XXVI DOMENICA T.O.A 2005

 

28 In quel tempo, disse Gesù ai principi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: “Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli; rivoltosi al primo disse: Figlio, va’ oggi a lavorare nella vigna. 29 Ed egli rispose: Sì, signore; ma non andò. 30 Rivoltosi al secondo, gli disse lo stesso. Ed egli rispose: Non ne ho voglia; ma poi, pentitosi, ci andò. 31 Chi dei due ha compiuto la volontà del padre? ”. Dicono: “L’ultimo”. E Gesù disse loro: “In verità vi dico: I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. 32 È venuto a voi Giovanni nella via della giustizia e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, pur avendo visto queste cose, non vi siete nemmeno pentiti per credergli.”

 

[Mt 21, 28-32]

 

Per comprendere questa parabola, occorre ricordare la situazione concreta che spinge Gesù a narrarla. I responsabili di Israele (sacerdoti e anziani del popolo) rifiutano Lui e il suo messaggio, appellandosi alla fedeltà verso la Legge. Invece  i “trasgressori” della Legge - cioè i pubblicani e i peccatori - ascoltano il suo annuncio e si convertono. Nel tempo, poi, in cui Matteo scrive il Vangelo, i giudei in massa rifiutano la predicazione della Chiesa, mentre i pagani l’accolgono.

La parabola mostra che i primi, mentre sono persuasi di essere fedeli alla volontà di Dio manifestata dalla Legge, in realtà rifiutano il suo disegno che ora si sta attuando in Gesù. In nome dell’attaccamento alla Legge, tradiscono Dio, che rivela la sua volontà definitiva in Gesù. Non è pensabile, infatti, che si possa dire di sì alla Legge e di no a Cristo. Essi, che erano considerati i maestri e le guide in Israele, avrebbero dovuto riconoscere la volontà di Dio che si manifestava nella predicazione di Giovanni Battista e poi in quella di Gesù, e avrebbero dovuto dare un esempio di accoglienza pronta e totale di tale verità. Invece, prigionieri della loro falsa sicurezza e autosufficienza, si rifiutano di convertirsi, diventando ribelli alla volontà di Dio. Rientrano, così, nella categoria rappresentata dal figlio maggiore della parabola.

Gesù delinea, appunto, due tipi diversi di risposta a Dio che rivela la sua volontà.

C’è l’adesione formale, piena di rispetto, del primo figlio che dice di sì all’appello del padre perché vada a lavorare nella vigna. Ma, poi, non attua l’impegno che si è preso. E’ l’atteggiamento religioso di chi professa la fede, recita il Credo, sa a memoria le verità rivelate e i Comandamenti. Ma sul piano delle scelte concrete non compie le opere che la fede richiede.

C’è anche l’altra categoria raffigurata nel figlio minore. Sono gli uomini e le donne che dicono di no, cioè non osservano la Legge (es. ladri, pubblicani, prostitute etc.), e vengono disprezzati e condannati dai primi.

Essi però hanno avuto la fortuna di incontrare Gesù, o meglio di lasciarsi trovare da Lui che li andava cercando. Il suo messaggio è certamente più esigente della Legge, perché chiede un radicale cambiamento di vita. Ma è incentrato nell’annuncio che Dio è Amore e quindi attende e desidera abbracciare i figli perduti. Per questo, scoprendosi amati, essi accolgono la volontà di Dio che Gesù rivela. Spesso chi ha sperimentato il freddo e il ...vuoto lontano da casa, sa scoprire e gustare la gioia del rientro in famiglia molto più di chi ci vive dentro in modo abitudinario e superficiale. Allora, se prima hanno detto no, ora dicono un sì pieno alla volontà del Padre. Questo passaggio dal no al sì è la “conversione”: “Pentitosi, ci andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre? Dicono: L’ultimo”.

Il Vangelo e la storia della Chiesa sono pieni di questi personaggi che si sono “pentiti”e hanno assaporato la gioia del perdono e della vita nuova (Matteo, Zaccheo, Maria Maddalena etc...io...tu?). Ognuno di loro ha attuato le parole del profeta Ezechiele: “Ha riflettuto, si è allontanato da tutte le colpe commesse: egli certo vivrà e non morirà” (Ez. 18, 25-28: I lettura). In tutto questo emerge ancora il tema della misericordia del Padre “sempre pronto ad accogliere pubblicani e peccatori appena si dispongono a pentirsi di cuore” (colletta della Messa). Egli è appunto “Colui che volentier perdona” e rivela “la sua onnipotenza soprattutto con la misericordia e il perdono”. La gente perduta questo lo ha scoperto, accogliendo la parola di Gesù, e quindi è stata capace di “pentirsi”. I “giusti” invece, osservanti meticolosi della Legge, ritenevano di non aver bisogno di conversione e si sono chiusi alla nuova volontà di Dio che veniva rivelata da Gesù. Allora coloro che, secondo la valutazione corrente, sono i primi, possono diventare gli ultimi di fronte al Regno di Dio che si fa presente in Gesù. “In verità vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio”. Il senso è: prendono il vostro posto e voi restate esclusi, fuori.

