21
marzo 2004 - 4a Quaresima
Gs
5,9a.10-12 / 2Cor 5,17-21 / Lc 15,1-3.11-32
Era perduto ed è stato
ritrovato
(Lc 15,24)
La parabola del figlio
prodigo è piuttosto quella del padre prodigo
di immenso perdono, non sempre
facile per noi che a volte diciamo: “Ti
perdono, ma non dimentico”, per
cui registriamo il tutto per rinfacciarlo più tardi all’occasione. Lo stile di
Dio è esattamente l’opposto. Lui rispetta la scelta del figlio minore che ha
deciso l’avventura in città dove sperpera tutto fino a trovarsi privo di cibo.
In questa situazione si accorge che non si era allontanato soltanto da casa, ma
anche da se stesso, poiché nel testo si legge: “Allora rientrò in se stesso”.
La tenerezza del padre si
scontra con l’asserzione dei diritti vantati dal primogenito e non rispettati,
secondo lui, dal genitore. Il figlio non scopre che l’amore del padre va oltre
la giustizia umana e si perde nella misericordia. Il Vangelo ci lascia in
questo dubbio. Forse è meglio così, perché, per amare come Dio, bisogna saper
andare oltre la logica umana. Per farlo ci vuole quella carità divina, che può riempire il nostro cuore solo se si svuota di se stesso.
“Non mi giudichi, padre!” Così ha cominciato a parlarmi un uomo sui
quarant’anni, che voleva sentirsi perdonato da Dio. Tanti peccati di ogni genere,
subiti e fatti. “Padre, potrò essere perdonato?”. Io lo guardavo cercando di
perdermi in lui per mettere nel mio cuore non i suoi peccati, ma il suo dolore,
la sua vergogna, il suo peso insopportabile. L’ho ascoltato a lungo… Ad un
certo momento ecco in lui uno scroscio di pianto, lungo, straziante,
liberatore. Gli ho detto: “Tu dopo tanto tempo sei venuto qui, al Santuario,
perché Qualcuno ti cercava. Ti ha accolto la Madonna per presentarti a Gesù. E
Gesù, esperto dell’abbandono sulla croce da parte del Padre suo, ha accolto il
tuo, le tue miserie, anche le più gravi, tutte…. Ed ora sei perdonato! I suoi
occhi, ancora bagnati di lacrime si sono incontrati con i miei, ne è
sbocciato un sorriso. Lui era perduto
ed è stato ritrovato.