XXVIII DOMENICA T.O.A

 

   1   In quel tempo, rispondendo Gesù riprese a parlare in parabole ai prìncipi dei sacerdoti e agli anziani del popolo e disse2 : “Il regno dei cieli è simile a un re che fece un banchetto di nozze per suo figlio. 3 Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non vollero venire. 4 Di nuovo mandò altri servi a dire: Ecco ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e i miei animali ingrassati sono già macellati e tutto è pronto; venite alle nozze. 5 Ma costoro non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; 6 altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero.

   7 Allora il re si indignò e, mandate le sue truppe, uccise quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. 8 Poi disse ai suoi servi: Il banchetto nuziale è pronto, ma gli invitati non ne erano degni; 9 andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze. 10 Usciti nelle strade, quei servi raccolsero quanti ne trovarono, buoni e cattivi, e la sala si riempì di commensali. 11 Il re entrò per vedere i commensali e, scorto un tale che non indossava l’abito nuziale, 12 gli disse: Amico, come hai potuto entrare qui senz’abito nuziale? Ed egli ammutolì. 13 Allora il re ordinò ai servi: Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà  pianto e stridore di denti. 14 Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti”.

[Mt 22,1-14]

 

Il regno dei cieli è simile a un Re che fece un banchetto di nozze per suo figlio”.

I profeti (cfr. in particolare Is. 25, 1-10: I lettura) avevano annunciato e descritto l’intervento definitivo di Dio nella storia con l’immagine di un banchetto, a cui sarebbero stati invitati tutti i popoli. Questa festa conviviale simboleggia la salvezza che sazia sovrabbondantemente la fame e la sete dell’uomo (“cibi succulenti, vini raffinati”). Simboleggia la gioia ( “il Signore asciugherà le lacrime su ogni volto”) e il trionfo della vita (“Eliminerà la morte per sempre”). Soprattutto significa un profondo rapporto di conoscenza e amicizia fra colui che invita (Dio) e i suoi ospiti: “Egli strapperà il velo che copriva la faccia di tutti i popoli”. Nell’incontro con Dio verrà guarita la cecità spirituale che impediva agli uomini di riconoscere Dio e di scoprirsi fratelli.

Questa immagine del convito si ritrova nel Salmo responsoriale (Sal. 23) dove esprime un rapporto di  intensa familiarità e intimità personale del fedele col suo Signore: “davanti a me tu prepari una mensa...il mio calice trabocca”. La sicurezza e la gioia caratterizzano tale esperienza: “Felicità e grazia (= l’amore di Dio) mi saranno compagne tutti i giorni della mia vita”. La gioia e la grazia - personificate - sono le compagne inseparabili del credente.  E abiterò nella casa del Signore per lunghissimi anni (= per sempre)”. In questa casa è perennemente in corso il banchetto festoso di Dio con i suoi amici.

All’inizio della parabola Gesù evoca questo tema biblico, così ricco di significato, e rivela che l’annuncio di Isaia si compie.

Di più, questo banchetto viene specificato come una festa di nozze: altra immagine profetica (cfr. Os. , Ger., Ez. etc.) per indicare la salvezza messianica. Gesù inaugura la festa del Regno, che è la festa delle nozze di Dio e di suo Figlio con l’umanità. Si noti la frequenza con cui lungo il brano ricorre la parola “nozze” (sette volte). Secondo il Vangelo c’è un’unica grande festa di nozze nella storia, un unico incontro nuziale, l’incontro di Dio con l’umanità. Questo incontro si realizza attraverso Gesù. Questo incontro è Gesù. Dio ha voluto stringere un’alleanza definitiva d’amore con la famiglia umana. Dio ha voluto sposare l’umanità. E’ questo l’evento nuziale per eccellenza e tutti gli altri rapporti nuziali traggono il loro significato, la loro bellezza e forza da questo incontro, che è stato celebrato in forma misteriosa e primordiale nel grembo della Vergine Maria ed è culminato nella morte - risurrezione del Signore. In ogni Eucaristia tale evento è reso presente e noi vi siamo coinvolti. “Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto, mentre lo sposo è con loro?” (Mt. 9, 15). Lo sposo è Gesù. Nell’inizio della parabola Egli annuncia l’avvenimento inaudito che sta accadendo: la comunione gioiosa e definitiva di Dio col suo popolo, anzi con l’umanità intera, attraverso il proprio figlio Gesù.

Il re “mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze...Di nuovo mandò altri servi a dire: tutto è pronto; venite alle nozze!”. Dio ripete le sue chiamate. Desidera che il suo invito venga accettato senza ritardi. Perciò invia ripetutamente i suoi servi (= i profeti, e in seguito i missionari cristiani, i messaggeri del Vangelo). E’ immenso, infatti, il suo bisogno di far partecipare tanti altri alla gioia sua e del Figlio.

