2005 IV DOMENICA del TEMPO ORDINARIO / A

 

1 In quel tempo: vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. 2 Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo:3 Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. 4 Beati gli afflitti, perché saranno consolati. 5 Beati i miti, perché erediteranno la terra. 6 Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. 7 Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. 8 Beati i puri di cuore, perché  vedranno Dio. 9 Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. 10 Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. 11 Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. 12 Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli".

[Mt 5,1-12]

 

All'inizio del Discorso della Montagna, dove Gesù mostra concretamente come vivono i suoi discepoli, incontriamo le Beatitudini, che sono il cuore della Buona Notizia e danno a tutto il discorso, e alla morale cristiana che esso contiene, un tono singolarmente gioioso.

Questo brano la Chiesa ce lo propone anche nella festa di tutti i Santi e, secondo la versione di Luca, in una domenica del Tempo Ordinario.

Gesù non comincia il suo insegnamento con un comando o un'istruzione, ma con l'annuncio di una felicità completa: cfr. il "Beati!" che risuona 9 volte come un ritornello martellante e quasi inarrestabile. Gesù sa che è questo il vero e principale problema di ogni uomo: il problema della felicità. E vuole assicurare che la felicità è possibile e offerta a tutti, nessuno escluso. Ma rivela anche il contenuto della felicità. Chi è felice? Chi è davvero beato? Chi è miliardario, chi ha successo, chi arricchisce ingannando, chi domina e assicura la sua vita schiacciando gli altri? C'è una via che porta alla felicità?

 La risposta di Gesù a tutti questi interrogativi spiazza e manda in tilt la mentalità corrente e le attese comuni.

Gesù nelle Beatitudini rivela il vero volto di Dio, il Padre. E' Lui e soltanto Lui che fa felici ("Consolerà, sazierà, userà misericordia" etc.) e la sua gioia più grande è quella di far felici. Per Gesù la felicità si trova nel rapporto col Padre, nella comunione con Lui. Ma chi può fare l'esperienza del rapporto col Padre e quindi della felicità piena? I poveri in spirito, i miti, i misericordiosi, i puri di cuore etc., coloro cioè che vivono come e con Gesù povero, mite, puro di cuore, misericordioso... Proclamando le Beatitudini, infatti, Gesù ci delinea il ritratto di se stesso e, su tale base, la fisionomia del  discepolo. Ma, prima ancora, Gesù intende offrirci un messaggio su Dio. Ci annuncia come Dio agirà nei confronti degli uomini. Ascoltando le Beatitudini, dovremmo, perciò, in primo luogo cercare di capire che cosa ci dicono su Dio. Per lo più noi siamo preoccupati di ciò che dobbiamo fare. Invece, prima ancora, dovremmo guardare a Dio quale Gesù ce lo rivela nella terza parte di ogni beatitudine, dove appunto con diverse immagini descrive il suo intervento in nostro favore. Solo perché Dio è quello che è e agisce per la nostra salvezza, Gesù può chiamare "beati" in senso pieno ( prima parte di ogni beatitudine). Essenzialmente il messaggio di Gesù è messaggio su Dio, nostro Padre, che ci dona la beatitudine, la quale consiste nella comunione con Lui.

Dio, però, ha voluto legarsi agli uomini con un rapporto di alleanza, che la Bibbia paragona al patto nuziale. Per questo, la sua azione che farà felici, e già ora fa pregustare tale felicità, suppone la risposta libera del partner umano. Sono gli atteggiamenti che Gesù descrive nella seconda parte di ogni beatitudine.

Anzitutto "i poveri in spirito". Ciò che li caratterizza non è semplicemente la mancanza di beni terreni, ma l'abbandono fiducioso a Dio e l'attenzione a compiere la sua volontà. Pur non disponendo di alcun potere, in realtà possiedono tutto, perché appartengono a Dio e si rifugiano tra le sue braccia. È la fisionomia dei veri credenti descritta dal profeta Sofonia (2,3, 3,12-13: I lettura): “Cercate il Signore voi tutti, poveri della terra, che eseguite i suoi ordini; cercate la giustizia, cercate l’umiltà…Farò restare in mezzo a te un popolo umile e povero: confiderà nel nome del Signore”. Questo ritratto spirituale dei “poveri del Signore” (che ci è offerto anche dal Salmo responsoriale) raggiungerà la sua perfezione in Maria e in Gesù. I “poveri in spirito sono soprattutto gli umili: riconoscono e sentono che dipendono da Dio, che senza Dio per loro non ci sarebbero vita e felicità. Hanno bisogno di Dio, perché l'hanno scoperto come l'Unico Necessario, l'Unico che basta, mentre tutto il resto si è come eclissato in confronto a Lui. Sono dei "mendicanti" che aspettano la salvezza soltanto da Dio. Aspettano con fiducia, tendono le mani per ricevere e Dio si dona ad essi ed essi lo accolgono con sconfinata gratitudine, abbandonandosi a Lui come bambini. Sentono di essere niente, ma un niente amato e riempito da Lui, come Maria - di cui Dio "ha guardato l'umiltà" -, come Gesù "umile di cuore" (Mt 11,29). Questa è l'essenza della fede. "Di essi è il Regno dei Cieli", cioè Dio stesso nel suo donarsi totalmente.

