XXI DOMENICA T.O.A2005
13 In
quel tempo, essendo giunto Gesù nella regione di Cesarèa di Filippo, chiese ai
suoi discepoli: “La gente chi dice che sia il Figlio dell’uomo? ”. 14 Risposero:
“Alcuni Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei
profeti”. 15 Disse
loro: “Voi chi dite che io sia? ”. 16 Rispose
Simon Pietro: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. 17 E
Gesù: “Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te
l’hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli. 18 E
io ti dicoTu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte
degli inferi non prevarranno contro di essa. 19 A
te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra
sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei
cieli”. 20 Allora
ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo.
[Mt 16,13-20]
Nell’itinerario formativo, che i discepoli
percorrono alla scuola di Gesù, questo episodio è di capitale importanza. Lo è
per Gesù stesso. L’entusiasmo della folla si è piuttosto raffreddato e molti,
anche aderenti, si stanno allontanando da Lui (cfr. Gv 6,66-71). Gesù desidera
“sbloccare” la situazione, puntando sul gruppo dei “fedelissimi”. Intende
esaminare, verificare il grado di maturità nella fede, che hanno raggiunto vivendo
con Lui, e provocarli a una più decisa presa di posizione nei suoi confronti.
E’ quanto vuol fare anche con noi, in particolare quando lo incontriamo insieme
nell’Eucaristia domenicale.
La prima domanda non è molto impegnativa. E’ una
specie di “sondaggio” di opinione: la gente cosa pensa, cosa dice di Lui? Non è
tanto interessato a sapere che cosa si pensa sul suo insegnamento, sulla sua
attività, ma su di Lui. Questo è decisivo per Gesù. Al centro non sta il
suo annuncio, ma la sua persona. La gente - così risulta da una facile indagine
-manifesta un’alta opinione su Gesù, nutre una grande stima per Lui. Ma
dimostra di non aver colto la sua posizione singolare, la sua novità e
originalità. Lo colloca infatti tra i grandi personaggi della storia religiosa
di Israele: un profeta...Giovanni Battista...Altri inviati di Dio sono venuti
prima di Lui, altri ne verranno. Uno dei tanti “grandi”, ma non l’unico. Un
sondaggio analogo, che noi potremmo tentare oggi tra la gente della nostra
città, del nostro quartiere, del nostro condominio, potrebbe dare un risultato
diverso?
A questo punto, Gesù imprime una svolta inattesa al
dialogo, ponendo ai discepoli una seconda
domanda, che è diretta, immediata, coinvolgente: “Voi chi dite che
io sia?”. Io chi sono per te, per ciascuno di voi, per la vostra
comunità? Non si può sfuggire al carattere personale di questa domanda e alla
sua forza di provocazione. Ognuno di noi è obbligato a interrogarsi nel suo
cuore, non accontentandosi di qualche formula imparata a memoria e ripetuta
meccanicamente, ma cercando invece di capirne il significato profondo.
La risposta che dà Pietro a nome dell’intero gruppo
è una stupenda confessione di fede sull’identità di Gesù: “Tu sei il
Cristo, il Figlio del Dio vivente!”. Pietro, e con lui i suoi compagni,
riconosce che Gesù ha con Dio un rapporto unico e originalissimo che mai nessun
uomo della storia ha avuto e avrà. Riconosce anche, di conseguenza, che quanto
Gesù ha compiuto e compie in favore degli uomini nessun uomo della storia è in
grado di fare.
“Il Cristo (=il Messia)”: l’unico,
ultimo e definitivo Re e Pastore del popolo di Israele, l’inviato da Dio per
dare a questo popolo e a tutta l’umanità la pienezza della vita. L’unico necessario, di cui tutti hanno bisogno.
“Il Figlio del Dio vivente”: Gesù ha
con Dio un legame che supera quello, già grande, che il Messia ha col Signore.
Egli stesso l’aveva già affermato (Mt 11, 25-27: XIV domenica) e Pietro gli fa
eco riprendendo anche la professione corale dei discepoli sulla barca in mezzo
al lago: “Tu sei veramente il Figlio di Dio” (Mt 14,33: XIX domenica).
La relazione filiale di Gesù con Dio è senza pari. L’espressione, come si trova
ora nel Vangelo, dopo cioè la risurrezione di Gesù, indica sicuramente la sua
realtà divina di Figlio di Dio in senso proprio. Capirlo è cadere in ginocchio.
