UN BAMBINO È NATO PER NOI
Io devo occuparmi delle cose del Padre
(Lc 2,49)
Il rapporto di Gesù col
Padre è il cuore del messaggio di questo brano del Vangelo di Luca e di questa
festa della famiglia.
Luca parla ancora del
tempio: la casa di Dio apre e chiude il Vangelo dell’infanzia, cioè Dio torna a
stare in mezzo al suo popolo. Ma quando Gesù dice che deve occuparsi delle cose
del Padre suo o meglio che deve stare nella casa del Padre suo, queste parole
diventano annuncio del suo ritorno al Padre, della sua morte e risurrezione. In
tale prospettiva la ricerca che si prolunga per tre giorni richiama la
situazione dei discepoli nei tre giorni che intercorrono fra la morte di Gesù e
il primo annuncio della risurrezione. Il mistero che avvolge la persona di Gesù
ha cominciato a svelarsi: Egli è il Messia, colui che porta la salvezza ai
poveri e prende possesso del tempio santo in modo nuovo e definitivo.
Anche su ciascuno di noi c’è
un disegno grande del Padre: occorre guardare oltre le apparenze per cogliere
lo sguardo divino sulla storia di una persona. In questo senso il primo compito
dell’educazione è aprire l’orizzonte di Dio sulla vita di tutti e aiutare a
trovare tempo per pregare, riflettere e decidere le scelte della vita alla luce
di quello che Dio ha pensato e immaginato.
Paolo VI a Nazareth nel 1964
diceva: “La casa di Nazareth ci insegna il silenzio. Oh, se rinascesse in noi
la stima del silenzio, atmosfera ammirabile ed indispensabile dello spirito:
mentre siamo storditi da tanti frastuoni, rumori e voci clamorose nella esagitata
e tumultuosa vita del nostro tempo! Oh, silenzio di Nazareth, insegnaci ad
essere fermi nei buoni pensieri, intenti alla vita interiore, pronti a ben
sentire le segrete ispirazioni di Dio e le esortazioni dei veri maestri.
Insegnaci quanto importanti e necessari siano il lavoro di preparazione, lo
studio, la meditazione, l’interiorità della vita, la preghiera, che Dio solo
vede nel segreto”.
C’è stato un periodo in cui i miei genitori erano spesso assenti da
casa. Così i miei fratelli ed io ci siamo fatti abbindolare dalla televisione.
Alle 16 iniziava il mio programma preferito e finito quello c’era un
telefilm sull’altro canale e poi un altro... Praticamente stavo sempre
incollato davanti al video.
Intorno a me era diventato tutto buio perché non ero io che prendevo le
decisioni: ero diventato tele-dipendente. Capivo di sbagliare, ma ormai
accendere la televisione era un gesto meccanico e irresistibile.
Per fortuna però le cose non durarono molto. Infatti i miei genitori si
accorsero di quello che stava succedendo e una sera, insieme, abbiamo deciso la
soluzione migliore per risolvere il nostro problema: tagliare il cavo
dell’antenna.
Per due settimane la televisione rimase spenta. In questo periodo
abbiamo visto tutto quello che stavamo perdendo per colpa di quattro programmi:
stare insieme, parlare, andare da un amico...
Passati quindici giorni l’antenna fu ricollegata, ma, anche se
funzionante, la televisione continuò a rimanere quasi sempre spenta. Ora siamo
noi che gestiamo lei. Non è più la padrona di casa.
C. N., Italia