“Presto, andate a dire ai suoi discepoli: È risuscitato dai morti” [Mt
28,7]
Uscì allora Simon Pietro insieme all'altro discepolo, e si recarono al
sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l'altro discepolo corse più veloce
di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Chinatosi, vide le bende per terra,
ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro che lo seguiva ed entrò nel
sepolcro e vide le bende per terra, e il sudario, che gli era stato posto sul
capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte. Allora entrò
anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e
credette.
[Gv 20, 3-8]
Noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nella regione dei
Giudei e in Gerusalemme. Essi lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo
ha risuscitato al terzo giorno e volle che apparisse, non a tutto il popolo, ma
a testimoni prescelti da Dio, a noi, che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo
la sua risurrezione dai morti.
[Atti 10, 39-41]
La Pasqua per i credenti è la festa delle feste. E' la festa della vita.
La vita che non soltanto sfugge temporaneamente alla morte, ma riporta una
vittoria piena e definitiva sul "nemico ultimo" e inesorabile degli
uomini. Questa vita ha un volto, un nome: Gesù risorto, che continua ad
assicurarci "Io sono la risurrezione e la vita" (Gv
11,25). "E' risorto! E' vivo!".
Ecco l'annuncio che la Chiesa da duemila anni fa risuonare senza tregua in ogni
angolo della terra e che nei giorni di Pasqua ripropone con una gioia
incontenibile e un entusiasmo dirompente. Chi non lo avverte nelle celebrazioni
di questo tempo? "Vivo" non solo nel ricordo amoroso di una
comunità che si richiama in qualche modo a Lui. "Vivo" non
solo nei poveri in cui egli disse di identificarsi. Ma "Vivo"
Lui in persona, corporalmente vivo, con un cuore di carne che palpita per te,
per me oggi. "Vivo" in una umanità che, trasformata da Dio, ha
raggiunto la perfezione suprema.
Questo annuncio parla appunto di Gesù di Nazaret, che passò facendo del
bene a tutti, e che i nemici uccisero appendendolo a una croce, lo strumento di
tortura e di morte inventato dalla crudeltà umana per gli schiavi delinquenti.
Tutto pareva finito e le immense speranze accese da quest'uomo sepolte con lui.
Ma, ecco, l'incredibile è accaduto: "Dio lo ha risuscitato al
terzo giorno!". C'è chi lo ha visto. C'è chi lo ha incontrato vivo:
alcuni testimoni prescelti da Dio, i quali hanno "mangiato e bevuto
con lui dopo la sua risurrezione dai morti".
Questo annuncio oggi raggiunge noi con i nostri problemi, con le
nostre angosce e preoccupazioni. Se davanti a tale annuncio noi non ci
barrichiamo dietro le nostre false sicurezze, la nostra superficialità, la
nostra rassegnazione e il solito tran-tran; se riusciamo a non dire: "E'
troppo bello per essere vero", ma riconosciamo che "tutto è possibile
a Dio" e quindi "è bello perché è vero"; insomma, se lasciamo
che questa notizia "bomba" faccia breccia dentro di noi, allora l'
"incredibile" accadrà anche nella nostra vita. Questo annuncio
provocherà in noi una trasformazione interiore e nascerà l' "uomo nuovo".
L'uomo che ormai vede tutto con gli occhi nuovi illuminati dalla fede. E' come
se nella notte più buia scoppiasse una luce improvvisa e vedi tutto chiaro.
Come accadde ai due discepoli che il mattino di Pasqua si recavano alla tomba.
Correvano stimolati dall'inquietudine e spinti dall'amore, dalla ricerca. Ma
con tanto buio nell'animo, il buio dell'incredulità. Una volta, però, entrati
nel sepolcro, davanti a quelle bende che prima avevano avvolto il Crocifisso e
ora giacevano lì, afflosciate, nella stessa posizione; davanti al sudario che
rimaneva intatto, senza più fasciare il capo di Gesù, un'intuizione folgorante
si accende nel cuore del discepolo: "Vide e credette".
Potremmo intendere: cominciò a credere. Una fede che diventerà perfetta
la sera di Pasqua, quando il Risorto incontrerà i discepoli, i quali "gioirono
nel vedere il Signore".
Così per noi, se la fede pasquale nasce e cresce nel nostro cuore,
tutto l'orizzonte della nostra vita si illumina. Tu scopri, per esempio, che ha
senso fare della propria esistenza un servizio d'amore ostinato e costante come
ha fatto Gesù. Colui, infatti, che era morto per amore, Dio lo ha risuscitato.
