2004 IV DOMENICA D'AVVENTO/A

 

Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo.  Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto.  Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo.  Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati. Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: " Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio, che sarà chiamato Emmanuele", che significa "Dio- con- noi".  Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato langelo del Signore e prese con sé la sua sposa.

[Mt 1,18-24]

 

 

 

I brani biblici di questa domenica ci invitano a immergerci in un clima di attesa, l'attesa trepida di un lieto evento. Attesa che si protraeva da secoli in Israele e, inconsciamente, nell'umanità. Attesa che le promesse dei profeti (cfr. in particolare Is 7, 10-14: I lettura) alimentavano senza tregua e che si faceva sempre più ardente. Ora questa attesa è come tutta concentrata e palpita nel cuore di una giovane donna che aspetta il suo bambino. E sa che questo bimbo è unico, perché è l'Atteso, è il Dono che Dio nel suo amore ha preparato da sempre per tutti gli uomini. Così il Vangelo di oggi ci presenta appunto Maria: una madre in attesa. Non lavoriamo di fantasia se la immaginiamo tutta presa dalla Realtà che porta in sé, tutta attratta, calamitata dal Tesoro che è il Figlio stesso di Dio, nascosto nel suo grembo; tutta immersa nella Famiglia che abita in lei, cioè il Padre e lo Spirito che col Figlio sono inseparabilmente congiunti. Maria è, così, modello di quel "vivere dentro" a cui tutti siamo chiamati, reagendo alla facile tentazione di disperderci e ...dissiparci.

 

 In questo testo Matteo non si limita a narrare un fatto di cronaca, ma intende soprattutto mostrare alcuni aspetti dell'identità di Gesù. Chi è colui che Maria ci ha donato, colui che attendiamo nel Natale, colui che è già venuto, continua a venire e verrà?. La risposta dell'evangelista, molto densa e profonda, vuole illuminare e sostenere la nostra fede in Gesù:

- E' il discendente di Davide, in modo straordinario. Matteo ha fatto precedere il nostro brano da una lunga genealogia di Gesù: una lunga storia di salvezza che ha in Lui il suo punto di arrivo. Di questa storia Gesù è l'ultimo anello, ma non un anello "normale". Ne è il culmine. E viene da Dio. Non è un "prodotto" della storia. Attraverso Giuseppe è inserito legalmente nella discendenza di Davide. Il messaggio è chiaro: Dio è fedele al suo progetto di salvezza. Ciò che ha promesso mantiene. E' Gesù il Messia, cioè il Liberatore, annunziato dai profeti.

- La promessa di Dio, però, non si realizza mai alla lettera. Viene "compiuta", cioè viene attuata con una pienezza che nessuno poteva sospettare: Gesù è l'atteso, ma nello stesso tempo è imprevedibile, assolutamente nuovo. Questo intende dirci Matteo quando afferma che Gesù è stato concepito in modo verginale. Ciò è segno che il figlio di Maria è puro dono di Dio, un dono gratuito, solo dono, totalmente dono. Gli uomini non erano in grado di produrre quella meraviglia unica che è Gesù. Tale segno è nella carne. Il fatto, appunto, che Gesù sia figlio soltanto di Maria e non abbia un padre terreno è segno visibile che ha Dio solo per padre. A questo proposito basterebbe ricordare la tenacia con cui la Chiesa antica e i padri dei primi secoli hanno difeso l'articolo di fede "Nato dalla vergine", che per loro equivaleva a "Gesù è Figlio di Dio".

- Egli è quello che indicano i due nomi, ricchissimi di significato, a Lui conferiti: Gesù e Emmanuele.

