34 In
quel tempo, i farisei, udito che egli aveva chiuso la bocca ai sadducei, si
riunirono insieme 35 e
uno di loro, un dottore della legge, lo interrogò per metterlo alla prova36 :
“Maestro, qual è il più grande comandamento della legge? ”. 37 Gli
rispose: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima
e con tutta la tua mente. 38 Questo
è il più grande e il primo dei comandamenti. 39 E
il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. 40 Da
questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti”.
[Mt 22, 34-40]
Un
nuovo attacco a Gesù da parte degli avversari, in forma sottilmente polemica: “Maestro,
qual è il più grande comandamento della legge?”. I rabbini avevano
raccolto la legge di Mosè in 613 comandamenti: 365 in forma negativa (“non
devi”), tanti quanti i giorni dell’anno, ed erano considerati lievi. I
rimanenti 248, in forma positiva (“devi”), tanti quanti le membra del corpo
umano secondo la concezione di allora, ed erano ritenuti gravi. Con questi
numeri si voleva indicare simbolicamente che l’uomo nella totalità della sua
persona, nell’intero arco della sua esistenza e nello spazio della sua attività
deve essere tutto proteso verso Dio e pronto ad attuare la sua volontà,
espressa nella Legge. I maestri ebrei cercavano anche, nella serie interminabile
dei precetti, di individuarne uno che in qualche modo li riassumesse tutti e
così, osservandolo, si potesse osservare tutta la legge. Per es. il famoso
maestro Hillel, di poco anteriore a Gesù, aveva sintetizzato il contenuto della
Legge nel “Non fare al prossimo tutto ciò che è odioso a te...”.
Nella
sua risposta Gesù richiama due testi della legge di Mosè.
Anzitutto
Dt. 6, 5. Queste parole fanno parte della celebre professione di fede (“Ascolta,
Israele!”) che gli ebrei fedeli ancora oggi recitano più volte al giorno.
Quale risposta al suo amore Dio esige un amore personale e integro, senza
riserve: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua
anima e con tutta la tua mente”. Il “cuore, l’anima, la mente” non
designano tre facoltà differenti, ma l’uomo intero secondo dimensioni diverse:
il “cuore” è il centro profondo della sua persona, dove nascono gli affetti e
maturano le decisioni; l’ “anima” indica l’intera sua esistenza sostenuta e
permeata dal soffio vitale; la “mente” esprime la sua attività intellettuale.
Tutta la realtà dell’uomo, tutto il suo essere Dio lo vuole interamente ed
esclusivamente per sé. Basti ricordare il “Rendete...a Dio quello che è di
Dio” (Vangelo della scorsa domenica). “Questo è il più grande e il
primo dei comandamenti”. Tale affermazione di Gesù è incontestabile e
certamente condivisa dal suo interlocutore.
A
questo punto, però, aggiunge un testo che proviene da un altro
libro della Legge (Lev 19,18): “Amerai il prossimo tuo come te stesso”.
Gesù lega strettamente all’amore di Dio l’amore del prossimo. Dopo aver
affermato il primato indiscusso dell’amore per Dio, dichiara che il
comandamento dell’amore del prossimo è “secondo”, ma “simile
al primo”. Il primo non sta in piedi senza il secondo. Questo è la prova
che ami Dio, è il modo concreto di amare Dio. Sei sicuro di amare Dio con tutto
il cuore, se ami il prossimo come te stesso. Il credente non è più diviso fra i
doveri verso Dio (culto, preghiera, osservanza del sabato...) e il suo
comportamento nella vita familiare e sociale. Se vivo nell’amore le molteplici
forme della relazione col prossimo (cfr. es. I lettura), in uguale misura
cresce la mia relazione con Dio.
L’altro,
che è semplicemente e sempre un fratello, non è un muro o una porta chiusa fra me
e Dio. Ma una porta aperta, una via direttissima a Dio.
Non
di rado, forse inconsciamente, consideriamo sottratto all’uomo ciò che si dà a
Dio e sottratto a Dio ciò che si dà all’uomo. Come se Dio fosse antagonista
dell’uomo, e non invece Creatore, di cui ogni uomo è “immagine”, e Padre che
gode della concordia fraterna dei suoi figli.
Nell’unità
inscindibile che Gesù ha operato fra i due comandamenti si coglie la novità
evangelica. “Da questi due comandamenti dipende tutta la Legge e i
Profeti”. Vale a dire, tutta la rivelazione biblica ruota attorno a
questi due cardini e in essi viene riassunta.
E’
facile il richiamo alla “regola d’oro” enunciata da Gesù nel discorso della
montagna: “Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo
a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti” (Mt 7,12).