Comprendi anche che, se Cristo è risorto, il dolore, le lacrime, gli affanni,
la pesantezza del lavoro, il fallimento che costituiscono la trama quotidiana
della nostra vita, tutto questo ha un significato, anche se nascosto, che un
giorno sarà svelato. Ma soprattutto scopri che l'enigma tragico della morte si
illumina da quando Lui, Gesù, l'ha sperimentata nella sua squallida e lacerante
realtà e l'ha trasformata in amore e quindi in via alla vita, alla risurrezione
per sé e anche per noi. Il suo destino è pure il nostro. Ecco dove riposa la nostra
invincibile speranza. Se attraverso Gesù Dio si è fatto vicino ai peccatori, ai
poveri, ai malati, ai falliti della storia; se l’amore di Dio per noi ha
raggiunto una misura inattesa e abissale nel dono che il suo Figlio ha fatto di
sé nella morte; ora che Gesù è risorto, questa vicinanza di Dio, questo amore
di Dio possiedono un’efficacia infinita e un’apertura universale. Nessun uomo,
che lo sappia o no, è sottratto a questa presenza amica, a questo abbraccio
d’amore da parte di Dio Padre e del suo Figlio che Egli ha risuscitato dai
morti. “Io sono con voi tutti i giorni” (Mt 28,20). Così continua
a ripetere il Signore risorto. Lo dice ai credenti che lo incontrano vivo e
operante nella Chiesa. Qui Egli ha la famiglia dei suoi intimi che lo
assicurano: “Noi siamo con te!” “Io sono con voi!” ripete a ogni
uomo e donna, mentre percorre instancabilmente tutte le strade, amico discreto
e silenzioso di quanti cercano un senso alla loro vita e di quanti hanno smesso
di cercarlo o non lo cercano ancora. “Sono con voi” ripete, mentre bussa
tenacemente alle porte di tutti i cuori nella speranza di essere accolto.
La risurrezione non è soltanto un avvenimento futuro che i cristiani
attendono con fiducia. Essi sanno di essere risorti con Cristo nel Battesimo
e di vivere già in comunione con Lui una vita nuova che attraverso gli
altri Sacramenti pasquali- la Riconciliazione e l'Eucaristia- viene
riversata e alimentata in loro. Sanno di essere la comunità di coloro che
"Dio è andato a cercare tra i morti per farne dei viventi"
(San Cirillo di Gerusalemme).
Il nostro cammino quaresimale ci portava qui, a incontrare il
Risorto, a sentirci scoppiare in cuore la gioia di essere risorti con Lui.
Ognuno può dire: io oggi "incomincio". Non importa se la vita
prosegue con le sue sorprese e difficoltà. Io però mi sento nuovo. Sento
che il Risorto cammina al mio fianco e io posso dialogare con Lui. E' il
Cristo giovane- duemila anni di storia non lo hanno invecchiato-, giovane come
il mattino di Pasqua, l'amico di ogni momento. Una presenza che non ci verrà
mai più tolta. E siamo sicuri che la mia vita, la nostra vita, non finirà in un
naufragio totale. Un'esperienza che attende di essere testimoniata con
coraggio, con entusiasmo. E' il dono più grande che possiamo offrire a ogni persona
e all'intera società.
Proviamo a ricuperare il senso dell'augurio che ci scambiamo in questo
giorno: "Buona Pasqua!". Pasqua significa "passaggio" dalla
morte alla vita. Quando dei cristiani, incontrandosi, si salutano con queste
parole, intendono dirsi quanto sono felici perché l'imprevedibile è accaduto:
cioè per Gesù si è attuato il passaggio dalla morte alla vita. Si comunicano la
gioia di una indicibile sorpresa, la gioia dei primi discepoli i quali non si
stancavano di dirsi l'un l'altro col cuore gonfio di emozione : "E'
risorto! Vive! Lo abbiamo visto! Io l'ho visto! Tu l'hai visto!". In
Oriente in modo più personalizzato, quando i cristiani si incontrano, uno
dichiara: "Cristo è risorto!". E l'altro risponde: "Sì, è
veramente risorto!".
Ma dicendo "Buona Pasqua" comunico anche al fratello, e lui a
me, la gioia di sentirci risorti con Cristo: Io sono risorto! Tu sei risorto!
Io sono passato dal torpore e dalla grettezza a un dinamismo nuovo, dalla
sfiducia al gusto e alla gioia di vivere, dalla morte alla vita. Questa gioia
ce la partecipa il Risorto. Chi più felice di Lui? Dopo l'angoscia e l'abisso
del dolore, sentirsi risvegliare alla vita e quale vita! Quale felicità! E'
commovente pensare alla gioia di Gesù, alla gioia di suo Padre che lo ha
risuscitato, alla gioia dello Spirito Santo "che dà la vita". Una
gioia a cui i Tre non potranno mai fare l'abitudine. Anche noi siamo chiamati a
condividere tale felicità. Il segreto? Incontrare Gesù e crescere nel rapporto
con Lui. E testimoniarlo a tutti con la nostra vita nuova, piena di gesti
d'amore e quindi di gioia. La gioia, infatti, è "amore in azione" (
Madre Teresa).
Narrano di San Serafino, un santo russo assai popolare, che molte
persone si recavano al monastero per confidargli le proprie pene. Il santo
usciva dalla sua cella, andava loro incontro sorridendo e ripeteva
semplicemente queste parole: "Gioia mia, Cristo è risorto!". La gente
tornava via risolta e felice.
Perché non essere così anch'io? Talvolta forse ti domandi chi può essere
la persona più felice nella tua parrocchia, nella tua famiglia, tra i tuoi
amici... E a te cosa manca per essere il più felice? Il segreto ormai lo sai.
"E' a Cristo che la Chiesa guarda...Nel volto di Cristo essa, la
Sposa contempla il suo tesoro, la sua gioia " (NMI 28). Gesù ci doni di
vivere un rapporto sempre più profondo e personale con Lui. Così, molti vedano
brillare sul nostro volto la luce, la bellezza, la gioia del Risorto e si
lascino catturare da Lui.