30 marzo – 4a
Quaresima
2 Cr 36,14-16.19-23 / Ef 2,4-10 / Gv 3,14-21
Chi crede nel
Figlio ha la vita
(Gv 3,16)
Eccoci arrivati a metà del tempo quaresimale, alla
domenica chiamata della gioia. È un invito a riflettere per fare il punto del
nostro impegno e ravvivare il nostro cammino verso la Pasqua.
La liturgia ci fa il grande annuncio: Dio ci vuole
salvi, perché ci ama.
Nel colloquio con Nicodemo Gesù ci rivela anche il
genere di morte con il quale stava per dimostrarci l’amore: “Bisogna che sia
innalzato il Figlio dell’uomo”.
Ecco la strada da percorrere nella vita e in modo
particolare in questa seconda parte della quaresima: guardare a Lui innalzato
in croce, con la fiducia con la quale gli ebrei nel deserto, morsi dai serpenti
velenosi, guardavano al serpente di bronzo innalzato in mezzo all’accampamento.
Che significa: credere nel suo amore, lasciarci attirare dall’amore. “Quando
sarò innalzato attirerò tutti a me”, aveva predetto Gesù.
Perché allora non trovare nei prossimi giorni un po’
di tempo per contemplare questo amore, per fare il confronto con il nostro poco
amore, per trovare un sacerdote che a nome di Gesù ci riconcili con Dio? Perché non fare anche noi qualche gesto
d’amore verso chi è solo o bisognoso, per fare un gesto di perdono verso i
fratelli?
Non ero in
grado di ammettere d’essere malato d’alcolismo. D’altra parte sentivo vergogna
di non riuscire a resistere all’alcol, ma respingevo ogni tentativo degli altri
ad aiutarmi. In questo disagio crescente ho implorato Dio di concedermi una
grazia.
Dopo una
mattinata in un magazzino di mobili, ho iniziato un colloquio personale,
aperto, profondo con un amico. Non era una semplice chiacchierata, ma uno
scambio essenziale, esigente, con momenti durissimi, ma salutari: l’amico mi ha
offerto qualsiasi appoggio, purché io mi decidessi ad uscire dalla mia
malattia.
Questo portare
alla luce del sole la mia situazione e l’ammettere da parte mia la debolezza,
mi ha come liberato.
Mi sentivo sì
sprofondare nel nulla, ma allo stesso tempo sicuro dell’amore di Dio, a cui
m’ero affidato, e dell’amore del mio amico. E ho avvertito la forza di avviarmi
a una cura da cavallo sul piano medico, psichico e spirituale: una via esigente
e dura.
Pian piano è
scomparso il mio senso d’isolamento. Ho sperimentato il perdono e ho cominciato
a perdonare anch’io. Ho conquistato la sincerità e anche la giusta umiltà,
conoscendo i miei pregi e difetti. A un certo punto ho lasciato perdere tutte
le mie mete ed i miei piani, abbandonandomi ai piani di Dio e scegliendo come
mai prima Gesù Crocifisso come “mio unico bene”.
Mi è sembrato
il biglietto d’ingresso in una vita nuova. Ora vivo con una gioia tutta
speciale, come una persona rinata. Nonostante che al lavoro l’alcol sia sempre
a portata di mano, è passato già un anno e mezzo senza ricadute. I medici si
meravigliano e lo considerano un miracolo. Io vi vedo la grazia ricevuta.
X. E., Austria