30 maggio 2004 - PENTECOSTE

At 2,1-11 / Rm 8,8-17 / Gv 14,15-16.23b-26

 

Se mi amate, osserverete i miei comandamenti

(Gv 14,15)

Durante l’ultima cena, prima di lasciare i suoi amici e tornare al Padre, Gesù vuole legarli strettamente a sé e tra di loro con il vincolo più saldo e duraturo: l’amore. Lui ama “sino alla fine”, con l’amore “più grande”, che giunge a “dare la vita”, e, come contraccambio, domanda di essere riamato con lo stesso amore.

L’amore che Gesù chiede non è semplice sentimento, è fare la sua volontà, descritta nei suoi comandamenti: soprattutto l’amore al fratello e alla sorella, e quello reciproco. È una verità talmente importante per Gesù, che in questo suo ultimo discorso rivolto ai discepoli lo ripete con forza per altre tre volte: “Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama”; “Se uno mi ama, osserverà la mia parola”; “Chi non mi ama non osserva le mie parole”.

Perché dobbiamo osservare i suoi comandamenti?

Creati a sua “immagine e somiglianza”, noi siamo come un tu che sta di fronte a Dio, con la capacità di un rapporto personale, diretto con Lui: un rapporto di conoscenza, di amore, di amicizia, di comunione.

I comandamenti che Gesù ci ha lasciato sono così un aiuto per vivere secondo la nostra natura di figli e figlie di un Dio che è Amore. Essi non sono, quindi, delle imposizioni arbitrarie, una sovrastruttura artificiale e tanto meno un’alienazione. Sono piuttosto l’espressione del suo amore e della sua premura per la vita di ciascuno di noi.

Ma soprattutto viviamo quello che Gesù ha chiamato il suo comandamento, quello che riassume tutti gli altri: l’amore reciproco. La carità è infatti pieno compimento della legge, è la via migliore che siamo chiamati a percorrere.

stralci da un commento di Chiara Lubich

 

All’inizio del nostro matrimonio, abitavamo con i nonni. Al nonno piaceva tanto un gioco cinese che si chiama “Majong”, un gioco che fa tanto rumore e poiché giocavano giorno e notte, mi disturbava parecchio. Ne avevo parlato con mio marito, ma non si era trovata una via d’uscita.

Una volta c’erano addirittura dieci persone che giocavano ma, parlandone con mio marito, lui mi ha detto: “Perché non cerchi di vedere queste situazioni con altri occhi? Il Vangelo dice che bisogna amare i nostri prossimi e anche i nostri nemici”. Quella frase mi ha tranquillizzato e mi sono detta: “Dio mi ama senza chiedere nulla in cambio, perché anch’io non posso dare altrettanto?”.

Quella stessa sera ho cercato di restare calma e non pensare a quello che mi faceva arrabbiare. Ho sentito una grande pace che non si è limitata a quella sera, ma è continuata nel tempo. Guardare le cose con occhi amorevoli può cambiare tutto e portare l’armonia nella famiglia.

R.M. C., Hong Kong