23 maggio 2004 - ASCENSIONE

At 1,1-11 / Eb 9,24-28; 10,19-23 / Lc 24,46-53

 

Di questo voi siete testimoni

(Lc 24,48)

Per tre anni gli apostoli, chiamati da Gesù per restare con lui, erano stati testimoni del suo amore per i piccoli, per i poveri di spirito, per tutti i peccatori. Ora, con la forza che riceveranno dallo Spirito Santo, questi umili e paurosi pescatori di Galilea diventeranno testimoni gioiosi e coraggiosi del Risorto in tutto il mondo.

Così fanno oggi tanti genitori con i propri figli, diventando per loro i primi catechisti e testimoni dell’amore di Dio. Così tante persone inserite nei vari  gruppi ecclesiali o impegnate nella scuola, nel lavoro, negli ospedali o come volontari in qualsiasi altro ambiente, scoprono la gioia di poter rinnovare e illuminare queste realtà testimoniando con la propria vita, coerente al Vangelo, quanto il Signore ama ogni uomo. Così molti giovani accolgono con gioia la chiamata  a lasciare ogni cosa per donarsi totalmente a Dio nel servizio generoso dei fratelli vicini e lontani, collaborando così a realizzare quella “civiltà dell’amore” di cui il mondo ha tanto bisogno, sicuri della promessa di Gesù: “Io sarò con voi tutti i giorni  fino alla fine del mondo”.

 

Un po’ di tempo fa i miei genitori sono andati a visitare una cugina della mamma che era stata abbandonata dal marito.

Lei, disperata, parlò loro dei problemi e delle necessità della sua famiglia: con quattro figlie viveva in un appartamento piccolo, in un quartiere difficile, senza i minimi comforts e soprattutto senza risorse economiche.

Cominciammo a muoverci per aiutarle. Il mio papà offrì un piccolo lavoro e le aiutammo poi a trovare un appartamento più decoroso. Il giorno del trasloco c’eravamo tutti e ognuno faceva qualcosa a seconda della sua età: la figlia maggiore ed io eravamo a sistemare la casa, pulendo, montando i letti, appendendo le tende, ecc. Alla fine della giornata tutto era ordinato: gli armadi, il soggiorno, ecc. Si stabilì una grande intesa con quelle cugine che hanno l’età mia e dei miei fratelli.

A un certo punto notai che si erano rese conto che io avevo molte cose che loro non avevano, ad esempio vestiti. Lo dissi ai miei fratelli e così mettemmo a loro disposizione quello che avevamo.

Dopo circa un mese il padre, avendo saputo della bella esperienza che la sua famiglia aveva fatto con la nostra, ha mandato una lettera chiedendo perdono per quello che era successo: per noi è stato come un regalo per tutto ciò che avevamo cercato di fare.

A.B.