ASSUNZIONE DELLA BEATA
VERGINE MARIA 2005
In quei giorni, Maria si mise in viaggio
verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda. Entrata nella casa
di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di
Maria, il bambino le sussultò nel grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo
ed esclamò a gran voce : “Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del
tuo grembo! A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? Ecco, appena
la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di
gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento delle
parole del Signore”. Allora Maria disse: “L’anima mia magnifica il Signore e il
mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua
serva. D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha
fatto in me l’Onnipotente e Santo è il suo nome: di generazione in generazione
la sua misericordia si stende su quelli che lo temono. Ha spiegato la potenza
del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha
rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni
gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote. Ha soccorso Israele, suo
servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva promesso ai nostri
padri, ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre”. Maria rimase con lei
circa tre mesi, poi tornò a casa sua.
[Lc. 1, 39-56]
La
festa dell’Assunzione di Maria al Cielo ha uno speciale sapore di famiglia: una
comunità di figli che si stringe affettuosamente attorno alla propria madre per
celebrare il suo destino glorioso. La nostra esultanza condivide l’esultanza
stessa di Maria. Il Magnificat - questo canto di lode riconoscente e di gioia
esplosiva - non è uscito dalle labbra di Maria soltanto nell’incontro con la
cugina Elisabetta. Ma durante la sua esistenza terrena non si è mai spento nel
suo cuore. E ora, in cielo, continua a risuonare con un’intensità superlativa.
Con Maria, trascinati nella sua lode gioiosa, cantano il Magnificat tutti gli
abitanti del cielo e ad essi si uniscono i credenti, ancora in cammino verso la
patria definitiva.
“Tutte
le generazioni mi chiameranno beata”. In comunione profonda con tutte le
generazioni cristiane del passato e con quelle che verranno, noi oggi -
attuando il suo annuncio profetico - proclamiamo beata Maria e facciamo nostro
il suo cantico di lode.
Può
essere utile coglierne il contenuto per gustarlo e pregarlo meglio.
Nella
prima parte del Magnificat domina il ringraziamento personale di Maria a Dio
perché l’ha scelta a essere madre del Messia (madre vergine!): “ha
guardato...ha fatto in me grandi cose”. Dalla sua esperienza personale, poi,
Maria passa a contemplare la salvezza che Dio ha cominciato a compiere in
favore del suo popolo e dell’intera umanità. Questa salvezza la descrive con
una serie di verbi al passato: il Signore “ha disperso i superbi...ha
rovesciato i potenti, ha innalzato gli umili, ha ricolmato di beni gli
affamati...ha soccorso...”. E’ un capovolgimento radicale della sorte degli
uomini, è il compimento delle promesse di salvezza fatte dai profeti. Tutto ciò
ha la sua origine nell’evento che si è compiuto in Maria, è legato al bambino
che lei porta nel grembo. E’ il Regno di Dio che comincia a realizzarsi. Maria
con un’audacia sorprendente e una incredibile carica di ottimismo e di speranza
lo annuncia come un fatto compiuto. In effetti, tutti i verbi indicano
un’azione come già avvenuta. Maria dice queste parole quando ha appena
cominciato a vedere l’opera di Dio (cioè la presenza del Figlio nel suo
grembo). Così la Chiesa proclama il Magnificat quando Cristo è risorto, ma
rimangono ancora gravi ingiustizie sociali e il male continua a imperversare.
Maria, e in lei e con lei la Chiesa, è talmente sicura che Dio porterà a
compimento l’opera iniziata da parlarne come di un disegno già realizzato.
C’è
una parola chiave con cui Maria interpreta la sua esperienza personale come
pure l’intervento di Dio in favore dell’umanità: “misericordia”, cioè la
tenerezza paterna e materna di Dio. Maria vede la sua esistenza e la storia di
tutta l’umanità come avvolte e percorse dalla misericordia divina. Il rapporto
di Dio con Maria si prolunga nella sua relazione d’amore con noi.
Le
parole iniziali riassumono in qualche modo l’intero canto dandogli una tonalità
di celebrazione (“l’anima mia magnifica = esalta il Signore”) e di esultanza
(“il mio spirito esulta in Dio mio salvatore”) che lo impregna dal principio
alla fine. Il senso è: tutta la mia persona, tutto il mio essere esalta il
Signore ed esulta, cioè fa salti di gioia, che non riesce a controllare. Danza
nel giubilo. Il motivo è Lui, il “mio Salvatore”. La gioia di Maria è
Qualcuno, il Signore.
