27 giugno 2004 - 13a domenica t. ord.

1Re 19,16b.19-21 / Gal 5,1.13-18 / Lc 9,51-62

 

Chi si volge indietro, non è adatto per il regno di Dio

(Lc 9,62)

Gesù ha da poco preso la decisione di iniziare il grande viaggio verso Gerusalemme, dove deve compiersi la sua missione. Altri vogliono seguirlo, ma Gesù li avverte che camminare con Lui è una scelta seria.

Egli vuole essere seguito con radicalità e non fino a un certo punto, un po’ sì e un po’ no. Una volta che ci si è messi a vivere per Dio e per il suo Regno, non si può tornare a riprendersi ciò che si è lasciato, a vivere come prima, a pensare agli interessi egoistici di una volta

Quando ci chiama a seguirlo, e tutti - in modo diverso - siamo chiamati, Gesù ci apre davanti un mondo nuovo per il quale vale la pena rompere con il passato. A volte però ci prendono ripensamenti nostalgici o la mentalità comune, spesso non evangelica, si insinua e fa pressione su di noi.

Questa Parola ci parla di coerenza, di perseveranza, di fedeltà. Se abbiamo sperimentato la novità e la bellezza del Vangelo vissuto, vedremo che nulla è più contrario ad esso quanto l’indecisione, la pigrizia spirituale, la poca generosità, il compromesso, le mezze misure. Decidiamo di seguire Gesù e di entrare nel meraviglioso mondo che egli ci apre. Ha promesso che “chi persevererà fino alla fine sarà salvato”.

Cosa fare allora per non cedere alla tentazione di volgerci indietro?

Innanzitutto non dare ascolto all’egoismo, che appartiene al nostro passato, quando non si vuole lavorare come si deve o studiare con impegno o pregare bene o accettare con amore una situazione pesante e dolorosa, oppure quando si vorrebbe parlare male di qualcuno, non avere pazienza con un altro, vendicarsi. A queste tentazioni dobbiamo dire di no anche dieci, venti volte al giorno.

Ma questo non basta. Con i no si va poco lontano. Occorrono soprattutto i : a quello che Dio vuole e i fratelli e le sorelle aspettano.

E assisteremo a grandi sorprese.

 

 

Ricordo qui una mia esperienza.

Il 13 maggio 1944 un bombardamento aveva reso inabitabile la mia casa e la sera per ripararmi ero scappata con la mia famiglia nel bosco poco distante. Piangevo, capendo che non sarei potuta partire da Trento con i miei che tanto amavo. Vedevo ormai nelle mie compagne il Movimento nascente: non avrei potuto abbandonarle.

L’amore per Dio doveva, dunque, vincere anche questo? Dovevo lasciar partire i miei da soli, io che allora ero l’unica a sostenerli economicamente? Lo feci con la benedizione di mio padre.

Seppi poi che i miei erano partiti contenti, e ben presto trovarono una buona sistemazione.

Cercai le mie compagne fra le case e le strade ridotte a macerie. Erano, grazie a Dio, tutte salve. Ci venne offerto un piccolo appartamento. Il primo focolare? Noi non lo sapevamo, ma era proprio così.

stralci da un commento di Chiara Lubich