XIX DOMENICA T.O.A 2005
22 Dopo che la folla si fu saziata, subito
Gesù ordinò ai discepoli di salire sulla barca e di precederlo sull’altra
sponda, mentre egli avrebbe congedato la folla. 23 Congedata la folla, salì sul monte, solo,
a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava ancora solo lassù.
24 La barca intanto distava già qualche
miglio da terra ed era agitata dalle onde, a causa del vento contrario. 25 Verso la fine della notte egli venne verso
di loro camminando sul mare. 26 I discepoli, a vederlo camminare sul mare,
furono turbati e dissero: “È un fantasma” e si misero a gridare dalla paura. 27 Ma subito Gesù parlò loro: “Coraggio, sono
io, non abbiate paura”. 28 Pietro gli disse: “Signore, se sei tu,
comanda che io venga da te sulle acque”. 29 Ed egli disse: “Vieni! ”. Pietro,
scendendo dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. 30 Ma per la violenza del vento, s’impaurì e,
cominciando ad affondare, gridò: “Signore, salvami! ”. 31 E subito Gesù stese la mano, lo afferrò e
gli disse: “Uomo di poca fede, perché hai dubitato? ”.
32 Appena saliti sulla barca, il vento cessò.
33 Quelli che erano sulla barca gli si
prostrarono davanti, esclamando: “Tu sei veramente il Figlio di Dio! ”.
[Mt 14,22-33]
Gesù ha sfamato una moltitudine
moltiplicando cinque pani e due pesci. Questo miracolo straordinario ha
suscitato un’ondata di entusiasmo “messianico” tra la folla, col pericolo di un
movimento politico incontrollabile. Secondo il racconto parallelo del IV
Vangelo, Gesù intuisce che vogliono “prenderlo per farlo re” e allora “si
ritirò di nuovo sulla montagna, tutto solo” (Gv 6,15). Nel nostro testo, “subito
ordinò ai discepoli di salire sulla barca e di precederlo sull’altra
sponda”. Letteralmente: “costrinse” i discepoli, forse
già conniventi e complici nel tentativo di quanti macchinavano per eleggerlo
re. Poi, “congedata la folla, salì sul monte, solo, a pregare”.
Nella solitudine riempita dalla presenza di suo Padre e vissuta nel colloquio
con Lui, Gesù ritempra le forze e rigenera la propria adesione alla sua
volontà. E’ un modello, un richiamo per noi a ricercare spazi e tempi per stare
soli con Dio, come Gesù, che rivive l’esperienza di Elia sul monte Oreb (1Re
19, 9-13: I lettura): “Fermati alla presenza del Signore!”, non
lasciandoti inghiottire dal vortice delle cose da fare, che ti distraggono e ti
stordiscono. “Cinque minuti con Dio placano tante tempeste”.
Due scene si
corrispondono per contrasto. Nella prima, Gesù senza i discepoli, solo sul
monte in compagnia di suo Padre e immerso in Lui. Nell’altra, i discepoli senza
Gesù, soli con se stessi, sulla barca “agitata dalle onde, a causa del
vento contrario”. Non è difficile riconoscere qui un’immagine della
Chiesa in rotta di navigazione verso l’ “altra sponda” nel
mare tempestoso della storia. La Chiesa nel tempo della prova, quando si sente
aggredita dai flutti della persecuzione, dell’ostilità, dell’indifferenza alla
sua missione. Quando i cristiani avvertono tutta la fatica nell’esercitare il
“mestiere” di “pescatori di uomini” e si accontentano di “navigare a vista”,
senza il coraggio di affrontare il mare aperto, disattendendo così l’appello di
Gesù a “prendere il largo”. Quando, insomma, nella comunità cristiana la “missione”
sembra languire perché si è affievolita la “comunione” con Cristo e tra
fratelli. Quando la Chiesa sembra... abbandonata a se stessa, perché il suo
Signore, ormai salito al cielo, si è reso invisibile e...pare lontano, assente.
La barca in balia delle onde richiama anche simbolicamente l’esistenza di
una persona, di una famiglia, di una comunità. Quante volte forse - sotto
il peso di molteplici sofferenze fisiche e morali; scossi dal dubbio, dalla
paura del futuro, e anche dalla crisi di fede; stanchi di lottare nelle
“tempeste” della vita - abbiamo avuto come l’impressione che la nostra
“barca”stesse per colare a picco...!
“Verso la fine della notte Egli
venne verso di loro camminando sul mare”. Gesù non abbandona i suoi,
anche se essi lo pensano. “Viene”: come quando la sera di Pasqua,
dopo la prova estrema e tremenda della sua morte, incontrerà di nuovo i suoi
discepoli (cfr Gv 20, 19-26).
Non può stare senza di loro. Li
raggiunge in un modo strano e imprevedibile, camminando sulle acque. Nella Bibbia
l’acqua, soprattutto l’acqua agitata del mare, indica una forza negativa,
ostile a Dio e agli uomini, una potenza di morte. Soltanto Dio ha il potere di
padroneggiarla. Lui, il Creatore, il Signore e il Liberatore del suo popolo, “cammina
sul mare” (cfr Is 43,16;51,10; Sal 77,20-21; Gb
9,8.11). In tal modo Gesù mostra di avere lo stesso potere di Dio.