"Lo chiamerai Gesù". Gesù = "il Signore salva". Più propriamente "Jahvé salva". Jahvé, il nome rivelato a Mosè, evoca il Dio che ha liberato Israele e lo ha guidato in tutta la sua storia. Significa "Colui che è" non solo nel senso che è la Realtà suprema, il vero Esistente,  mentre tutto il resto passa; ma soprattutto nel senso di "Colui che è con - per" il suo popolo. Indica una compagnia costante, una presenza indefettibile d'amore che soccorre in modo infinitamente efficace. Jahvé salva: questo verbo specifica e sottolinea con nuova forza quello che è già il contenuto del nome stesso di Dio. Il figlio di Maria è, quindi, la fedeltà incarnata di Dio, è l'espressione suprema dell'intervento di Dio nella storia. Ormai il Dio di Israele ha attuato il massimo della sua presenza salvifica, ha un volto d'uomo. E' in quest'uomo che si fa riconoscere e incontrare. L'evangelista precisa: "Egli salverà il suo popolo dai suoi peccati". Liberando dai peccati, che sono l'ostacolo alla comunione con Dio, apre la via all'incontro pieno con Lui: è una vita assolutamente nuova, è la salvezza integrale.

"Sarà chiamato Emmanuele", che significa "Dio - con - noi". Questo nome (cfr.ancora Is 7, 10-14: I lettura) riprende e chiarisce ulteriormente quello di Jahvé. Se Dio era sempre stato con il suo popolo, ora però in Gesù e attraverso di Lui Dio è presente e vicino come non lo era mai stato prima. Gesù è, appunto, "Dio con noi" non perché ci rappresenta Dio e ce lo annunzia, ma perché lo esprime in se stesso, essendo Dio e uomo nella stesso tempo. Tale presenza è definitiva e non ci sarà più tolta. Nelle ultime parole di Gesù risorto alla fine del Vangelo riecheggia il termine "Emmanuele": "Io sono con voi tutti i giorni" (Mt 28,20). Vale a dire, in Gesù Dio è vicino, è presente per sempre e noi non saremo più soli. In Gesù Dio continua ad assicurare a ciascuno di noi: Io sono con te!

 

Questo brano di Vangelo ci ha presentato alcuni aspetti del mistero di Gesù: discendente di Davide, cioè il Messia promesso; figlio esclusivamente di Maria e quindi puro dono di Dio, suo Figlio; "Jahvé che salva", "Emmanuele". Ci mostra anche però la risposta umana all'iniziativa di Dio. Una risposta che Dio richiedeva per realizzare il "miracolo" di questo Bambino che accoglieremo a Natale.

Giuseppe, uomo "giusto", cioè retto, attento alla volontà di Dio, appena ha compreso che il Signore è intervenuto su Maria e se l'è "appropriata", pensa di non aver più diritti su di lei e si ritira in disparte, la "cede" a Dio. Una decisione dolorosa, un sogno infranto. Ma Dio attraverso l'angelo rivela a Giuseppe il suo progetto: che egli accolga Maria come sposa e faccia da padre (padre vero) al figlio di lei. E Giuseppe, con tutta l'esuberanza e l'ardore del suo cuore giovanile, aderisce prontamente al piano di Dio. La salvezza che Dio opera esige la risposta accogliente dell'uomo, che è appunto la fede. Di questa fede Maria e Giuseppe sono i primi e inseparabili protagonisti. Se Maria è proclamata "Beata la credente!" (Lc 1,45), Giuseppe più di chiunque altro condivide con lei tale beatitudine. In altre parole, il Figlio di Dio, Gesù, è un valore così totalizzante da polarizzare e impegnare l'esistenza intera di una persona: quella di Giuseppe, di Maria e di infinite altre persone, anche la mia, la tua... Sono tali persone che fanno la gioia di Dio e di cui Egli ha bisogno e si serve per portare avanti il suo disegno d'amore. Anche ciascuno di noi può essere, anzi è chiamato a diventare una di queste persone.

 

Nel prossimo Natale attendo qualcosa o Qualcuno? Dal Vangelo di oggi ho capito chi è? Quale aspetto della sua figura mi affascina di più?

Mi preparo ad accoglierlo con la fede sincera e il desiderio ardente di Maria e di Giuseppe?

Lui, il Salvatore, che cosa si attende? Quale passo concreto mi chiede di fare?

Anche se tutto non è chiaro, il Signore ripete anche a me come a Giuseppe: "Non temere", come dire "Ci penso Io. Fidati!".