DIO È AMORE 

Chi compie il percorso di una esperienza cristiana sa che questa fa entrare in rapporto con le realtà divine come reltà concrete: l’esperienza vissuta genera, non solo sul piano vitale e intuitivo, ma anche su quello intellettuale e conoscitivo, una più profonda penetrazione delle verità della fede. Dice s. Anselmo di Aosta: "Chi non crede non comprende, perchè chi non crede non sperimenta e chi non sperimenta non conosce". Anche il Vaticano II° nella Dei Verbum (n° 8) dice che la penetrazione progressiva del mistero cristiano è dovuta anche alla "sapienza interiore derivante dall’esperienza spirituale dei laici ripieni dello Spirito di Dio".
(Ogni incontro porta a capire e sentire di più proprio per l’esperienza che si può fare della presenza del Dio vivo).

La "scintilla ispiratrice" prima e fondamentale di una autentica vita cristiana è trovare la sorgente di ogni cosa e ogni realtà: DIO. E a Lui fare riferimento.
Costruire la casa sulla roccia - come propone la suggestiva immagine del vangelo di Matteo - significa costruire su Dio. I cristiani poggiano la loro vita su Dio. Saper scegliere Dio e metterlo più coscientemente a fondamento di tutta la propria esistenza è il gesto più saggio che permette di realizzare una vita che non muore e piena di significato.

La novità che ci è stata data nel battesimo, senza che noi ne fossimo coscienti, deve balenare di fronte alla nostra vita in tutto il suo splendore.
"Quale grande amore ci ha dato il Padre, per essere chiamati figli di Dio e lo siamo realmente" (1 Gv. 3,1). Dio ci ama immensamente.
Quando queste parole le sperimentiamo - per un dono di Dio - come una freccia luminosa ed ardente che trafigge il nostro cuore, la nostra vita ne risulta ribaltata dalle fondamenta.
Se Dio ci ama, se Dio è Amore, allora non siamo più soli, e quel senso di orfanezza che tante volte può aver adombrato la nostra esistenza scompare d’incanto. Scoprire che Dio ci ama significa infatti scoprire che abbiamo un Padre nei cieli, che ci segue passo passo nella nostra vita. Perfino i capelli del nostro capo sono contati (cfr. Mt. 10,30).
Tutto quello che accade in noi e attorno a noi è da Dio voluto o permesso per il nostro maggior bene. Tutto è avvolto e sostenuto dall’amore di Dio. Anche gli avvenimenti imprevisti e dolorosi della nostra vita acquistano un significato nuovo. Sono come delle divine "potature" per far crescere ed irrobustire in noi la vita di Dio.
La certezza che accompagna ogni attimo di esistenza è quella di sapere che siamo saliti nella mano di Dio (cfr. il salmo 18), che si è oggetto di un Amore infinito che caccia ogni paura, a cui si può affidare ogni preoccupazione. Sempre poi ci viene ricordato dalle vicende quotidiane (malattie, disgrazie, imprevisti, morti....) che tutto è precario e gli ideali terreni, anche nobili sono transitori. Aver incontrato Dio-Amore significa far nascere una nuova personalità di credente: quella che fa di Dio il perchè dell’esistenza, per non correre il rischio di illusioni che passano o di risultati vuoti di significato. Molte vicende ogni giorno ci fanno presente la precarietà e transitorietà di ogni cosa (come dire "tutto passa", "tutto muore") mentre Dio Amore emerge come la realtà più reale e vera di ogni altra realtà: su questo "sfondo" può nascere il desiderio ardentissimo - come avvenne nei santi - di essergli fedeli tutta la vita.

In ogni momento si può scorgere Dio presente dappertutto con il suo amore: nelle giornate, nelle notti, negli slanci, nei propositi, negli avvenimenti gioiosi e confortanti, nelle situazioni tristi, scabrose, difficili.
La sua presenza è in ogni luogo ed è in grado di spiegare che tutto è amore: ciò che siamo e ciò che ci riguarda; che nulla sfugge al suo amore, nemmeno gli sbagli commessi, perchè egli li permette; che tutto è avvolto - la chiesa, il mondo, l’universo - dal suo amore.
Tra le espressioni riassuntive dell’esperienza che gli apostoli hanno fatto con Gesù, dalla loro chiamata fino all’invio missionario nel mondo, c’è quella della prima lettera di S. Giovanni: "E noi abbiamo creduto all’amore" (1Gv. 4,16)

Ho saputo della morte di un seminarista, molto dotato, una persona piena di vita: è entrato all’improvviso in coma. La madre si è spaventata, vedendolo in quello stato: ed egli raccogliendo tutte le sue forze le ha detto, come sua ultima parola: "Donami al mio Dio"