La parabola sottolinea, in modo accentuato, il comportamento dei chiamati. Davanti a un’offerta così grande, davanti a un’opportunità così inattesa, essi reagiscono con la noncuranza e col rifiuto. Per loro vale di più attendere ai propri interessi. Altri, addirittura, respingono i servi e li uccidono, provocando l’intervento punitivo del re (allusione alla distruzione di Gerusalemme). E’ spontaneo il richiamo ai “vignaioli assassini” (parabola della scorsa domenica).

La parabola prende di mira i responsabili di Israele che si chiudono al Vangelo annunziato da Gesù, come poi il popolo nel suo insieme, che respingerà la predicazione dei missionari cristiani. Rifiutano  il tesoro e la perla” (Mt. 13, 44-46) che vengono loro offerti: atteggiamento strano, incomprensibile; miopia sconcertante. Quale delusione per chi ha invitato con tanto amore!

Ma la festa si farà: la risposta negativa dell’uomo non può arginare il flusso dell’amore di Dio che vuole dilagare dovunque e fare tutti felici. “Andate ora ai crocicchi delle strade...Quei servi raccolsero quanti ne trovarono, buoni e cattivi, e la sala si riempì di commensali”. I nuovi invitati sono i peccatori e le varie categorie di esclusi che accolgono Gesù e si legano a Lui. Sono poi i pagani che entreranno in massa nella Chiesa. Sono, ancora oggi, tanti che per vie diverse approdano alla comunità cristiana e si ritrovano nella grande “sala” dove si celebra la festa dell’amore. La storia sembra concludersi lietamente.

 

Ma ecco, inaspettatamente, la scena conviviale si tramuta in una specie di tribunale e il re diventa giudice.

Non basta essere invitati, aver accettato l’invito, partecipare alla festa (cioè ritrovarsi nella Chiesa grazie al Battesimo), per essere salvi definitivamente. Bisogna rispondere a certe esigenze di “comportamento” richiesto dal Vangelo, per poter sedere a mensa nella casa del Signore (cioè già ora nella Chiesa e poi eternamente nel grembo della Trinità). La condizione è la “veste nuziale”, senza la quale si è esclusi dalla salvezza, precipitando nelle “tenebre” della perdizione eterna. La veste (cfr. Apc. 19,8) simboleggia la fedeltà a Dio nel compiere la sua volontà, in particolare le opere dell’amore fraterno (cfr: Mt 25, 31-46).  Corrisponde ai “frutti” nella parabola dei vignaioli omicidi. E’ spontaneo richiamare la veste bianca ricevuta nel rito del Battesimo (simbolo della realtà nuova e dell’appartenenza a Cristo, con l’impegno di imitare il suo stile di vita): “portala senza macchia per la vita eterna”.

La parabola mostra la stupidità e incoscienza degli uomini che, davanti a un invito così fantastico, lo rifiutano e così rifiutano la felicità. Sotto questo profilo la parabola non mi riguarda?

Dall’altra parte, mette in luce l’inesauribile tenacia di Dio che porta avanti il suo progetto d’amore: la festa si fa lo stesso.

 

Nella Chiesa questa festa è in corso e diventa particolarmente intensa nell’Eucaristia domenicale. “Noi cristiani celebriamo come una festa solenne la vita intera” (san Giovanni Crisostomo).

Tutto è pronto: venite alle nozze!”. Questo appello, che risuona sempre nuovo per noi credenti, ci provoca a ravvivare il nostro legame personale con lo sposo Gesù e a vivere l’esperienza cristiana come una “festa senza fine”.

 

La Chiesa esiste per ripetere a tutti questo annuncio e questo invito. Ogni cristiano è un “invitato” e insieme un “servo” che dice a ognuno: C’è una festa di nozze organizzata da Dio stesso. Anche tu, come me, sei invitato da Lui personalmente. Sei atteso. Non indugiare. Vieni! E’ la responsabilità missionaria, che anche in questo mese di ottobre ci viene richiamata.

L’appello che rivolgiamo - prima con la vita che con le parole - sarà efficace, se la festa ci riempie il cuore, brilla anche sul volto e risplende in tutto il comportamento. Se cioè chi ci incontra può vedere la “veste nuziale” che noi indossiamo.

Come ogni mattino mi metto il vestito, così devo ravvivare la fede e la carità. E questo soprattutto la domenica, quando partecipo all’Eucaristia e ne riparto con la veste ogni volta rinnovata dall’incontro nuziale col Signore e con la comunità dei fratelli.

Ogni domenica il “Venite alla festa” lo sentirò come l’invito personale che Dio mi fa a prendere parte all’Eucaristia. Preparerò con cura la mia veste nuziale (facendo atti concreti di fede e di carità) perché nell’incontro col Signore possa risplendere più nuova e più bella. Così la mia testimonianza di vita griderà  in modo efficace a quanti incontro il “Venite alla festa”.