25
settembre 2005 - 26a domenica t. ord.
Ez 18,25-28 / Fil 2,1-11 / Mt 21,28-32
Chi ha compiuto la volontà del Padre?
(Mt 21,31)
Cosa significa convertirsi?
Gesù risponde con la parabola dei due figli. Il figlio che all’invito del Padre
subito risponde di sì ma poi non fa seguire i fatti alle parole, rappresenta
coloro che conoscono Dio e la sua legge, ma poi all’atto pratico, quando si
tratta di accogliere Cristo, si tirano indietro. Il figlio, che dapprima oppone
un rifiuto ma poi va a lavorare rappresenta i peccatori, quelli che vivono
fuori della legge e della volontà di Dio, ma poi davanti a Gesù si ravvedono e
accolgono il Vangelo. Di qui la conclusione di Gesù: «In verità vi dico: i
pubblicani e le prostitute vi passeranno avanti nel regno di Dio». Ed ecco la
domanda del Maestro che provoca ciascuno ad una decisione: «Chi ha compiuto la
volontà del Padre?». Fare la volontà del
Padre è il centro del vangelo di Matteo: significa riconoscersi figlio di
Dio, che è un Padre per me (e quindi vuole e mi propone il mio bene) e vivere
da fratello. Questo è possibile a chi si converte. «Guarda il sole e i suoi raggi.
Il sole è simbolo della volontà divina, che è lo stesso Dio. I raggi sono
questa divina volontà su ciascuno. Cammina verso il sole nella luce del tuo
raggio, diverso e distinto da tutti gli altri e compi il meraviglioso,
particolare disegno che Dio vuole da te. Infinito numero di raggi, tutti
provenienti dallo stesso sole… unica volontà, particolare su ciascuno. Sforzati
di rimanere nella sua volontà e che la sua volontà rimanga in te» (C. Lubich).
PER UNA CULTURA DELLA LEGALITÀ
Come ogni mattina, entrato
in macchina verso il lavoro cerco di fare meditazione. Oggi mi viene in mente
l’invito di Gesù a vivere e a portare la cultura della legalità. Mi chiedo
subito come metterlo in pratica: mi accorgo che non avevo allacciato la cintura
di sicurezza e provvedo. Dopo la curva, una pattuglia di polizia mi chiede di
accostare. Il solito controllo dei documenti e poi una domanda: «Come mai ha la
cintura allacciata?». Rispondo che sono convinto che le leggi possono
migliorare la vita della società. La conversazione dura quasi mezz’ora; il
poliziotto ringrazia: «Se tutti la pensassero come lei, corruzione e mafia
sarebbero presto vinte!».
Giovanni, Palermo
Neolaureata in matematica,
vengo assunta in una scuola privata laica. Mi avevano avvertita: le difficoltà
economiche non permettevano un regolare stipendio. Pur con titubanza ho
accettato. La situazione occupazionale dalle nostre parti come in tante altre,
infatti, è così grave che in certe scuole non solo si insegna senza essere
retribuiti, ma addirittura si paga per poter lavorare e così accumulare il
punteggio necessario per accedere poi alle scuole pubbliche. La cosa più
dolorosa è constatare quanto tra i colleghi ciò sia considerato normale.
Dopo poche settimane di
lavoro mi accorgo di altri atti di illegalità ben più gravi. Per testimoniare i
valori in cui credo sento che devo andare contro corrente e do le dimissioni.
Una scelta non compresa. Poi, da Gesù, una prima risposta: in giornata mi
arriva la richiesta di dare una lezione privata. E, dopo una settimana, un
collega: «Ma perché lo hai fatto?». Alle mie spiegazioni, lui: «Ma non risolvi
niente! Se rifiuti tu, altri dieci sono pronti a prendere il tuo posto!». «Sai
- gli rispondo - quando pianti un seme, apparentemente non succede nulla, col
tempo però, nasce una pianta. Io in questo momento sto piantando un seme».
Qualche giorno dopo ho saputo che ha dato le dimissioni anche lui.
Antonella, Palermo