2005 II DOMENICA dopo NATALE/A
1 In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e
il Verbo era Dio. 2 Egli era in principio presso Dio:3 tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui
niente è stato fatto di tutto ciò che esiste.
4 In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini;
5 la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non
l’hanno accolta. 6 Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era
Giovanni. 7 Egli venne come testimone per rendere testimonianza
alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. 8 Egli non era la luce, ma doveva render testimonianza
alla luce. 9 Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina
ogni uomo. 10 Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di
lui, eppure il mondo non lo riconobbe. 11 Venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto.
12 A quanti però l’hanno accolto, ha dato potere di
diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, 13 i quali non da sangue, né da volere di carne, né da
volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. 14 E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a
noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di
grazia e di verità. 15 Giovanni gli rende testimonianza e grida: “Ecco l’uomo
di cui io dissi: Colui che viene dopo di me mi è passato avanti, perché era
prima di me”. 16 Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e grazia
su grazia. 17 Perché la legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e
la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. 18 Dio nessuno l’ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno
del Padre, lui lo ha rivelato.
[Gv 1,1-18]
Che
cosa è stato il Natale per noi, per me? Solo o prevalentemente chiasso,
distrazione? Un momento di serenità e dolcezza sentimentale, ma senza un
coinvolgimento serio e profondo? Un evento che ha cominciato a cambiarci la
vita? Un incontro autentico con la persona del Salvatore Gesù oppure un dono
buttato via, un’occasione sprecata? Comunque sia, questa pagina di Vangelo,
unica e incomparabile, oggi ci offre la possibilità di rifare o fare per la
prima volta l’esperienza più vera del mistero natalizio.
Abbiamo
qui quasi una sintesi anticipata dell’intero Vangelo. Qui tutta l’attenzione è
concentrata sul Protagonista assoluto che è Gesù e sul dono della salvezza che
Egli offre.
Può
essere un esercizio utile cercare di comprendere, uno dopo l’altro, i titoli
che l’evangelista attribuisce a Gesù: “Gesù Cristo...il Figlio
Unigenito...Luce...Vita”. Ogni titolo ha un contenuto abissale. In modo
particolare: “il Verbo”, cioè la Parola. Perché Gesù è
chiamato così? Attraverso la parola noi comunichiamo con gli altri, ci facciamo
conoscere, realizziamo un rapporto, costruiamo un’amicizia. Così Dio ci ha
parlato e parla in diverse maniere: la realtà creata, la Legge di Mosè, i
profeti...Ma in modo perfetto Dio ci ha parlato in Gesù. Egli è la rivelazione
palpabile di Dio Amore. E’ la Parola ultima e definitiva con cui Dio si
manifesta, è il Rivelatore di Dio, la suprema Rivelazione di Dio.
Per questo è chiamato la Parola.
In
questa pagina Giovanni, il testimone oculare, ci narra l’avventura di Cristo,
Parola, Figlio di Dio, Luce...
Nello
stesso tempo ci confida la scoperta che egli ha fatto di Gesù, convivendo con
Lui. Una scoperta, un’esperienza che ha trasformato la sua vita e l’ha riempita
di significato. Tale scoperta, tale esperienza - che anche noi possiamo fare
interiorizzando questo brano di Vangelo - Giovanni la espone come in tre
momenti, in tre ondate successive, in tre cicli paralleli (vv. 1-5; 6-14;
15-18). In ciascuno di essi descrive lo stesso tema, riprendendolo, variandolo,
approfondendolo da un ciclo all’altro: la presenza del Verbo incarnato nel
mondo e il dono che ci offre.
-
Nel primo momento (vv. 1-5) l’evangelista contempla la vita del Verbo in Dio e
la sua relazione col mondo.
In
Dio: “In principio era il Verbo” (cfr. Gn 1,1). Quando non c’era
ancora nulla e Dio cominciò a creare l’universo, esisteva la “Parola”,
prima del tempo, da sempre. Esisteva non da sola, solitaria, ma in compagnia: “e
la Parola era presso Dio”, cioè accanto a Lui e distinta da Lui.
Propriamente: “rivolta verso Dio”, in una relazione d’amore. Ma ecco,
come il vertice di una spirale, una terza affermazione che toglie il fiato: “e
il Verbo era Dio”. Distinto da Dio, ma sullo stesso piano, di uguale
natura.
“Tutto
è stato fatto per mezzo di Lui”, dalla creazione del mondo a tutti gli
interventi di Dio nella storia. Dalle immense galassie al filo d’erba,
all’esistenza non solo umana, ma cristiana, tutto lo dobbiamo a Lui. In modo
speciale il dono della Rivelazione e della Vita: “In Lui era la vita e la
vita era la luce degli uomini”. In Lui, nel Verbo incarnato, c’è una
pienezza traboccante di vita e di luce, e tale pienezza è per tutti gli uomini.