Quella di Pietro non è una semplice dichiarazione, ma una scelta
entusiasta, un impegno deciso a seguire Gesù. Un gruppo sparuto di
uomini è arrivato a scoprire nel proprio Maestro il Salvatore promesso e atteso
da secoli. Una fede senza dubbio imperfetta e che avrà bisogno di fare ancora
molti passi. Gesù, però, non nasconde la sua soddisfazione, la sua gioia, e
proclama “beato” il suo discepolo. La fede è segreto e sorgente
di felicità (cfr. Lc 1,45; Gv 20, 29). In questa scoperta dell’identità di
Gesù, in questo passo decisivo che i discepoli hanno fatto - frutto di tutto un
cammino con Lui - Egli vede l’intervento gratuito del Padre: “né la carne
né il sangue (=le capacità umane) te l’hanno rivelato, ma il
Padre mio che sta nei cieli” (cfr. Mt 11, 25-27). Ogni progresso nella
fede, ogni atto di fede in Gesù è dono del Padre che ci “attira” a Gesù
(cfr. Gv 6, 44) e ci rende “beati”.
In risposta alla confessione di Pietro, ora Gesù a
sua volta rivolge a Pietro una parola che riguarda la sua persona e il compito
che Dio gli assegna. Prima lo ha chiamato “Simone”. Ma ora : “...io
ti dico: tu sei Pietro”. Gli dona un nome nuovo, che nella
concezione biblica indica una realtà nuova, una vocazione nuova: “Pietro”.
Non c’è dubbio che nella lingua aramaica parlata da Gesù il termine era
“Kepha”, cioè “roccia”. Nella Chiesa primitiva il capo degli Apostoli
era chiamato appunto “Kephas”cioè “la roccia” e anche “Petros”:
traduzione greca della parola aramaica “roccia” e trasformazione in nome
proprio. Segno che per i primi cristiani era importante non perdere di vista il
significato dell’appellativo dato da Gesù a Simone. L’affermazione di Gesù,
allora, doveva essere: “Tu sei roccia e su questa roccia edificherò
la mia Chiesa”. La “Chiesa” (traduzione di un termine ebraico) è l’assemblea,
la comunità convocata e riunita davanti al Signore col Messia Gesù (“mia”). E’
la famiglia di coloro che credono in Gesù come Pietro e insieme con Lui. Qui
viene paragonata a un edificio che Gesù innalzerà su un fondamento, la persona
di Pietro a cui Dio ha donato la vera confessione di fede.
Il fondamento roccioso assicura coesione, unità,
resistenza, durata all’edificio. Così Pietro con la sua presenza, con la sua
attività evangelizzatrice e di governo, ma in primo luogo con la sua
confessione di fede, col suo servizio di custodire e guidare la comunità nella
vera fede in Gesù, assicurerà alla Chiesa l’unità e la durata. Pietro non
opererà per virtù propria. Egli rappresenta (nel senso che “rende presente”) la
vera “roccia” e “pietra angolare” che è Gesù.
“Le porte degli inferi non prevarranno contro
di essa”. Le forze della morte e del “maligno”, la potenza del male e
della caducità, che travolge ogni realtà terrena, non demoliranno la Chiesa,
non l’annienteranno. Essa persevererà nella fede, nonostante tutti gli assalti
dall’esterno come pure le debolezze e defezioni dei suoi membri. Dio è fedele!
In questa promessa troviamo l’antidoto sicuro contro ogni forma, anche sottile,
di pessimismo e una sorgente inesauribile di speranza sul futuro della Chiesa.
Con una nuova immagine Gesù esplicita il compito di
Pietro: “A te darò le chiavi del Regno dei Cieli”. Pietro è
spesso raffigurato con le chiavi in mano. Non significa che a lui è dato
l’incarico di portinaio del Paradiso, ma che è posto nella comunità cristiana
come responsabile, amministratore e rappresentante del Padrone di casa (cfr. Is
22, 22; I lettura), cioè Gesù. In altre parole, è costituito “vicario di
Cristo”.
Segue una terza immagine: Pietro ha il compito di “legare
e sciogliere”. Nel giudaismo
tale espressione significa il potere di “vietare e permettere” o anche di
“accogliere nella comunità ed escludere, condannare e assolvere”. Pietro avrà
l’incarico di interpretare in modo autorevole e autentico la rivelazione di
Gesù. Questo insegnamento di Pietro è così vincolante che può escludere dalla
comunità quelli che non lo seguono e può riammettere in essa quelli che si
pentono. Gesù non abbandona la comunità dei credenti a se stessa, ma le dona
una guida dotata di grande autorità. Noi cattolici riteniamo che il servizio
affidato da Gesù a Pietro continua a essere esercitato dai Vescovi e in modo
speciale dal successore di Pietro, il Papa, col quale i Vescovi sono legati in
piena comunione.
Rivivendo la scena descritta dal Vangelo, ascolterò
la domanda che Gesù con tenera ostinazione mi pone: “Io chi sono per te?
Niente..qualcosa..qualcuno..o tutto, l’unico, la persona più cara?”Con la fede
di Pietro e di tutta la Chiesa gli risponderò: “Tu sei il Cristo, il Figlio del
Dio vivente!”. Glielo ripeterò più volte, rinnovando il mio patto d’amore con
Lui.