Andate anche voi nella mia vigna”. Questo appello, che ascoltavamo domenica scorsa e che doveva accompagnarci lungo la settimana, in questa domenica ci viene nuovamente rivolto, ma in una forma più calda e suadente: “Figlio, va’ oggi a lavorare nella vigna”. Qui non è un padrone, ma un padre che si rivolge al proprio figlio. Un appello estremamente personalizzato, con tutta la tenerezza che vibra in quel “figlio”. Si tratta di lavorare nella vigna del padre, nella vigna di famiglia. Colui che invita non dice “nella mia vigna”, ma semplicemente “nella vigna”, che è cioè proprietà nostra, comune. Oggi spendi il tuo tempo e le tue energie in questo campo che è la Chiesa e il mondo, cercando di capire qual è mio particolare disegno su di te. La luce per capirlo la trovi nel Vangelo interpretato dalla Chiesa, nei segnali che ti provengono dai fratelli e dalle situazioni che incontri. Il più delle volte comunque, tu scopri subito e con solare evidenza che cosa Dio vuole da te in questo momento. E la giornata è fatta di tantissimi momenti, di cui ciascuno è unico e irripetibile. Vuole che tu ami.

Il brano odierno di San Paolo (Fil 2, 1-11: II lettura) ci ricorda che il lavoro prioritario in cui impegnarsi senza tregua è la carità fraterna: l’accordo, la sintonia, l’unità in tutti i rapporti. Due vizi mortali la insidiano. Sono “lo spirito di rivalità”e la “vanagloria”. Come combatterli? L’arma decisiva è l’ “umiltà”.  Con essa si supera la vanagloria “considerando gli altri superiori a se stesso”. E si supera lo spirito di parte con la dedizione disinteressata agli altri. Modello e fonte di tale prassi è Gesù. Lui è il Figlio “obbediente fino alla morte”, il Figlio che è stato un sì totale e senza ombra di esitazione al volere di suo Padre (Fil 2, 6-11: II lettura).

Nella Chiesa molti cristiani dicono sì e poi fanno no. Ci siamo anche noi fra questi? Ci accontentiamo di una fede teorica, espressa magari anche in modo qualche volta gratificante durante la celebrazione domenicale, pensando che lì si esaurisce il compimento della volontà di Dio? Forse ci lusinghiamo con le belle parole, le cerimonie riuscite, i programmi pastorali bene elaborati, ma manca una ricerca seria, non priva di inquietudine, di ciò che Dio vuole oggi da noi e dalla nostra comunità, soprattutto sul piano della concretezza dell’amore? Assomigliamo al figlio maggiore che assicura il Padre “Sì, Signore (letteralmente “Io, Signore”: con compiaciuta consapevolezza della propria adesione a Lui)”,e siamo come chi “dice: Signore, Signore”, ma non fa “la volontà del Padre mio” (Mt 7,21)?

 

Siamo disposti a cercare e compiere la volontà di Dio, impegnandoci, a livello diocesano e parrocchiale, nell’attuare il piano pastorale di quest’anno?

 

Nella preghiera del mattino (“Ti adoro”) offriamo al Signore le azioni della giornata e chiediamo: “fa’ che siano tutte secondo la tua santa volontà”. E’ il primo “sì d’amore” che dico a Dio e che posso ripetergli molto spesso: ogni volta cioè che, scoprendo ciò che vuole da me nell’attimo presente, lo assicuro: “lo voglio anch’io” e cerco di attuarlo con perfezione.

Quando poi mi accorgessi che gli sto dicendo no, posso passare prontamente e nuovamente al sì. Allora l’intreccio fra il sì, che il Signore mi dice con infinito amore e fedeltà ininterrotta, e il mio piccolo sì, che tende a diventare sempre più costante e attento a Lui, renderà ogni giornata straordinariamente nuova e piena.

 

“Scelgo tutto quello che tu vuoi...Purché Egli sia contento, io sono al colmo della felicità” (Santa Teresa di Gesù Bambino).

“Dacci d’amarti, o Dio, non solo ogni giorno di più, perché possono essere troppo pochi i giorni che ci restano. Ma dacci d’amarti in ogni attimo presente con tutto il cuore, l’anima e le forze in quella che è la tua volontà” (Chiara Lubich).