8 aprile 2001 ‑ LE PALME

Is 50,4‑7 / Fil 2,6‑11 / Lc 22,14 ‑ 23,56

 

Padre, sia fatta non la mia, ma la tua volontà

(Lc 22,42)

 

In questa parola che Gesù rivolge al Padre nel giardino degli Ulivi giunge al culmine il cammino dell'uomo che ritorna a Dio.

Dopo l'esperienza del peccato Adamo, l'uomo vecchio, sente per la prima volta nel suo cuore la paura di incontrare il Signore e perciò cerca di nascondersi. La voce del maligno l'ha rnesso in confusione creandogli un'idea sbagliata di Dio. Perciò fugge da Lui e dalla sua volontà e se ne va ramingo, prigioniero delle proprie paure.

Gesù mette fine a questa fuga, al vagabondare dell'uomo che si nasconde da Dio. Egli rivela il vero volto dì Dio, quello di un Padre misericordioso che vuole il bene dei propri figli e li chiarna a partecipare alla propria vita.

L'uomo Gesù non fugge ma cerca Dio, vuole che il proprio cuore batta all'unisono cori quello del Padre. Questo rapporto si realizza nella preghiera; mettendosi a pregare in ginocchio Gesù costringe la sua (e nostra) umanità ad accogliere un disegno d'amore che ci supera. Dal sì al Padre nasce l'uomo nuovo, capace di dare la vita per amore superando ogni timore.

Anche noi, in questi giorni santi, ci raccogliamo in preghiera per prendere parte al processo di morte e di resurrezione di Gesù e così rigenerare in noi e intorno a noi l'uomo nuovo, quello fatto secondo la volontà del Padre.

 

M. C. L.

 

Una giovane donna sposata col matrimonio cristiano da otto anni e con un figlio di cinque, economicamente benestante, viene nel mio studio determinata a chiedere la separazione dal proprio marito. Dopo aver ascoltato la sua storia nel pieno rispetto della sua dignità di moglie e di madre, le dico che non ravviso veri e giustificati molivi per giungere ad una decisione tanto drastica quale appunto la rottura definitiva dell'unità famigliare che, oltre tutto, produce effetti devastanti sulla psiche di un bambino ancora in tenera età. Lei replica insistendo nella sua richiesta che, secondo lei. è il mezzo più significativo per dimostrare a suo marito il coraggio di vivere anche senza di lui. Le chiedo se crede inDio;  un po' stupita mi risponde di sì, ma subito dopo aggiunge: "Che cosa c'entra Dio?”. La invito a riflettere molto sulla felicità che aveva caratterizzato l'inizio della sua vita matrimoniale e di tornare a casa con un unico proposito, raccogliersi in preghiera e chiedere a Dio il coraggio di avvicinarsi a suo marito (che da tempo non le parlava più) per aprirgli il suo cuore.

Dopo alcuni giorni, la signora si presenta nuovamente in studio, questa volta assieme al marito, che sorridente mi dice.‑ " Vorrei sapere cosa ha detto a mia moglie. Dall'altro giorno è talmente canibiata che non sapevo di amarla così". Dopo una pausa aggiunge: “Abbiamo capito che è stato il Signore ad aiutarci, la lontananza da Lui ci aveva allontanati anche dal nostro amore, nonostante la presenza di nostro figlio. Dobbiamo tanto ringraziarlo se ora siamo nuovamente felici insieme!”.

 

Fabiola Colombo, Milano (da “Cursillos)