Gesù
ha dato compimento alla legge di Mosè (cfr. Mt 5,17), semplificandola e
unificandola nel duplice comandamento dell’amore. Ha cioè rivelato in modo
definitivo la volontà di Dio che consiste nell’amare Lui con cuore indiviso e
nell’amare il prossimo in modo attivo e disinteressato.
Ma
la novità e l’originalità di Gesù non sta soltanto nell’aver rivelato e
insegnato l’unità di questi due comandamenti. Sta anche nel fatto che nessuno
li ha vissuti così perfettamente come Lui. Mai sulla terra prima di Lui e di
sua Madre nessuno aveva amato Dio con tale pienezza d’amore. Mai aveva amato in
tale misura gli uomini. Mai prima né mai dopo.
Di
conseguenza amare per il cristiano, più che osservare un comandamento, è
imitare una persona, Gesù. E’ fare come Lui. E’ imitare il Padre (cfr. Mt 5,
43-48).
La
novità sta anche nel fatto che tale amore, impossibile alle sole forze umane,
il Padre e Gesù ce lo comunicano, donandoci il loro Spirito. Implorare da Dio
il dono dello Spirito Santo è chiedere tale capacità d’amare.
L’Eucaristia,
poi, è memoria e presenza dell’amore a Dio e agli uomini che Cristo ha vissuto
in modo supremo nella sua Pasqua. È da qui che attingiamo la medesima capacità
d’amare. L’Eucaristia è Gesù “pane
spezzato” per l’intera umanità.
Come Lui e con la forza dello Spirito Santo che Egli ci comunica, anche noi
siamo chiamati a diventare “pane
spezzato” per gli altri. È il tema
della Giornata Missionari Mondiale (ancora preparato da Giovanni Paolo II). Le
nostre comunità devono diventare sempre più comunità “dove la spiritualità missionaria, che
è comunione intima con Cristo, si pone in stretto rapporto con la
spiritualità eucaristica, che ha come modello Maria, Donna eucaristica.
Comunità che restano aperte alla voce dello Spirito e alle necessità
dell’umanità; comunità dove i credenti, e specialmente i missionari, non
esitano a farsi ‘pane spezzato per la vita del mondo’ ”.
“Estendi l’amore per tutta la terra, se vuoi amare
Cristo”
(s. Agostino). Annunziare il Vangelo è il primo atto d’amore, il più grande
dono e servizio che si possa offrire a ogni uomo.
Se non sei chiamato (non dirlo troppo in fretta!) a
impegnarti nelle parti geograficamente più avanzate, dove la Chiesa attraverso
l’ “esercito” pacifico dei missionari e delle missionarie combatte la “buona
battaglia” del Vangelo, puoi però e devi sostenere coloro che si trovano al
fronte.
I mezzi classici sono la preghiera, l’offerta al
Signore delle proprie sofferenze, l’aiuto economico. A questo proposito,
prova a chiederti: di fronte alla moltitudine di persone che soffrono la fame e
la sete fisica, la fame di verità e di felicità, posso avere la disinvoltura,
la tranquillità, la …faccia di contribuire con qualcosa che equivale al costo di
un gelato o anche di un pasto quotidiano? È pur vero che anche qui siamo in
prima linea nell’impegno di evangelizzare una società scristianizzata. Ma
l’attenzione d’amore al mondo intero è il segreto per ridare ossigeno e
freschezza a tanti cristiani e comunità cristiane, che rischiano di crogiolarsi
in problemi fasulli, e li rende più motivati e convinti nell’annunziare il
Vangelo lì dovunque si trovano.
Siccome
la parola “amore” è la più inflazionata e la più a rischio di essere intesa
equivocamente, verificheremo con serietà se la relazione fra i due amori
(distinti, ma non separati) verso Dio e il prossimo l’abbiamo chiara e ben
radicata.
Chiediamoci
spesso: in questo momento sono “pane spezzato”, cioè amo veramente o mi sto
illudendo di amare? Preferisco realmente
Dio e Gesù a tutto il resto? Dio e Gesù sono realmente il mio tesoro più
caro? Amo concretamente il prossimo, vale a dire voglio il suo bene e lo
compio, direttamente o indirettamente?
Ogni
sera proverò a ricordare se ho compiuto qualche atto di amore genuino a Dio e
al prossimo.
Proverò
a recitare lentamente l’ “atto di carità”, cercando di coglierne il significato
ed esaminandomi se sono sincero nel fare a Dio una tale dichiarazione d’amore.
“Mio
Dio, ti amo con tutto il cuore sopra ogni cosa,
perché sei bene infinito e nostra eterna
felicità;
e per amor tuo amo il prossimo come me
stesso,
e perdono le offese ricevute. Signore, che io
ti ami sempre più”.