In quest’ottica si coglie anche la riflessione che s. Paolo indirizza ai cristiani di Corinto (1Cor 1, 26-31: II lettura). Nel chiamarli alla fede Dio non ha seguito i criteri della sapienza e della logica umana. In effetti, la maggior parte di loro proviene dalle classi sociali più umili e spregevoli. Non sono stati scelti perché nobili, colti, ricchi, potenti; ma per pura grazia di Dio sono stati inseriti in Cristo. Ciò rientra nel disegno di Dio il quale sceglie ciò che è debole, ignobile, disprezzato e…nulla, per confondere i forti e quelli che “sono”….  È per Lui che voi siete in Cristo Gesù”: voi, che non esistevate affatto agli occhi del mondo, ora siete, cioè esistete realmente agli occhi di Dio, in Cristo Gesù. “Il quale per opera di Dio è diventato per noi sapienza”, cioè in Lui si è attuato il disegno sapientissimo di Dio in nostro favore. Nel senso che Cristo è divenuto nostra “giustizia” (cioè in Lui da peccatori siamo diventati giusti), nostra “santificazione” (cioè in Lui abbiamo la sorgente della vita), nostra “redenzione” (in Lui siamo stati liberati dal potere del peccato e della morte). Sono esclusi perciò ogni vanto e ogni forma di autosufficienza. Non abbiamo da gloriarci per quello che siamo agli occhi degli uomini, ma per quello che gratuitamente siamo per l’unione con Cristo agli occhi di Dio. È la povertà-umiltà che fiorisce e gioisce sotto lo sguardo del Padre.

 

I destinatari delle altre beatitudini non fanno che esplicitare ulteriormente e prolungare in diverse direzioni la realtà dei "poveri in spirito", come pure le promesse contenute nelle altre beatitudini esplicitano la promessa essenziale della prima, quella del Regno.

I "miti": i non violenti, che rispettano pienamente le persone, che controllano ogni impulso di contraccambiare il male ricevuto. Miti come Gesù (Mt 11,29).

Gli "afflitti": quelli che soffrono per qualunque causa, ma soffrono davanti a Dio, sfogano la loro angoscia davanti a Lui, trasformano ogni dolore in un rapporto con Lui.

Gli "affamati di giustizia". La "giustizia" in Matteo indica il comportamento conforme alla volontà di Dio rivelata pienamente da Gesù. Quelli che hanno fame di giustizia sono quindi coloro che hanno un desiderio ardente di vivere nella fedeltà al volere di Dio che si trova espresso nel Vangelo.

I "misericordiosi": coloro che compiono gesti concreti di generoso perdono e di aiuto fattivo ai bisognosi (cfr. Mt 18, 33 e 25, 31-46).

I "puri di cuore": coloro che vogliono piacere a Dio e basta. Il cui cuore è sempre e tutto puntato su Dio soltanto.

Gli "operatori di pace": quelli che "fanno" la pace, per essa si impegnano concretamente e la costruiscono con tenace ostinazione a tutti i livelli.

I "perseguitati": coloro che, seguendo lo stile di vita sopra descritto, pagano un alto prezzo di sofferenza e, nonostante tale patire, rimangono fedeli.

 

E' facile riconoscere che gli atteggiamenti e comportamenti, che Gesù ha presentato come condizione per accogliere l'intervento di Dio e quindi essere felici, sono anche i connotati del suo discepolo e si riassumono nel "Beati quelli che credono! Beati quelli che amano!"

Se credi e se ami, tu possiedi il segreto della felicità.

 

- Il messaggio su Dio e su quanto vuol fare per noi, che Gesù offre nelle beatitudini, riesce ad affascinarmi e a farmi trasalire di gioia? Mi infonde speranza e suscita gratitudine?

- Lo prendo sul serio? In effetti, noi spesso in materia di felicità ci accontentiamo di poco, mentre Gesù sogna per noi una felicità a misura di Dio. Per questo le Beatitudini ci chiedono di convertirci, credendo a Gesù che ci rivela il vero volto di Dio e il vero contenuto della felicità.

- Mi ritrovo nella fisionomia del discepolo che viene tratteggiata nelle Beatitudini? Se sono vigilante, nell'arco di una giornata so cogliere l'occasione di vivere ora come  "povero in spirito", ora come "puro di cuore", ora come "misericordioso" etc, cioè di credere e di amare, in altre parole di comportarmi da Gesù e quindi di gustare con Lui le Beatitudini.

- Chi ci incontra vede brillare sui nostri volti il messaggio delle beatitudini?