UN BAMBINO È NATO PER NOI

 

28 dicembre 2003 - SANTA FAMIGLIA
1Sam 1,20-22.24-28 / 1Gv 3,1-2,21-24 / Lc 2,41-52

 

Io devo occuparmi delle cose del Padre

(Lc 2,49)

 

Il rapporto di Gesù col Padre è il cuore del messaggio di questo brano del Vangelo di Luca e di questa festa della famiglia.

Luca parla ancora del tempio: la casa di Dio apre e chiude il Vangelo dell’infanzia, cioè Dio torna a stare in mezzo al suo popolo. Ma quando Gesù dice che deve occuparsi delle cose del Padre suo o meglio che deve stare nella casa del Padre suo, queste parole diventano annuncio del suo ritorno al Padre, della sua morte e risurrezione. In tale prospettiva la ricerca che si prolunga per tre giorni richiama la situazione dei discepoli nei tre giorni che intercorrono fra la morte di Gesù e il primo annuncio della risurrezione. Il mistero che avvolge la persona di Gesù ha cominciato a svelarsi: Egli è il Messia, colui che porta la salvezza ai poveri e prende possesso del tempio santo in modo nuovo e definitivo.

Anche su ciascuno di noi c’è un disegno grande del Padre: occorre guardare oltre le apparenze per cogliere lo sguardo divino sulla storia di una persona. In questo senso il primo compito dell’educazione è aprire l’orizzonte di Dio sulla vita di tutti e aiutare a trovare tempo per pregare, riflettere e decidere le scelte della vita alla luce di quello che Dio ha pensato e immaginato.

Paolo VI a Nazareth nel 1964 diceva: “La casa di Nazareth ci insegna il silenzio. Oh, se rinascesse in noi la stima del silenzio, atmosfera ammirabile ed indispensabile dello spirito: mentre siamo storditi da tanti frastuoni, rumori e voci clamorose nella esagitata e tumultuosa vita del nostro tempo! Oh, silenzio di Nazareth, insegnaci ad essere fermi nei buoni pensieri, intenti alla vita interiore, pronti a ben sentire le segrete ispirazioni di Dio e le esortazioni dei veri maestri. Insegnaci quanto importanti e necessari siano il lavoro di preparazione, lo studio, la meditazione, l’interiorità della vita, la preghiera, che Dio solo vede nel segreto”.

 

C’è stato un periodo in cui i miei genitori erano spesso assenti da casa. Così i miei fratelli ed io ci siamo fatti abbindolare dalla televisione.

Alle 16 iniziava il mio programma preferito e finito quello c’era un telefilm sull’altro canale e poi un altro... Praticamente stavo sempre incollato davanti al video.

Intorno a me era diventato tutto buio perché non ero io che prendevo le decisioni: ero diventato tele-dipendente. Capivo di sbagliare, ma ormai accendere la televisione era un gesto meccanico e irresistibile.

Per fortuna però le cose non durarono molto. Infatti i miei genitori si accorsero di quello che stava succedendo e una sera, insieme, abbiamo deciso la soluzione migliore per risolvere il nostro problema: tagliare il cavo dell’antenna.

Per due settimane la televisione rimase spenta. In questo periodo abbiamo visto tutto quello che stavamo perdendo per colpa di quattro programmi: stare insieme, parlare, andare da un amico...

Passati quindici giorni l’antenna fu ricollegata, ma, anche se funzionante, la televisione continuò a rimanere quasi sempre spenta. Ora siamo noi che gestiamo lei. Non è più la padrona di casa.

C. N., Italia