24 febbraio 2002 – 2ª QUARESIMA
Gn 2,1-4 / 2 Tm 1,8-10 / Mt 17,1-9
È IL FIGLIO MIO: ASCOLTATELO!
Mt 17,5
Questa espressione racchiude due parti.
Anzitutto il Padre presenta Suo Figlio con parole ineffabili: “Questi è il mio Figlio prediletto nel quale mi sono compiaciuto”. Gesù è tutto ciò che il Padre ha di più caro, è il suo cuore, il suo tutto; e questo suo tesoro il Padre dona a noi dicendoci di ascoltarlo.
“Ascoltatelo”: è un’espressione densa, intraducibile. Gesù l’ha spiegato in vari modi. Ascoltarlo significa amarlo più delle nostre cose, preferirlo agli affetti più cari. Ascoltarlo significa credere in Lui quando il mare è in tempesta e lui sembra del tutto assente o solo un fantasma. Ascoltarlo significa accoglierlo presente in ogni persona, perché Lui, assumendo la nostra natura, ha fatto di ogni uomo un suo fratello, un altro Gesù per noi. Ascoltarlo significa seguirlo nella vita quotidiana, nel compito che Lui ci affida, fino a quando ci chiama a salire con Lui il Calvario.
Possiamo ricordare e ripetere nel cuore alcune espressioni di persone che hanno accolto Gesù, dono del Padre, e lo hanno amato con cuore appassionato. “Signore, dove vuoi che andiamo? Tu solo hai parole di vita eterna” (S. Pietro); “Egli mi ha amato e ha dato se stesso per me” (S. Paolo); “Tardi ti ho amato, bellezza infinita, tardi ti ho amato!... Ci hai fatto per te, Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te” (S. Agostino); “Gesù solo, tutto è niente” (S. Bertilla B.); “Per me Gesù è tutto e, se non lo fosse, vorrei che lo diventasse” (Chiara Lubich); “Dissetare Gesù che grida sulla croce ‘ho sete’ e servirlo 24 ore su 24 nei più poveri tra i poveri” (Teresa di Calcutta).
Proviamo a costruire nel nostro cuore, nella nostra famiglia, nel nostro vicinato, dov’è possibile, dei centri di ascolto di Gesù, per sperimentare la bellezza di essere anche noi figli amati dal Padre.
G. B. e L. C.
Lo scrittore André Frossard narra così la sua conversione:
«L’ho incontrato per caso, se il caso avesse qualcosa a che fare in
questa avventura, con lo sbalordimento di chi, girato il solito angolo della
solita strada di Parigi, si vedesse davanti agli occhi, invece della piazza o
dell’incrocio di tutti i giorni, un mare inaspettato che si estende
all’infinito, lambendo con le onde i muri e le case. Un momento di stupore che
dura ancora. Non mi sono mai abituato all’esistenza di Dio.
Entrato alle cinque e dieci d’un pomeriggio in una cappella del
Quartiere latino per cercare un amico, ne sono uscito alle cinque e un quarto
in compagnia di una amicizia che non era di questa terra.
Entratovi scettico ed ateo di estrema sinistra, anzi più ancora che
scettico e più ancora che ateo, indifferente e preoccupato da ben altre cose
che da un Dio che non pensavo neppure più a negare, ne sono uscito qualche
minuto dopo “cattolico, apostolico, romano”, trascinato, sollevato, risucchiato
dall’onda d’una gioia inestinguibile. Al momento dell’entrata, avevo vent’anni.
All’uscita, ero un bambino pronto per il Battesimo, che sgranava gli occhi
sulla meraviglia del cielo abitato, sulla città inconsapevolmente sospesa
nell’immenso, sugli esseri colmi di sole che parevano camminare nell’oscurità.
I sentimenti e le elucubrazioni intellettuali nelle quali mi ero ormai
comodamente adagiato, non esistevano più. Non mi nascondo ciò che una
conversione come questa può avere di stridente per gli spiriti contemporanei
che preferiscono le vie del razionalismo ai mistici colpi di fulmine, e che
apprezzano sempre meno gli interventi del divino nella vita quotidiana...
tuttavia non sono in grado di offrire i motivi psicologici del mutamento, dal
momento che tali motivi non esistono; né mi è possibile descrivere la via che
mi ha portato alla fede, visto che mi trovavo su tutt’altra strada e pensavo a
tutt’altra cosa allorché sono caduto in una specie d’imboscata. Non quindi una
evoluzione intellettuale, ma un avvenimento fortuito. Scrivo perché risulti
chiaro che niente mi predisponeva a quel che m’è successo: anche la carità
divina ha i suoi atti gratuiti».
(“Dio esiste, io l’ho incontrato”, di André Frossard)