18 novembre 2001 – 33ª domenica t.o.

Ml 3,19-20 / 2 Ts 3,7–12 / Lc 21,5-19

 

 

NEMMENO UN CAPELLO DEL V0STRO CAPO PERIRÀ

Lc 21,18

 

Luca scrive il suo Vangelo quando le persecuzioni contro i primi cristiani sono già cominciate. Ma, come ogni parola di Dio, è diretta ai cristiani di tutti i tempi e alla loro quotidiana esistenza. Essa contiene un monito e una promessa e ambedue puntualmente si verificano nella storia della Chiesa e nelle vicende personali di chi cerca di essere un discepolo fedele a Cristo: “Sarete odiati da tutti per causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo perirà”.

Gesù spiega il perché: “Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma io vi ho scelti dal mondo, per questo il mondo vi odia”.

Quando, in maniera che ci appare incomprensibile, riceviamo odio in cambio dell’amore che abbiamo cercato di dare, questa ricompensa non dovrebbe disorientarci, scandalizzarci, meravigliarci. Non è che la manifestazione di quell’opposizione che esiste fra l’uomo egoista e Dio.

Ma c’è anche la promessa di Gesù: “Nemmeno un capello del vostro capo perirà”. Gesù vuole rassicurarci che, pur avendo delle vere sofferenze, delle reali difficoltà a causa delle persecuzioni, dobbiamo sentirci interamente nelle mani di Dio che ci è Padre, conosce tutto di noi e non ci abbandona mai.

Se dice che nessun capello del nostro capo perirà, vuole darci la certezza che Lui stesso si prenderà cura di ogni preoccupazione, anche minima, per la nostra vita, per i nostri cari e per tutto quanto abbiamo in cuore. Quanti martiri noti o ignoti hanno attinto dalle parole di Gesù la forza e il coraggio di affrontare privazioni di diritti, divisione, emarginazione, disprezzo, fino alla morte violenta, a volte, essendo certi che l’amore di Dio ha permesso ogni cosa per il bene dei suoi figli!

Se ci sentiamo bersagliati dall’odio o dalla violenza, in balia della prepotenza, conosciamo già l’atteggiamento che Gesù ci ha indicato: dobbiamo amare i nemici, fare del bene a chi ci odia, benedire chi ci maledice, pregare per chi ci maltratta.

Occorre partire al contrattacco e vincere l’odio con l’amore. In che modo? Amando noi per primi. E stare attenti a non “odiare” nessuno, neanche in maniera nascosta o sottile. Perché, in fondo, questo mondo che rifiuta Dio, ha bisogno di Lui, del suo amore, ed è capace di rispondere al suo richiamo.

stralci da un commento di Chiara Lubich

 

 

Il priore del monastero di Notre-Dame dell’Atlas a Tibhirine, Algeria, scrive poco prima di essere ucciso insieme agli altri monaci:

“Se un giorno mi capitasse, e potrebbe essere oggi, di essere vittima del terrorismo che sembra voler coinvolgere attualmente tutti gli stranieri che vivono in Algeria, vorrei che la mia comunità, la mia Chiesa, la mia famiglia, si ricordassero che la mia vita era stata donata a Dio e a questo paese. Che essi accettassero che l’Unico Signore di ogni vita non potrebbe essere estraneo a questa dipartita brutale. Che essi pregassero per me: come essere degno di una tale offerta? Che essi sapessero associare questa morte a tante altre, ugualmente violate, lasciate nell’indifferenza e nell’anonimato...”.