E’ quanto riconosceranno i discepoli, proclamando: “Tu sei
veramente il Figlio di Dio”. Ma per il momento i loro occhi sono
impediti dall’incredulità e lo scambiano per un “fantasma”, cioè
qualcosa di non reale, di inesistente, e si mettono a “gridare dalla
paura”. Ma Gesù rivolge loro la sua parola: “Coraggio, sono io,
non abbiate paura”. Un appello alla fiducia, che si fonda su una
assicurazione: “Sono io”. Con queste parole Gesù non
dichiara soltanto la sua identità per farsi riconoscere. L’espressione ha un
significato più profondo. Si può intendere “Sono io”, ma
anche “Io sono” e in tal caso richiama l’autorivelazione
di Dio a Mosè: “Io sono colui che sono” (Es 3,14). Colui che è la
suprema realtà in contrapposizione all’apparenza ingannevole e alla nullità
degli idoli. Colui che è qui con voi, per voi, presenza indefettibili d’amore.
Colui che c’è e vi salva
(Cfr. pure Is 43, 10-11; 44,6; 46,9).
“Non temete”: viene ripresa
l’esortazione iniziale (“Coraggio”) con un imperativo frequentissimo nella
Bibbia e abitualmente sulla bocca di Dio quando incontra gli uomini,
soprattutto quando affida loro una missione.
A questo punto Pietro chiede un altro segno
che convalidi il riconoscimento: “Signore, se sei tu, comanda che io
vengo da te sulle acque”. E Gesù: “Vieni!”. E Pietro
obbedisce iniziando la sua “passeggiata” sul mare e sfidando la violenza del
vento, partecipe della condizione stessa del suo Signore. E’ semplicemente
grandiosa e suggestiva la scena di Pietro che va verso Gesù, o meglio di Gesù e
di Pietro che si vengono incontro camminando sulla cresta dell’onda tempestosa,
dominandola. Finché regge, però, la fede dell’Apostolo. Finché la sua attenzione
è concentrata interamente su Gesù. Quando però comincia a ripiegarsi su se
stesso, quasi compiacendosi della propria capacità, e quando considera la forza
del vento, perde di vista il Signore e viene meno la fiducia totale in Lui.
Allora comincia ad affondare. Ma in questo frangente drammatico e
irreparabile, la fede di Pietro ha come un soprassalto e - raccogliendo tutte
le sue energie - si esprime nell’invocazione accorata: “Signore, salvami!”.
La medesima invocazione era già risuonata sulle labbra dei discepoli, quando,
ancora sul lago in tempesta, lo avevano svegliato mentre dormiva sulla barca: “Salvaci,
Signore, siamo perduti” (Mt 8,25). Il termine “Signore”, che ricorre due
volte nella preghiera di Pietro, evoca il Dio biblico a cui grida l’uomo che
sta sprofondando nelle acque, simbolo del male e della morte (cfr. Sal
69,2.15).
“E subito Gesù stese la mano, lo
afferrò”. E’ il gesto di Dio che salva. Cfr. es. Sal 18,17: “Stese la
mano dall’alto e mi prese, mi sollevò dalle grandi acque”. In Gesù Dio
continua a liberare i suoi miseri che lo invocano. A Pietro Gesù non risparmia,
però, un rimprovero: “Uomo di poca fede, perché hai dubitato?” Il
medesimo rimprovero lo aveva rivolto ai discepoli in occasione della tempesta
sedata (Mt 8, 26). Gesù “salva” Pietro e i discepoli “di poca fede”. Così la
comunità, superata la prova (“il vento contrario”), raggiunge la fede sicura ed
esplicita, che esprime in una confessione unanime e corale: “Tu sei
veramente il Figlio di Dio!”.
La Chiesa, raffigurata dalla barca che
porta i discepoli con Pietro e Gesù in mezzo loro, continua il suo cammino.
Quando però la prova la scuote, i discepoli sono invitati ad affidarsi al loro
Signore. Così la loro fede, purificata e affinata, salirà a un grado ulteriore
di maturità.
Ogni volta che mi troverò nella
“tempesta”, nei momenti di dubbio, di dolore, di solitudine, di fatica nel
credere e testimoniare la fede, ascolterò Gesù che mi assicura con voce
amica: “Coraggio, sono io, non avere
paura. Anch’io ho provato la solitudine e la paura, specialmente nell’ora
della mia passione. Ma ora - vivo e risorto - sono qui accanto a te. Unisci la
tua sofferenza alla mia, stringiti a me sulla croce. Sperimenterai con me la
gioia della risurrezione e della vita nuova”.
Con la mia attenzione concreta a chi
soffre e sta...affogando, permetterò a Gesù di dirlo anche a lui.
“Signore, salvami!”. Lo ripeterò
per me e anche per lui.