1 In quel tempo, Gesù fu condotto dallo Spirito nel
deserto per esser tentato dal diavolo. 2 E dopo aver digiunato quaranta giorni
e quaranta notti, ebbe fame. 3 Il tentatore allora gli si accostò e gli disse: “Se sei Figlio di Dio, dì che
questi sassi diventino pane”. 4 Ma egli rispose: “Sta scritto: Non di solo
pane vivrà l’uomo, ma di
ogni parola che esce dalla bocca di Dio”. 5 Allora il diavolo lo
condusse con sé nella città santa, lo depose sul pinnacolo del tempio 6 e gli
disse: “Se sei Figlio di Dio, gettati giù, poiché sta
scritto:Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo,ed essi ti sorreggeranno con
le loro mani, perché non abbia a urtare contro
un sasso il tuo piede”. 7 Gesù gli rispose: “Sta scritto anche Non tentare
il Signore Dio tuo”. 8 Di nuovo il diavolo lo condusse con sé sopra un
monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo con la loro gloria e gli
disse: 9 “Tutte queste cose io ti darò, se, prostrandoti, mi
adorerai”. 10 Ma Gesù gli rispose: “Vattene, satana! Sta
scritto: Adora il Signore Dio tuo e a
lui solo rendi culto”. 11 Allora il diavolo lo lasciò ed ecco angeli gli
si accostarono e lo servivano.
[Mt 4, 1-11]
Il tempo di Quaresima, che nel suo duplice carattere "battesimale e penitenziale" è tutto proteso e polarizzato verso la Pasqua, ripropone al popolo cristiano un cammino impegnativo di conversione. Vale a dire, siamo chiamati a ritornare al Signore, concentrando la nostra attenzione su di Lui e scoprendo che Egli ci attende e ci guarda con infinita misericordia. Ma lo sguardo di Dio su di me (che grazia poterlo avvertire!) desidera incontrare il mio sguardo su di Lui. Se Dio mi guarda io non posso guardare altrove. E' questa, precisamente, la tentazione che subiamo di continuo: voltare le spalle a Lui per lasciarci catturare da ciò che non è Dio e non può assicurarci felicità e salvezza.
E' la tragica esperienza, fatta dall'umanità alle sue origini, che si prolunga nel corso della storia e nell'esistenza quotidiana degli uomini (Gn 2, 7-9; 3, 1-7: I lettura). L’uomo - che Dio nel suo amore ha “plasmato” per farne il suo capolavoro e ha posto in una condizione di felicità – fallisce miseramente: con l’ingratitudine più nera cade nell’infedeltà al suo Creatore e Signore. L’uomo e la donna cedono alle suggestioni del Maligno, che li porta a dubitare della parola e dell’amore di Dio, ritenendolo geloso della loro felicità e interpretando il suo comando come una minaccia alla loro autonomia e libertà. Vogliono fare di propria testa, decidendo essi ciò che è bene e ciò che è male e cercando di realizzarsi senza Dio e contro Dio. L’autore sacro, narrando col linguaggio delle immagini il peccato delle origini, descrive in definitiva la dinamica di ogni tentazione e la sostanza di ogni peccato che gli uomini compiono e moltiplicano nella storia. La conseguenza è un disastro senza proporzioni: “si accorsero di essere nudi”, spogliati di ogni dono di Dio, privati del rapporto di amicizia e di comunione con Lui, unica vera fonte di vita e di felicità.
Al racconto della Genesi si
riferisce san Paolo (Rm 5, 12-19: II lettura), che mette in contrasto parallelo
sia l’atteggiamento di Adamo e quello di Cristo, sia i risultati tanto diversi
del loro operato. La ribellione e disobbedienza del primo hanno causato
la separazione da Dio e la morte di tutti gli uomini, provocando il
moltiplicarsi dei peccati. L’obbedienza perfetta di Cristo, invece, ha
ottenuto a tutti la pienezza della grazia e della vita. L’opera di Cristo- cioè
la redenzione – non ha semplicemente “riparato” il danno prodotto da Adamo. Ma
ha “scatenato” la comunicazione “sovrabbondante” e senza misura dell’amore e
della vita di Dio. Nella presentazione dell’Apostolo il peccato con le sue
tragiche conseguenze diventa come lo sfondo su cui risaltano con maggiore
evidenza la vittoria di Cristo e il trionfo dell’amore gratuito di Dio. In
questa pagina di rara potenza sentiamo vibrare la commozione, l’entusiasmo, la
gratitudine di Paolo. Consapevoli di un dono così grande, riceviamo anche la
forza per percorrere l’itinerario quaresimale di conversione, imitando
l’obbedienza di Cristo, che lo ha portato ad accettare la passione e la morte.
Obbedienza a Dio di cui ha dato prova concreta nella lotta contro la
tentazione.
Tradizionalmente la prima domenica
di Quaresima ci pone in contatto con Gesù che nel deserto subisce l'assalto del
diavolo, ma non soccombe, riporta vittoria su di lui e su tutte le sue
suggestioni. Il Figlio di Dio non è risparmiato dalla tentazione, che riguarda
proprio il suo rapporto col Padre. Satana cerca di allontanare Gesù da Dio, di
metterlo in contrasto con Lui. Vuole persuaderlo a non comportarsi da figlio,
rinnegando addirittura la sua relazione filiale col Padre. "Se sei Figlio di Dio", usa
il potere di cui disponi per soddisfare ora le tue necessità vitali e, poi, per
risolvere ogni problema economico dell'umanità offrendo alla gente
un'abbondanza di beni materiali. Tutto questo puoi farlo, senza dipendere da
tuo Padre, non aspettandoti l'intervento della sua provvidenza (I tentazione).
