25 marzo 2001 - 4ª di Quaresima

Gs 5,9.10-12 / 2 Cor 5,17-21 / Lc 15,1-3.11-32

 

RALLEGRARSI PER IL FRATELLO RITROVATO !

Lc 15,32

 

“Bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”.

Queste parole sono un invito, che Dio rivolge a te e a tutti i cristiani, a godere insieme con lui, a far festa e a partecipare alla sua gioia per il ritorno dell’uomo peccatore prima perduto e poi ritrovato. E queste parole, nella parabola, sono rivolte dal padre al figlio maggiore che aveva condiviso tutta la sua vita, ma che dopo un giorno di duro lavoro rifiuta di entrare a casa dove si festeggia il ritorno di suo fratello.

Il padre va incontro al figlio fedele, come è andato incontro al figlio perduto, e cerca di convincerlo. Ma è palese il contrasto fra i sentimenti del padre e quelli del figlio maggiore: il padre, con il suo amore senza misura e con la sua grande gioia, che vorrebbe tutti condividessero; il figlio, pieno di disprezzo e di gelosia verso suo fratello che non riconosce più come tale. Parlando di lui dice infatti: “Questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi” (Lc 15,30).

A questo figlio preme il lavoro, il compimento del dovere, ma non ama il padre da figlio. Si direbbe piuttosto che obbedisce a lui come ad un padrone.

È un pericolo in cui anche tu puoi incorrere: quello di una vita vissuta per essere una persona perbene, basata sulla ricerca della tua perfezione, giudicando i fratelli meno bravi di te. Fai come il figlio rimasto a casa, che enumera al padre i suoi buoni meriti: “Io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando” (Lc 15,29).

In questa parabola Gesù mette in luce l’Amore divino, che fa il primo passo verso l’uomo senza tener conto se egli lo meriti o no, e vuole che l’uomo si apra a lui per poter stabilire un’autentica comunione di vita. Ma l’ostacolo maggiore è costituito da coloro che accumulano azioni, opere, mentre Dio vorrebbe il loro cuore.

Invitando il figlio maggiore a condividere la sua gioia per il figlio ritrovato, il Padre chiede anche a te un cambiamento di mentalità: devi in pratica accogliere come fratelli e sorelle anche quegli uomini e donne verso i quali nutriresti soltanto sentimenti di disprezzo e di superiorità. Ciò provocherà in te una vera conversione, perché ti purifica dalla convinzione di essere più bravo, ti fa evitare l’intolleranza religiosa e ti fa accogliere la salvezza, che Gesù ti ha procurato, come puro dono dell’amore di Dio.

(stralci da un commento di Chiara Lubich)

 

Ho due figli: uno di diciassette anni, l’altro sedici. Con il più grande non avevo più alcun rapporto. Domenica eravamo in campagna con degli amici; passa una macchina e manda in frantumi una bottiglia. Penso che qualcuno possa farsi male con quei cocci e sto per chinarmi a raccoglierli: sono un medico, sono cristiano! Il più grande dei miei figli mi prende in disparte: “non lo fare, è un lavoro da spazzino”. Il suo sarcasmo mi fa sentire una stretta al cuore: mi riprometto sempre di essere io il primo ad incominciare ad aprirmi, ma quando succede così mi cadono le braccia.

Siamo andati alla Messa vespertina e sulla porta della chiesa c’erano due mendicanti che conosco bene perché vengono in ambulatorio e, quando mi hanno visto, mi hanno fatto festa. Scorgo sull’altro lato della strada mio figlio che mi sta guardando, ma penso con chiarezza come mi devo comportare, mi faccio loro incontro e stringo loro la mano. Alzo di nuovo lo sguardo: mio figlio mi sorride e mi saluta con affetto. Aveva ascoltato il discorso vivo della mia coerenza e della mia accoglienza con le quali mi sforzo di avere un solo modello: Gesù.

Mario V.