27 gennaio 2002 – 3ª domenica t.o.

Is 8,23 – 9,3 / 1 Cor 1,10-13.17 / Mt 4,12-23

 

SEGUITEMI, VI FARÒ PESCATORI DI UOMINI

Mt 4,19

Mi piace il Dio in cui credo, perché non fa tutto da solo, ma chiama ciascun uomo e donna a lavorare con lui e fra loro.

Nel Vangelo di oggi Gesù entra in scena con un messaggio essenziale: “convertitevi, perché il regno di Dio è vicino”. Il regno di Dio, cioè il progetto che Dio vuole attuare con Cristo nel mondo e nella storia, sta ormai realizzandosi e ogni creatura umana riceve un appello pressante alla collaborazione. Ma prima deve convertirsi: deve cioè fare di Dio il centro della vita, dal quale parte e al quale arriva ogni azione.

A questo appello rispondono i semplici e i poveri. Ai pescatori, che gettavano le reti in mare, è rivolta una voce inattesa: “Seguitemi, vi farò pescatori di uomini”. È Gesù che prende l’iniziativa: ci invita personalmente. Essere cristiani è la risposta alla sua proposta. La fede cristiana è una relazione personale con Gesù, il Signore che amo perché lui per primo ama me. Seguendolo divento anch’io come lui: figlio.

E partecipo alla sua missione di pescatore di uomini. Pescare un pesce è ucciderlo; pescare un uomo è toglierlo dall’abisso, dal male, per farlo vivere. Il discepolo, pescato alla vita dal Figlio di Dio, realizza il suo essere figlio nel pescare i fratelli. Diventa cioè capace di stabilire relazioni di fraternità, di simpatia, di ascolto, di condivisione. L’altro non è più un estraneo, ma uno al quale io sono mandato.

Il Papa parlando, nella Novo Millennio Ineunte, della spiritualità di comunione, fra l’altro, dice che essa significa “capacità di sentire il fratello come uno che mi appartiene” per sapere condividere le sue gioie e le sue sofferenze, per intuire i suoi desideri e prendersi cura dei suoi bisogni, per offrirgli una vera e profonda amicizia. “Vi farò pescatore di uomini”, vi farò persone di comunione!

G. C.

 

Un lungo periodo di lontananza..., una inquietudine, un volto, una dura prova,... la disperazione... la speranza. È così che si può sintetizzare la mia vita. E questa speranza è stata la Parola che mi è stata offerta.

All’inizio non capivo, poi pian piano, come al cieco di Gerico, mi sono stati aperti gli occhi, e si è cominciato a far chiarezza in me. Pian piano il Signore mi ha forgiato, mi ha indicato una strada, servendosi delle tante persone che nella comunità mi stavano vicine. L’aver percorso un cammino di riscoperta del Battesimo mi ha fatto comprendere quale grazia il Signore dona con esso, quale dignità! E poi una carica interiore spinge a non tenere più tutto per sè, ma ad andare agli altri come offerta di se stessi, che si concretizza nel donare il proprio tempo, le proprie capacità, le proprie manchevolezze, le gioie e i dolori, il tutto unito al sacrificio di Cristo, in una comunità di fratelli che condividono cadute e riprese.

Ed infine un segno forte: una chiamata a stare in disparte con Lui. “Ma,  Signore, perché proprio a me che sono la più indegna? Perché proprio me che ho vissuto in ribellione verso la tua Chiesa, che ho contestato e giudicato i tuoi ministri?”. Ma proprio qui la prova della grandezza, della potenza, della Grazia, la conferma che “nulla è impossibile a Dio”. Cosa è accaduto? Oggi vivo nella gioia di stare nella Chiesa, tra tanti fratelli, in un servizio che mi tiene accanto ai sacerdoti, riconoscendo in loro un segno tangibile della presenza di Gesù fra noi.

Mina, consacrata nel mondo