Ma Gesù si abbandona al Padre e respinge la tentazione riferendosi a un
alimento che per Lui è più importante del pane: la Parola di Dio.
"Se sei Figlio di Dio", usa il tuo potere per compiere
miracoli clamorosi e gesti spettacolari con cui conquisterai la gente: "Gettati giù...",
manifestando così la tua fiducia in Dio. Questa però non è la vera fiducia del
Figlio, ma un mettere Dio alla prova (II tentazione).
"Non tenterai il Signore Dio tuo". Gesù si manifesta
vero Figlio di Dio che ha scelto di vivere nell'umiltà e nel nascondimento e
non ha bisogno di forzare Dio a dimostrargli che lo ama. Si fida semplicemente
di Lui.
Nella terza tentazione Satana
scopre le sue carte. Offre a Gesù il dominio politico ed economico del mondo, a
una condizione: adorare lui al posto di Dio, apostatando quindi da Dio. Ma Gesù
reagisce con forza estrema: smaschera l'Avversario svelando la sua identità
("Satana") e gli ordina decisamente di andarsene
("Vattene!").
Le proposte di Satana sono apparentemente sagge e
suggestive. Corrispondono, infatti, al buon senso, alle aspettative e alla
concezione corrente, allora come oggi, secondo cui la salvezza viene da un
messianismo facile e trionfalistico e non invece dall'amore che si abbandona a
Dio e si fa servizio sino alla Croce.
Questa tentazione non ha aggredito Gesù soltanto nel deserto, ma
lo ha accompagnato lungo tutto il suo ministero, raggiungendo poi una violenza
inaudita nella Passione. Attraverso questa tentazione, che assume le forme più
diverse, è Satana, il grande nemico - non un simbolo, ma una presenza reale,
personale, anche se misteriosa - che cerca di separare Gesù da Dio suo Padre
boicottando il disegno di Dio. Ma Gesù in una lotta dura, sofferta,
perseverando nella sua scelta controcorrente, rimane fedele a Dio e al suo
progetto fino alla morte. In tal modo riporta una vittoria completa sulla
tentazione, alla quale aveva invece ceduto Israele nel deserto e, prima ancora,
l'umanità ai suoi inizi.
I cristiani non possono pretendere
che sia loro risparmiata la prova. L'affrontano però nella certezza che il loro
Signore ha vinto Satana e li sostiene nella lotta. Gesù rimane accanto a noi e
ci insegna a pregare il Padre: "Non
ci indurre in tentazione", cioè fa' che non soccombiamo alla
tentazione di tradirti, di perdere la fede. In definitiva, è la fede che il
tentatore cerca di insidiare, portando un "figlio di Dio" a essere
diverso da come suo Padre lo vuole.
Da Gesù impariamo anche con quale strategia possiamo vincere ogni forma di tentazione. Il segreto è il rapporto vivo con la Parola di Dio. Gesù resta fedele alla volontà del Padre e tale volontà la legge nella Scrittura. A ogni attacco del diavolo risponde citando un breve testo della Sacra Scrittura. Non si tratta di una schermaglia di parole, ma di una precisa volontà di lasciarsi muovere e misurare dalla Parola. Spesso, quando sentiamo forte la tentazione - dell'avere, del valere, del potere - basta lasciare risuonare dentro di noi una Parola di Dio per trovare la forza di resistere e di unirsi a Lui, l'unico Signore da adorare e servire.
Come attuare nel concreto la
nostra conversione? Tre sono le parole-chiave che indicano il percorso
quaresimale: preghiera-penitenza-carità.
Non sono soltanto mezzi per arrivare
a Gesù e quindi al Padre, ma sono suoi
doni che ti rendono uomo nuovo, cioè risorto.
La preghiera come dialogo d'amore col Signore. Impari ad ascoltare la
sua voce che risuona nel cuore e la sua Parola contenuta nella Scrittura,
soprattutto quella che Dio ti dona ogni domenica durante la celebrazione
eucaristica. A tua volta, poi, tu parli con Lui, come il figlio col padre, come
l'amico con l'amico, lodandolo, ringraziandolo, affidandogli te stesso e gli
altri, domandandogli perdono.
La penitenza come libertà interiore, quando ti accorgi che sei troppo
dipendente da qualcosa o da qualcuno.
La carità come amore gratuito, come gesto concreto, come il saperti
accorgere delle occasioni in cui Gesù si presenta a te piccolo, povero,
bisognoso.
Sappiamo riconoscere la pericolosità e le varie forme della tentazione
che in modo ora subdolo, ora violento, mette alla prova e rischia di
compromettere il nostro rapporto filiale con Dio? Come reagiamo?
"Adora il Signore Dio tuo e a Lui solo rendi culto".
Ogni volta che siamo tentati di mettere qualcos'altro al
posto di Dio o prima di Lui, sentiamoci ripetere in fondo al cuore: "Adora
Dio solo!" e ubbidiamo con grande fede a questa Parola. Cioè prendiamo Dio
come ideale delle nostre azioni e diciamo coraggiosamente di no a ciò che Lui
non vuole. Avremo così la forza di liberarci dall'idolatria, dall'adorare tante
cose e proveremo la gioia di potergli dichiarare: "Sei tu, Signore,
l'unico mio bene! Al centro del mio cuore ci sei solo Tu!"
Sarà, ogni volta, un passo nuovo nel cammino di conversione.
Prova a chiederti cosa significa "Adorare Dio solo", cioè
metterlo realmente al primo posto nella tua vita, nelle tue scelte, nei tuoi
gesti.
Quante volte ti è accaduto finora?
Quante volte ti capita al giorno?