"Chi non ama non ha conosciuto Dio, perchè Dio è Amore".È l’affermazione che l’apostolo S. Gioivanni fa al culmine del secolare cammino della Rivelazione, durante il quale Dio ha ininterrottamente dimostrato all’uomo il suo amore.
È questo, l’amore, il significato profondo di tutti i suoi interventi nella storia di Israele, dalla elezione in Abramo all’Alleanza del Sinai, dalla sua costante presenza in mezzo al suo popolo al continuo riaccoglierlo dopo ogni infedeltà.
Anzi l’amore è il motivo della stessa azione creatrice, con cui Dio chiama l’uomo dal nulla all’esistenza e nello stesso tempo lo eleva alla più intima comunione con Lui.
L’amore di Dio - di cui particolarmente i profeti hanno evidenziato la grandezza, l’intensità, la longanimità - raggiunge il vertice della sua comunicazione nel dono del Figlio e dello Spirito: il Figlio Unigenito, "che è nel seno del Padre", fattosi uomo, lo ha manifestato tra gli uomini in tuta la sua vita, fino a morire sulla croce "perchè noi avessimo la vita" (1 Gv. 4,9); e lo Spirito Santo, mediante il quale "l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori" (Rom. 5,5), continua ad attestarlo.
Giovanni, il discepolo amato, il testimone oculare di questo amore, nell’affermazione "Dio è Amore" esprime, con estrema concisione e insuperata evidenza, l’esito di quanto egli ha contemplato nelle molteplici manifestazioni che Dio ha fatto del suo amore attraverso la storia, che è storia di salvezza, fino alla pienezza dei tempi, quando nel Cristo lo ha reso supremamente visibile e tangibile. (cfr. Spicq, La parola Amore nel N.T., pg. 274).
Dio infatti rivela agli uomini chi Egli è in ciò che Egli fa.

"Dio mi ama immensamente", Dio ti ama immensamente", Dio ci ama immensamente" è il messaggio vivo di sempre, ma particolarmente necessario oggi in un ambito in cui si vive come se Dio non ci fosse, con una mentalità più attenta alle suggestioni televisive che non alla ricerca del senso della vita, dei valori che rimangono, della personalità cristiana.

Il riccio e la lepre volevano fare di corsa in un campo arato, tra i solchi. La lepre era sicura di vincere, ma ogni volta che giungeva alla fine del solco lungo il quale correva, il riccio era già arrivato. Il riccio era stato così intelligente da mettere la sua femmina dall’altra parte del solco: lui non si muoveva mai, mentre la lepre correva da morirne. Prendiamo questa favola ed immaginiamola come una vicenda con un solo personaggio: allora abbiamo di fronte a noi un’immagine dell’uomo moderno. l’uomo è a un tempo il suo punto di partenza ed il suo punto di arrivo, e fra sé e sé corre fino a morirne. Questa, disegnata in modo iperbolico, è l’immagine di colui che vive la sua vita a partire dall’io e in funzione del proprio io come se il trascendente non esistesse e che vive affidandosi unicamente a sè stesso.

Per questo il cristiano oggi "è scelto" per essere strumento del disegno di Dio sull’umanità.
Si potrebbe dire - come qualcuno ha affermato - che noi non avremmo senso nel mondo, se non fossimo una piccola fiamma di questo infinito braciere: amore che risponde all’amore.
Se Dio è Amore, anche noi, figli suoi, dobbiamo nella nostra vita essere amore, splendere nel mondo come piccoli soli accanto al Sole. Ci può essere avventura più meravigliosa di questa: quella di vivere come Gesù. da veri figli del Padre?
La comunità cristiana è l’unione di coloro che credono a Dio amore: sono poi uniti fra loro perchè - come promesso - il mondo creda all’amore del Padre per tutti. Se è giusto dire "Dio ti ama immensamente" è anche conseguente desiderare di affermare "Dio ti ama immensamente anche attraverso di me".
Tommaso da Celano, il primo biografo di S. Francesco, racconta che"quando Francesco sentiva l’espressione "amore di Dio" si commoveva e si infiammava, come se venisse toccata con il plettro della voce la corda interiore del suo cuore". E di lui ricordava: "Siamo come Maria, capaci di donare Gesù, quando lo portiamo nel cuore e nel nostro corpo per mezzo del divino amore" e "non si riteneva amico di Cristo, se non amava le anime che Egli ha amato" (vedi Fonti Francescane, colonne 68-69).

Ho incontrato una persona molto malata e poi l’ho vista morire. Visitandola alcune settimane prima della morte, l’ho trovata in compagnia di un’altra persona che le rendeva possibile il vivere. Questa malata non poteva più esprimersi, ma la sua compagna era la sua fedele "traduttrice". Posso dire di non aver mai visto nella mia vita una situazione in cui due persone vivevano - in forza dell’amore - un’unica vita.

