26 maggio 2002 – SS. TRINITÀ

Es 34,4-6.8-9 / 2 Cor 13,11-13 / Gv 3,16-18

 

ABBIATE GLI STESSI SENTIMENTI, VIVETE IN PACE

2 Cor 13,11

 

K. Rhaner, un grande teologo del Concilio, diceva: “Se alla maggior parte dei cristiani togliessimo la Trinità, non cambierebbe niente nella loro vita”. Eppure,  per un cristiano la Trinità è la sorgente, l’impronta e la forza di tutto ciò che esiste e che succede.

Oggi non ricordiamo un fatto della storia della salvezza, come nelle altre solennità dell’anno liturgico. Celebriamo il mistero cristiano per eccellenza, l’evento originario da cui scaturisce tutta la storia della salvezza. Con la sua venuta in mezzo a noi Gesù ci ha aperto una finestra sulla realtà di un solo Dio in tre persone. Con la sua vita poi ci ha mostrato come vivere il rapporto con il Padre per mezzo dello Spirito nell’obbedienza attiva alla Parola.

Ma Gesù non si è accontentato di mostrarci le cose dal di fuori, ha voluto introdurci nella Trinità. Attraverso il suo cuore squarciato ci ha aperto la porta della comunione del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

Sulla base di questa realtà, S. Paolo ci invita ad “avere tutti gli stessi sentimenti e a vivere in pace con tutti”. Sono sentimenti di gratitudine all’Amore del Padre che sempre ci precede, ci avvolge e ci perdona. Sono sentimenti di imitazione di quanto ha vissuto ed insegnato Gesù per avere il piacere di vivere anche noi da figli. Sono sentimenti dello Spirito d’Amore che ci spinge a superare tutti gli ostacoli e le barriere.

Sono sentimenti forti che ci fanno vivere in pace con tutti e riflettono sulla terra tracce di Cielo, facendoci piccoli grandi costruttori della civiltà dell’Amore.

M. C. L. e L. C.

 

Tornavo dal “Gen Camp” in autobus. Volevo fare una visita ai miei parenti e, non conoscendo molto la zona, ho chiesto qualche informazione al passeggero che era accanto a me. Lui sgarbatamente mi ha dato dell’ignorante ed io mi sono adirato. Dopo questo incidente sono rimasto in silenzio, guardando fuori dal finestrino. Ad un certo punto mi sono ricordato di quello che ci eravamo proposti durante il Camp: essere uomini nuovi che costruiscono un mondo nuovo. Dovevo cambiare e ricominciare da capo con questo prossimo del  momento presente. Ho preso coraggio e gli ho chiesto scusa. Anche lui, meravigliato del mio atteggiamento, si è scusato con me e dopo un po’ mi ha chiesto chi fossi. “Sono un cristiano”, gli ho risposto. E lui: “Adesso capisco il perché del tuo atteggiamento, noi musulmani non siamo abituati a chiedere scusa; sono contento di aver conosciuto una persona cristiana”. Da quel momento il rapporto è cambiato totalmente. Anche lui era diretto alla mia stessa città. Quando siamo arrivati, mi ha chiesto dove dovevo andare e con mia sorpresa mi ha accompagnato in “Tonga” (un tipo di calesse tirato dai cavalli), pagandomi persino il biglietto. Quando ci siamo congedati, mi ha abbracciato e mi ha detto che era felice di aver conosciuto un fratello cristiano. Questa esperienza di dialogo mi ha lasciato in cuore la certezza che anche io, insieme alle persone della Trinità e a tanti fratelli e sorelle, posso costruire il mondo unito.

Shakeel, Pakistan