Il
motivo della lode e del giubilo viene esplicitato:
*
“Ha guardato l’umiltà della sua serva”. Come spiega Giovanni Paolo II,
“la sua gioia nasce dall’aver fatto l’esperienza personale dello sguardo
benevolo di Dio su di lei, creatura povera e senza influsso nella storia”.
*
“Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente”. Le grandi opere di Dio si
riassumono in una sola: Gesù, di
cui Maria è stata scelta ad essere la
madre. Gesù nel suo mistero pasquale di morte e risurrezione. Le “grandi cose”,
allora, sono tutti gli interventi di Dio su Maria: dall’Immacolata Concezione
alla maternità divina...all’Assunzione che corona le opere di Dio in suo
favore.
L’Assunzione
è la Pasqua di Maria. La Pasqua di
Gesù: Gesù muore per amore e il Padre lo risuscita accogliendolo nella pienezza
della sua vita gloriosa. Così anche per Maria: anche lei fa l’esperienza della
morte. Una morte che , al di là delle cause naturali, è stata una morte
d’amore. Una morte accompagnata, e forse anche determinata, dal desiderio
struggente di raggiungere il proprio Figlio. Una morte così è il culmine della
maturazione nell’amore e segna per Maria il passaggio (=Pasqua) alla pienezza
della vita: con tutta la realtà della sua persona è accolta in Dio, nel vortice
d’amore della Trinità. Intimamente unita al suo Figlio risorto, lei pure
risorta. “Risplende la Regina, Signore, alla tua destra” (Sal. Resp.).
E’
la creatura perfettamente realizzata, nella quale sono espresse in misura
inarrivabile tutte le potenzialità che Dio ha racchiuso in una persona umana.
Essa sprigiona un fascino irresistibile. Se il cristianesimo è anche bellezza,
anzi soprattutto bellezza; se “il mondo sarà salvato dalla bellezza”,
Maria concorre in modo singolare a mostrare quest’aspetto essenziale del
cristianesimo.
Non si dà Figlio senza Madre: il
rapporto unico e irripetibile che Maria ha vissuto nella sua esistenza terrena
con Gesù è sfociato nella condivisione perfetta della gloria di Cristo.
Siamo
presi dalle vertigini se proviamo anche solo a immaginare la bellezza di Maria,
la sua gioia, ma anche e soprattutto la gioia della Trinità, che non si stanca
di contemplare il suo capolavoro, colei che è “il Paradiso di Dio” e
anche nostro. “Dio ha fatto un mondo per l’uomo viatore (=ancora in
cammino), questo nostro. Ha fatto un mondo per l’uomo beato, il paradiso; ma
ne ha fatto un altro per sé e gli ha dato il nome di Maria” (San Luigi
Grignion de Monfort). Certamente Dio
non ha bisogno di nessuno per essere felice: lo Spirito Santo - che è
l’abbraccio d’amore, l’unità perfetta tra il Padre e il Figlio - è la loro
gioia eterna e inesauribile. Ma sul versante umano Maria è la gioia di Dio e
nostra. E anche noi, come Lei e con Lei, siamo chiamati a essere il Paradiso di
Dio, la gioia del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.
Ma
non si dà la Madre senza i figli.
Maria è già ora quello che noi saremo. In lei la Chiesa intravede e quasi già
pregusta il proprio destino finale, il proprio futuro. In lei ha una fonte di
invincibile speranza, sapendo che Maria “con la sua materna carità si prende
cura dei fratelli del Figlio suo ancora peregrinanti e posti in mezzo a
pericoli e affanni, fino a che non siano condotti nella patria beata” (LG
62).
In
effetti, dire “Maria assunta in cielo” significa “Abbiamo una mamma in cielo”,
cioè in Dio (il cielo= Dio). In Dio noi siamo immersi. Maria quindi è presente
a ciascuno con lo sguardo di Dio, col cuore di Dio, con la potenza di Dio. Ecco
il fondamento della nostra confidente preghiera.
Una
Madre, poi, che non si stanca di indicarci la via per raggiungere la grande
casa paterna dove ci attende: credere (“Beata colei che ha creduto!”) e amare
(“Maria si mise in viaggio...”). Vivere quella fede e carità che sono
espresse nel Magnificat.
Recitare, cantare con Maria il Magnificat, in cui “traspare l’estasi del suo cuore” (GPII). Cantarlo con la vita. Essere il Magnificat, per cantarlo eternamente con Maria. E intanto scoprirla come compagna di viaggio, lasciandoci prendere per mano. Essere come un bimbo che mette la sua mano nella mano della mamma e qualche volta si fa anche prendere in braccio.