In S. Francesco la sua vita brilla come un atteggiamento continuo di fiducia e di abbandono al Padre dovuto alla scoperta di Dio che è Amore. Dice: "Tu sei il bene, tutto il bene, il sommo bene, Signore Dio vivo e vero. Tu sei Amore, sei carità....Onnipotente, santissimo, altissimo e sommo Iddio, che sei il sommo bene, ogni bene che solo sei buono...Santissimo Padre nostro che sei negli angeli e nei santi, illuminandoli a conoscere che tu, Signore, sei luce; infiammandoli ad amare, perchè tu, Signore, sei amore; inabitando in essi, pienezza della loro gioia, perchè tu, Signore, sei il sommo ed eterno bene, senza il quale non vi è alcun bene.... Nient’altro dunque si desideri, nient’altro si voglia, nient’altro ci piaccia o soddisfi se non il Creatore e Redentore e Salvatore nostro, solo vero Dio che è pienezza di bene, totalità di bene, completezza di bene" .
Per questo s. Bonaventura, suo discepolo, si domanda: "Chi potrebbe descrivere degnamente il fervore di carità che infiammava Francesco, amico dello sposo? Poichè egli, come un carbone ardente, pareva divorato dalla fiamma dell’amor divino....tutto assorbito nell’amore di Dio si lasciava avvolgere da fiamme di carità che si espandevano in un incendio inesausto" (da Fonti francescane, colonne 60-62)

Perchè è amore, Dio è Padre. Perchè Padre, è provvidenza e misericordia.
Dio, che manifesta la sua paternità in innumerovoli modi, fa capire che dietro a tutto e a tutti, dietro a qualsiasi circostanza lieta o dolorosa della vita, c’è Lui che è Amore, c’è la sua Provvidenza che fa concorrere al bene ogni cosa per coloro che lo amano.
Se le preoccupazioni sono un inciampo all’amore, lo Spirito Santo deve insegnarci il modo di eliminarle e aiutarci a farlo. Ora, come non si può tenere su una mano una brace, ma la si scuote subito, perchè altrimenti brucia, così con la stessa sollecitudine, dobbiamo gettare nel Padre ogni preoccupazione. Ed Egli se ne prende cura. E noi impariamo ad entrare in un modo di vivere soprannaturale.

"Abbiamo bisogno di sentirci guardati e amati da Dio. E il sapere che ogni nostra preghiera di offerta o di ringraziamento, ogni parola detta proprio seguendo la sua voce, ogni mossa, ogni avvenimento triste o gioioso o indiferente, ogni malattia, tutto, tutto, tutto, dalle cose che noi diciamo importanti alle minime azioni o pensieri o sentimenti, tutto è guardato da Dio ci conforta, ci fa sentire in compagnia, anche se soli, e in compagnia soprattutto di quell’Unico che veramente ci importa" (cfr. De Cauusade, Il mistero della Provvidenza),
Dio che pensa agli uccelli dell’aria e ai gigli del campo, pensa anche ai suoi figli. 

Ma il suo amore paterno che provvede alle nostre necessità fin nei minimi particolari, arriva a colmare i vuoti più profondi, quelli scavati dal peccato. E si fa misericordia.
Il Nuovo Testamento dispiega tutte le tonalità dell’amore-misricordia del Padre: dal suo volgersi verso coloro che, nel mondo, sono i piccoli (Mt. 11,25), gli indigenti (Mt. 6,32), alla sollecitudine verso gli oppressi (Lc. 4, 18-19), fino ad andare incontro ai peccatori, al cercarli (Lc. 15, 4-7) o all’attenderli fiducioso per poi rallegrarsi e fare festa al loro ritorno (Lc. 15, 11-32). Commentando le parabole della moneta preziosa ritrovata e del figliol prodigo, alcuni affermano che "la rivelazione di Dio-Amore trova qui il suo punto focale ed il centro della sua massima concretizzazione" (cfr. nota in M. Cerini, Dio Amore, pg. 35).
La misericordia dunque dice tutta la gratuità e la sconfinatezza dell’amore di Dio, che per primo si muove verso l’uomo, per soccorrerlo e perdonarlo.
Il dono totale che Gesù fa di sè sulla croce fino a farsi "peccato" e "maledizione" ha annullato in Lui ogni nostra lontananza e ci ha riaperto alla comunione per sempre con Dio.
Con Gesù, che rende visibile l’amore del Padre, la misericordia si manifesta quale realmente è e continua ad essere nella storia: la potenza trasformante e creatrice dell’amore di Dio che ridona all’uomo tutto il suo valore e lo integra, rigenerando in lui la "nuova creatura", nella sua dignità di figlio.
L’uomo a sua volta, vivificato dalla misericordia, partecipe dello stesso movimento dell’amore misericordioso di Dio, è chiamato a imitare il Padre verso ogni prossimo che incontra: è l’amore che fa allargare le braccia agli ultimi ed ai peccatori pentiti. Un amore che non misura e non sarà misurato: abbondante, universale, concreto, mosso da sentimenti somiglianti a quelli di Gesù.
In Dio e nell’uomo la misericordia è il vertice e l’ultima espressione della carità, quella che la compie.
Scrive S. Massimo il Confessore: "Sarà Dio in somiglianza colui che, imitando l’amore di Dio per l’uomo, guarisce lui pure nel modo divino le sofferenze di tutti, amici e nemici, e nel suo comportamento dà prova della provvidenza salvatrice di Dio"