La sua vita in Dio e con Dio non è rimasta nascosta ma si è rivelata e si è
comunicata: “la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno
accolta”. Si profila il dramma degli uomini che, dominati dal Maligno,
si ostinano a rifiutare la Luce. Il senso preferibile è : “le tenebre non
la vinsero”. Qui viene evocata la passione di Gesù. Ma anche la sua
vittoria sulla morte. Chi combatte Cristo non riuscirà mai a soffocare la Luce,
che è Lui, né a impedire che molti si aprano a tale Luce.
Finora
il linguaggio era generico, simbolico.
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Nel secondo ciclo (vv. 6-14) si fa più concreto: l’evangelista descrive il momento
essenziale dalla storia della salvezza, cioè la venuta del Verbo nel mondo.
In
questo Avvenimento c’è una preparazione: la testimonianza di Giovanni (vv.6-8:
cfr. II e III domenica di Avvento).
Si
afferma poi solennemente che “veniva nel mondo la Luce vera”.
Gesù è come un sole che sorge per ogni uomo della terra, illuminandolo e
salvandolo, se egli lo accetta. Ecco, appunto, il fatto tragico e
incomprensibile: il Verbo - che è Luce e Vita per gli uomini - è presente nel
mondo, tra i suoi (vv.10-11), e gli uomini, i suoi, lo rifiutano. Un paradosso
scandaloso che perdura.
Ma - e qui si coglie la gioia intima ed
entusiasta dell’evangelista - c’è chi ha risposto positivamente:
“A
quanti l’hanno accolto...a quelli che credono...ha dato il potere di diventare
figli di Dio”. Attraverso la fede si spalanca la porta a Cristo,
lasciandolo entrare nella propria vita, ed Egli fa un dono superlativo: ci
rende figli come Lui, ci comunica la sua realtà di “generato da Dio”.
Si
realizza così il disegno eterno di Dio che “ci ha predestinati a essere suoi
figli adottivi per opera di Gesù Cristo” (Ef. 1, 3ss: II lettura).
A
questo punto segue l’affermazione centrale (v.14), in cui si precisa il fatto e
il modo con cui il Verbo è venuto, cioè l’Incarnazione: “E il Verbo si
fece carne”. C’è una distanza abissale fra questi due estremi: da una
parte il “Verbo”, colui che da sempre era con Dio, Dio egli
stesso, creatore; dall’altra la “carne”, cioè l’uomo debole,
fragile e mortale. L’amore li ha congiunti.
“E
venne ad abitare in mezzo a noi”: “piantò la sua tenda”, si fece uno
dei miliardi di uomini che, come nomadi, sono passati e passeranno sulla terra.
Ma soprattutto nel senso che la sua umanità - come la “tenda” nel deserto e poi
il “tempio” - è il luogo della dimora di Dio tra gli uomini. Ormai Dio si fa
incontrare in quest’uomo, che è Dio stesso divenuto uomo. In Lui i credenti
possono riconoscere la sua “gloria”, cioè la sua realtà di Figlio
di Dio, “pieno di grazia e di verità”: Egli è tutto pieno del “dono
della verità”. Cioè Egli è tutto rivelazione ed è tutta la
rivelazione di Dio Amore.
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Nel terzo momento (vv.15-18) il Verbo incarnato è contemplato nella storia e
nella vita dei credenti:
“Dalla
sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto”. Come una sorgente inesauribile
e a getto continuo, Gesù offre i suoi doni: la rivelazione di Dio Amore e la
realtà filiale. Da tale sorgente noi riceviamo con un crescendo
inarrestabile. Ecco la grande “grazia” che rimpiazza e supera
quella “grazia”, quel dono che era la Legge di Mosè. E’ la grazia
della “Verità”, cioè della rivelazione su Dio Amore che Gesù
offre, che Gesù è: “Il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, Lui lo
ha rivelato”. In tutto il Vangelo noi abbiamo la fortuna di ricevere
tale rivelazione, diventando così sempre più figli di Dio come Gesù e con Gesù.
Poterla interiorizzare, avendone una comprensione sapienziale sempre più
profonda, è il dono immenso che con s. Paolo siamo invitati a implorare dal
Padre (Ef 1,3-18: II lettura) per noi e per gli altri.
E’
riuscito Giovanni a contagiarci un po’ della sua scoperta, del suo stupore
gioioso di fronte a tale Avvenimento?
E’ riuscito a comunicarci un po’ della sua “passione” d’amore per Gesù?
Questa
pagina, che contiene il succo di tutto il Vangelo, perché non proviamo a
leggerla, a rileggerla, a meditarla, scambiandoci poi fraternamente le
impressioni e i frutti?