con sgomento da sua
moglie, anche lei tanto impegnata nella propria chiesa: «Cosa
sta succedendo? Prima del Vaticano II eravamo eretici, nel Concilio siamo
diventati fratelli separati, poi semplicemente fratelli, e adesso
siamo 'sette'?». Alcuni di
noi stanno facendo da tramite tra quei pastori evangelici ed i
nostri vescovi perché possano magari trovarsi, conoscersi,
superare malintesi. Però una cosa ci siamo proposti: di non
chiamare «sette» queste comunità cristiane, per la carica
offensiva che la parola comporta. E tanto meno di farlo indiscriminatamente,
come consiglia un documento vaticano, il quale riscontra «talora
una tendenza a chiamare sette tutte le comunità cristiane che
non sono in piena comunione con la chiesa cattolica». Per cui
dato che «i termini 'sette' e 'culti' sono alquanto
dispregiativi e sembrano implicare un giudizio di valore
piuttosto negativo», il documento preferisce parlare di
mentalità o «spirito settario», che implica «un atteggiamento
d'intolleranza unito a un proselitismo aggressivo», il quale
può trovarsi in ogni gruppo, anche «nei gruppi di fedeli appartenenti
a chiese o a comunità ecclesiali».
Attività in comune
In una parrocchia cattolica
dell'estrema periferia di Buenos Aires, a uno di noi è venuta l'idea di organizzare, nella
mattinata del venerdì santo di quest'anno, un incontro di
preghiera insieme con un pastore della zona e la sua comunità.
L'abbiamo preparato insieme, sia nella scelta delle letture
bibliche e dei simboli, sia dei canti realizzati dai cori
giovanili delle due comunità. Riunirsi per ricordare la morte di Colui
che aveva dato la sua vita indistintamente per tutti e per unire
tutti, era rendere visibile la redenzione al di là delle differenze religiose, culturali e
storiche. C'è stato un
profondo clima di preghiera e di comunione. Si leggeva la gioia
nei volti di tutti. Dei giovani della comunità evangelica,
partendo, ci dicevano: «È
così bello quello che
abbiamo vissuto, che ci sentiamo come fossimo a casa nostra». Nelle settimane precedenti ci eravamo
trovati per preparare insieme i canti ed i commenti. Per cui la celebrazione è stata come l'espressione visibile di
un'unità costruita e
preparata insieme. Si direbbe che questi momenti di preparazione
siano più importanti ancora che gli stessi incontri, perché e 1ì che si stabiliscono i rapporti personali,
ci si conosce più in profondità, si esercita l'ospitalità e
l'accoglienza, si vive l'interesse per l'altro, per la sua
famiglia, per la sua comunità, ecc. L'ecumenismo e costruito
anche, e direi soprattutto, da questo cammino a volte lungo,
silenzioso, non appariscente, ma fecondo. Quei rapporti hanno fatto sì che, di fronte alle necessità createsi per il nuovo ospedale civile
aperto nella zona, nascesse una associazione di volontariato
ecumenico per l'assistenza agli ammalati. È già una grande cosa che non si dia l'anti-testimonianza
della divisione o addirittura della rivalità fra cristiani.
Abbiamo fatto un regolare statuto giuridico per
quest'associazione e stipulato una convenzione con l'ospedale. Si propone
l'assistenza gratuita agli ammalati che ne abbiano bisogno, senza
nessuna discriminazione religiosa o confessionale. Si avvera
almeno in qualche misura il sogno di uno dei pastori amici, che
una volta ci diceva: «Arriverà il giorno in cui potremo dire,
non 'questo te lo manda la chiesa tale', ma 'questo te lo manda
Cristo' ...».
Un'altra occasione favorevole
l'abbiamo avuta l'anno scorso, in occasione dell'anno internazionale
della famiglia. II Provveditorato agli studi di una città
periferica di Buenos Aires, ha convocato gli studenti, docenti e
genitori di tutte le scuole statali e private per celebrare la
festa della famiglia in un grandissimo parco. Nell'ambito di
questa festa era stato chiesto un momento di preghiera. Un
sacerdote focolarino, delegato dal suo vescovo, ha preparato e
realizzato insieme con alcuni pastori evangelicali della zona la
preghiera. L'atto ecumenico - breve ma intenso - ha impressionato
tutti, tanto che i giornali locali, riportando la cronaca di
questa giornata, elogiavano il fatto. II sindaco stesso della
città ringraziava, commosso, per questo momento di preghiera
vissuto insieme dicendo: «Oggi ho sperimentato che facciamo
parte tutti della famiglia dello stesso Padre che è nei cieli».
