25 febbraio 2001 - 8ª domenica t.o.

Sir 27,4-7 / 1 Cor 15,54-58 / Lc 6,39-45

 

TOGLI LA TRAVE DAL TUO OCCHIO (Lc 6,42)

 

Oggi Gesù vuole curarci dalle due più diffuse forme di cecità, anche spirituale: la miopìa e la presbiopìa. Ci sono alcuni che vedono solo da vicino (i miopi) e non riescono a riconoscere le persone ad una certa distanza; e tuttavia pretendono di tranciare giudizi, di tagliare i panni addosso agli altri e di ergersi a maestri e salvatori della società. E proprio mentre controllano la pagliuzza nell’occhio altrui, trascurano se stessi, non vedendo la trave nel loro occhio.

Ci sono altri che vedono solo da lontano (i presbiti) e non sanno riconoscere Cristo presente tra loro come il Salvatore; non riescono neanche a cogliere questo tempo in cui vivono come il tempo provvidenziale per incontrare Lui.

Togliere la trave dal proprio occhio non è solo questione di correttezza umana: invece di pretendere di essere medico di se stesso e degli altri, si tratta di riconoscere in Gesù il medico celeste. Solo da Lui possiamo farci guarire e da Lui imparare a trattare con onestà gli altri. Per ogni credente è Gesù l’unità di misura per ogni progetto ed ogni programma: “Il discepolo non è da più del maestro, ma ognuno ben preparato sarà come il suo maestro” (v. 40). L’amore tra noi e il farci uno mettendoci nei panni dell’altro rinnovano in noi la presenza di Gesù.

Umberto S.

 

Un viaggiatore camminando in un paese quasi sconosciuto, si trova di fronte ad un albero dalle dimensioni straordinarie, un albero non paragonabile a nessun altro sulla terra.

Il viaggiatore vede innanzitutto le radici di quest’albero, radici poderose, che sollevano la terra. Poi vede il tronco, un tronco tanto grosso che non riesce ad abbracciarlo con un solo colpo d’occhio. Infine vede il fogliame così fitto, che si estendeva così in alto che non gli era possibile distinguere la cima. Insomma, quest’albero era per lui talmente grande che non riusciva in alcun modo a percepirne la grandezza.

Cosa fa il nostro viaggiatore, o, piuttosto, cosa avrebbe dovuto fare? Avrebbe dovuto fare lo sforzo di spostarsi magari cinque o dieci chilometri indietro, per vedere l’albero in tutto il suo splendore e in tutta la sua maestosità. Ma non avendo avuto il coraggio di farlo, il nostro viaggiatore si accosta semplicemente al tronco dell’albero: lo esamina a un metro e settanta dal suolo, guarda la sua scorza rugosa, quei pochi decimetri quadrati che gli stanno sotto gli occhi. E guardando da vicino la scorza, il nostro viaggiatore vede le iscrizioni lasciate da altri viaggiatori, dei graffiti più o meno stupidi. Il nostro viaggiatore vede anche dei rami secchi ai piedi dell’albero e vede persino, in certi punti dell’immenso tronco, parti incavate da cui la vita si è ritirata. Ed egli se ne va dicendo: “Ho incontrato un alberto mezzo morto”.

Il viaggiatore è ciascuno di noi, e l’albero è la Chiesa di Gesù. E la Chiesa è immensa, è un autentico mistero. Non commettiamo dunque l’errore di quel viaggiatore. Non guardiamo la Chiesa solo in una piccola parte, ma sappiamo contemplarla in tutta la sua dimensione.

Jacques Loew, Se tu conoscessi il dono di Dio