24 marzo 2002 – LE PALME

Is 50,4-7 / Fil 2,6-11 / Mt 16,14 – 17,66

 

RESTATE E VEGLIATE CON ME

Mt 26,38

Di fronte alla passione imminente Gesù prega con tutte le forze del suo spirito, lotta contro la paura e l’orrore della morte, si getta nell’amore del Padre per essere fedele fino in fondo alla sua volontà ed aiuta Pietro, Giacomo e Giovanni a fare altrettanto.

Egli è il modello per chi deve affrontare la prova, è il fratello che si mette in noi in quel momento difficile. Egli ci invita a “restare con Lui e a vegliare con Lui”.

Ogni giorno incontriamo piccole o grandi prove. Dio le permette non perché ci scoraggiamo ma perché, superandole, maturiamo spiritualmente. Per superarle occorre restare con Gesù per imparare da Lui ad affidarci al Padre e a credere al Suo Amore.

E occorre vigilare. È vigilante chi non si lascia vincere dal sonno spirituale, chi è pronto ad andare incontro alla volontà di Dio, chi sa leggere le difficoltà e le sofferenze di ogni giorno alla luce dell’amore di Dio. Chi vigila ricorre alla preghiera perché, conoscendo la propria debolezza, chiede a Dio di poter vincere la prova con la forza che viene dallo Spirito.

A Caterina da Siena, dopo una grave tentazione vinta con supremo sforzo, apparve Gesù crocifisso: “Caterina, le disse, vedi quanto ho patito per te? Non ti rincresca, dunque, di patire per me...” Ma lei: “Signore mio, dov’eri quando il mio cuore era tribolato da tante tentazioni?”. E il Signore: “Stavo nel tuo cuore” (G. Joergensen, p. 49).

In questa Settimana Santa, restiamo e vegliamo con Gesù, crediamo che Lui è nel nostro cuore per aiutarci ad unire alla sua offerta le nostre sofferenze e quelle di tutta l’umanità. Portiamo con Gesù il mondo al Padre, perché ogni realtà possa essere avvolta dal mistero pasquale.

D. P. e L. C.

Mi era stato diagnosticato un disturbo di origine psichica che ha reso necessari tre successivi ricoveri  nel reparto psichiatrico.

Stare in quel reparto, ‘chiuso’, dove toccavo un’angoscia mai sperimentata prima e alla quale si aggiungeva quella di tante altre pazienti che venivano definite ‘fuori di testa’, è stato sperimentare che solo Gesù Crocifisso e il vivere l’amore concreto nei confronti di chi mi stava accanto (medici, infermieri e pazienti) era la soluzione a quel buio che in certi momenti sembrava opprimermi.

Così dagli atti d’amore più concreti verso gli infermieri (prepararmi con amore per la flebo, fare un sorriso o chiedere cosa non andava bene in famiglia) è nato un rapporto speciale con loro, tanto che, quando vado ai controlli, mi chiamano: “La nostra bimba!”.

Ricordo un giorno in cui, vinta dal dolore, avrei voluto mettermi a letto a piangere, ma ho visto che la ragazza del letto accanto stava male. Le ho proposto di andare in giardino e piano piano si è aperta dicendomi tutta la sua tragica esperienza e concludendo alla fine: “In te ho trovato un angelo!”. Un’altra volta una paziente che riteneva di essere Lady Diana mi ha chiesto una sigaretta. Io, che non l’avevo, ho pensato di chiederla ad un infermiere e da quel giorno ogni sera veniva a darmi il bacio della buona notte, anche se mi chiamava ogni volta con nomi diversi. Ho capito: l’Amore fa breccia in ogni cuore, anche quando le facoltà intellettive non sono normali.

Ora sto bene e ho ripreso gli studi. La dottoressa che mi ha curato, parlando con altri medici, diceva il suo stupore per come io mi fossi ripresa così rapidamente e avessi sempre un cuore e un sorriso aperto per tutti. Poi ha concluso come tra sé e sé: “Deve avere un segreto!”. Sentendo queste cose mi pareva di doverle accogliere per fare tanti regali da mandare in Cielo, perché tutto è a gloria di Dio, grazie all’Ideale che il Vangelo mi ha donato.

Sandra, Piacenza