21 aprile 2002 – 4ª domenica di Pasqua
At 2,14.36-41 / 1 Pt 2,20-25 / Gv 10,1-10
SONO VENUTO PERCHÉ ABBIANO LA VITA
Gv 10,10
Questa non è vita!, diciamo quando ad esempio siamo costretti a correre, senza il tempo per dedicarci alle cose più importanti.
Invece se un momento bello si prolunga, diciamo: questa sì che è vita!
Spesso si susseguono azioni sopportate: siamo annoiati o assenti perché quello che facciamo non ci prende; desideriamo che i momenti dolorosi passino presto; attendiamo tempi migliori, di riposo, di affetto, di amicizia. Non ci è dato di rimanere quieti per un lungo periodo, di possedere quello che il cuore desidera: la gioia, la pace, l’armonia.
Avvertiamo che l’essere ascoltati e compresi ci procura serenità, che il ricevere un dono o un’attenzione ci fa essere contenti, che l’amare porta in noi e nell’altro la gioia. Ma si tratta sempre di una situazione di instabilità.
Gesù si propone come colui che dona la vita. Lui è il dono in persona: Egli dà tutto se stesso e si rivolge a noi perché lo accogliamo. Da Lui impariamo a vivere bene ogni momento nel dono di noi stessi, perché da Lui viene l’amore vero, stabile, inesauribile.
Abbiamo ricevuto questa Sua qualità di vita fin dal Battesimo, come un seme divino gettato in noi e destinato a germogliare continuamente alla luce della sua Parola e a portare frutti abbondanti, che rendono piena e lieta la nostra esistenza.
M. G.
I miei genitori mi hanno educato in un’ottica cristiana, ma hanno
deciso di lasciarmi scegliere da grande se essere o no battezzato.
Nel primo anno di liceo, sono rimasto colpito da una professoressa:
aveva qualcosa di speciale che non sapevo definire. Ci parlava dei “giovani per
un mondo unito” e anch’io ho deciso di
provare a vivere come loro, cominciando a leggere il Vangelo e a metterlo in
pratica. Questo ideale era molto importante nella mia vita, ma lo era ancora di
più lo sport: ho fatto prima canottaggio, poi ciclismo. A volte non andavo
all’incontro con quei giovani perché dovevo allenarmi; però le mie scelte
venivano rispettate e ciò non mancava di colpirmi.
Finché un giorno il contrasto tra quanto stavo vivendo e lo stile che
avevo imparato da quei giovani al liceo mi ha fatto dire “Basta, smettila, non puoi continuare così!”; e sono andato a fare
un atto d’amore: a lavare i piatti del pranzo. Ho sperimentato Dio vicino e mi
sentivo più felice che mai!
Negli incontri con quei giovani trovavo una forza che mi spingeva a
vivere sempre con più radicalità. E rendevamo concreto il nostro impegno
portando avanti tante iniziative per i poveri.
Un giorno, mentre mi allenavo, mi è sembrato che la prima cosa che Dio
voleva da me era che vivessi per gli altri. Così ho messo lo sport in secondo
piano. Cercando di corrispondere all’amore di Dio, ho deciso di farmi
battezzare e ricevere la Comunione, per poter vivere un rapporto più stretto
con Gesù e con tutti quelli con cui condividevo l’Ideale. Il giorno del mio
battesimo, nel dicembre 1998, tutta la Comunità ha fatto una grande festa. Ho
avuto l’impressione che tutti si battezzassero con me.
L’estate scorsa sono stato a Loppiano, una cittadina di vita cristiana:
un’esperienza che ha lasciato un’impronta in me. Lì ho capito che vale la pena
dare la vita per costruire un mondo unito, anche se amare non è sempre facile.
Dopo quell’esperienza ho sentito che Gesù mi chiamava a seguirlo nella
strada della verginità, ma non ero sicuro se era Lui a chiedermelo o se ero io
a pensarlo. Un giorno, entrando in chiesa, Gli ho chiesto cosa volesse da me.
Ho avvertito che era Lui che aveva messo questo desiderio nel mio cuore ed è
stata un’immensa gioia rispondere di sì. Mi rendo conto che quanto più cerco
ciò che Dio vuole per me, lasciando tutto per Lui, tanto più sono felice.