Anche con le chiese storiche
Un altro nostro sacerdote,
arrivando in una nuova parrocchia, si è accorto che tanti dei suoi giovani erano
fidanzati con ragazze di una vicina comunità cristiana
appartenente alla chiesa riformata. Così lungo questi anni sono
nate relazioni che si sono concretizzate piano piano, con espressioni
ecumeniche sempre più profonde. Quest'anno si è realizzato un corso ecumenico biblico,
svolto dal ministro riformato e dal sacerdote cattolico, nella
chiesa riformata, con la maggioranza dei partecipanti cattolica.
Si è anche messo in atto un
programma radio quindicinale preparato e mandato in onda insieme. L'anno scorso è avvenuto un fatto molto importante: la
visita alla comunità riformata da parte del vescovo cattolico
della diocesi. È stato un
momento storico per questa comunità. Una signora, ringraziando
il vescovo, diceva: «È la
prima volta che un vescovo cattolico mette piede nella nostra
chiesa; per me è una gioia grandissima
perché sono cadute tutte le barriere fra di noi e la sua
presenza ci ha fatti sentire uniti come mai». Ora insieme con il pastore di questa
comunità e con altri sacerdoti si sta lavorando per
concretizzare un desiderio che avevamo in cuore da tanto tempo:
la creazione di una casa che possa accogliere e accompagnare
ammalati di Aids nella fase terminale della malattia.
Formazione ecumenica
Logicamente i contatti ecumenici
non possono essere superficiali e confusionari, ma devono andare
avanti accompagnati da una formazione adeguata. In questo senso
ci è sembrata preziosa la
«Scuola d'ecumenismo» che si realizza regolarmente nell'ambito
del Movimento dei focolari nella cittadella di O'Higgins. Quest'anno è stato presente alla Scuola il vescovo presidente
del Segretariato di Ecumenismo della Conferenza episcopale
argentina. È rimasto fortemente
impressionato per il numero di partecipanti (circa 200) e per la
profondità dei contenuti proposti. Uno strumento formativo che ci sembra
molto utile, è il libro
d'introduzione all'ecumenismo che raccoglie le lezioni tenute in
quella Scuola durante i primi 10 anni, scritto da una focolarina
e da un sacerdote del Movimento. Ha avuto ampia diffusione non
soltanto in ambito cattolico ma anche nelle altre chiese
cristiane. Una prestigiosa rivista argentina, recensendo il
libro, ha scritto tra l'altro che esso offre «una breve
panoramica delle principali confessioni non cattoliche; su questo
punto gli autori hanno pienamente ragione quando affermano ciò
che spesso è dimenticato:
'Quando dei membri di una chiesa descrivono altre denominazioni
cristiane, dovrebbero farlo in modo tale che coloro che
appartengono a quella chiesa si sentano espressi pienamente, come
se fossero stati loro stessi a testimoniare la propria chiesa' ». Infatti quest'anno, in occasione della
Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani, il vescovo di una diocesi
dei dintorni di Buenos Aires estraeva ampi stralci del libro per
presentare le diverse chiese cristiane ai suoi sacerdoti e
fedeli, proponendo a tutti la sua lettura come strumento per la
formazione ecumenica.
Qualche prospettiva futura
Ad un nostro sacerdote è stato chiesto da parte del Segretariato di ecumenismo della conferenza episcopale, di collaborare nella preparazione della Settimana di preghiera dell'anno prossimo. Vedendo la cosa con altri sacerdoti del Movimento è venuto in luce quanto è importante che, oltre la Settimana di preghiera, si creino altri momenti dove le diverse comunità cristiane possano incontrarsi, conoscersi e comunicarsi le attività che ognuna sta portando avanti. Così sta maturando l'idea di realizzare una giornata comune dove ogni chiesa e comunità ecclesiale presenti quali iniziative di formazione e di studio, e quali azioni sociali sta mettendo in atto, di fronte alle molte forme di povertà e di emarginazione che ci interpellano quotidianamente, come, per esempio, la tossicodipendenza o il noto e doloroso fenomeno dei ragazzi della strada. Si sta pensando di vivere questa giornata in un clima di festa, invitando ogni denominazione a presentare alcune creazioni artistiche, teatrali o canore, come un dono che ognuna fa alle altre, manifestando così che pur nella diversità, è l'unico Spirito che ci unisce.