II DOMENICA T.O./B 2006
35 Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due
dei suoi discepoli 36 e, fissando lo sguardo su Gesù che passava,
disse: “Ecco l’agnello di Dio! ”. 37 E i due discepoli, sentendolo parlare così,
seguirono Gesù. 38 Gesù allora si voltò e, vedendo che lo
seguivano, disse: “Che cercate? ”. Gli risposero: “Rabbì (che significa
maestro), dove abiti? ”. 39 Disse loro: “Venite e vedrete”. Andarono dunque
e videro dove abitava e quel giorno si fermarono presso di lui; erano circa le
quattro del pomeriggio. 40 Uno dei due, che avevano udito le parole di
Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. 41 Egli incontrò per primo suo fratello Simone, e
gli disse: “Abbiamo trovato il Messia (che significa il Cristo)” 42 e lo condusse da Gesù. Gesù, fissando lo sguardo
su di lui, disse: “Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; ti chiamerai Cefa (che
vuol dire Pietro)”.
[Gv
1,35-42]
In questo brano Giovanni narra la chiamata dei primi
discepoli di Gesù. Più che offrire la cronaca di un fatto, intende mostrare alcuni momenti essenziali nel
cammino di ogni vocazione. Come nasce la fede in Gesù e come si comunica tale
fede?
- All’inizio un testimone qualificato proclama la sua
fede in Gesù Messia: “Giovanni,...fissando lo sguardo su Gesù che passava
disse: Ecco l’Agnello di Dio!”. Giovanni riprende l’espressione che il
giorno prima aveva attribuito a Gesù: “Ecco l’Agnello di Dio, ecco Colui che
toglie il peccato del mondo” (Gv 1,29). L’immagine evoca, da una parte,
l’agnello che veniva sacrificato e poi consumato in occasione della Pasqua
(cfr. Esodo 12, 1-28), ed era simbolo della liberazione di Israele. Dall’altra,
richiama la figura del Servo sofferente (Is. 52,13-53,12) che prende su di sé i
peccati della moltitudine e, benché innocente, si offre come agnello. Gesù,
quindi, viene designato come Colui che carica su di sé e toglie, fa sparire il
peccato, cioè tutta l’inimicizia contro Dio in cui gli uomini giacciono
prigionieri. Colui, perciò, che riporta l’umanità, lontana e schiava del male,
alla pace piena con Dio. Lo farà con la sua presenza, con la sua attività
evangelizzatrice, ma soprattutto con la sua morte d’amore, col suo sacrificio
(cfr. Gv 19, 36-37).
Ecco chi è Gesù per Giovanni. Lo sguardo che egli
fissa su di Lui è un richiamo per i credenti di tutti i tempi a contemplare
senza tregua e con amore il volto di Cristo. E’ il programma che il Papa
Giovanni PaoloII aveva consegnato alla Chiesa all’inizio del nuovo millennio
(cfr. NMI 16-28). Il frutto di tale contemplazione è una professione di fede.
Illuminato da Dio, Giovanni riconosce e rivela la vera identità di Gesù. E’ il
“testimone” che “rende testimonianza alla luce” (Gv 1, 7-8).
- Una testimonianza che suona come invito ai suoi due
discepoli perché lascino lui e si mettano con Gesù. I due giovani raccolgono la
provocazione: cercano di contattare Gesù ed entrano in rapporto con Lui, si
legano a Lui. E’ il momento decisivo nell’itinerario vocazionale: l’incontro
personale con Gesù, che cambia la vita e la orienta in un modo radicalmente
nuovo.
- A questo punto, colui che è diventato discepolo
attesta, a sua volta, la propria fede in Gesù Messia. E così ricomincia il
ciclo. Andrea testimonia la sua fede: “Abbiamo trovato il Messia!”
E’ la scoperta più bella della vita. Una scoperta che corona un’attesa, una
ricerca appassionata; ma, anzi, la supera al di là di ogni sogno e previsione.
E trascina, così, anche il fratello da Gesù. In questo modo si trova delineato
l’intero processo di nascita e maturazione della fede: essa riceve la spinta iniziale
da una testimonianza; si esprime poi nell’incontro personale con Cristo,
nell’adesione totale a Lui. Infine tale fede diviene testimonianza entusiasta e
contagiosa per altri, che ripercorrono insieme lo stesso cammino. E’ una storia
che incomincia sempre da capo per ognuno di noi: dalla chiamata alla fede a
tutte le ulteriori chiamate che risuonano nella nostra vita come ulteriore
specificazione del primo appello a credere e ad amare.
La chiamata e la risposta possono assumere forme
diverse. Si consideri, per es. il racconto della vocazione del ragazzo Samuele
(1Sam 3: I lettura). Dio prende l’iniziativa e chiama personalmente, per nome:
“Venne il Signore, stette accanto a lui e lo chiamò: Samuele, Samuele!”.
Tale chiamata viene percepita attraverso una scoperta progressiva, un lento
discernimento, un itinerario pedagogico in cui è decisivo il verbo “ascoltare”
e la totale disponibilità del chiamato: “Parla, perché il tuo servo ti
ascolta”.
Una chiamata che afferra tutta la persona e tutti i
suoi ambiti vitali (cfr. 1Cor. 6, 13ss. dove Paolo richiama la vocazione
cristiana del corpo: II lettura). Nella sostanza però si ritrova la medesima
dinamica: l’iniziativa dell’amore di Dio e la risposta pronta dell’uomo che si
affida.
Possiamo ora sottolineare alcuni aspetti della
vocazione, quali emergono dal Vangelo.
A Gesù sta a cuore il rapporto personale: “Si
voltò e vide” che due giovani “lo seguivano”. E’ un gesto
di interessamento, uno sguardo tenero, creativo, che si traduce in una domanda
“Che cercate?”. Sono le prime parole che Gesù pronuncia nel IV
Vangelo. Esprimono la prima e fondamentale domanda che Egli rivolge a ogni uomo
che intende mettersi in relazione con Lui. Questa domanda contiene l’invito per
ognuno di noi a chiarire a se stesso che cosa cerca realmente nella vita e su
che cosa pone il centro di essa.
Gesù ha aperto il dialogo. I due rispondono ponendo a
loro volta una domanda: “Maestro, dove abiti?”. Desiderano un
incontro non superficiale, ma profondo con Lui. Desiderano conoscere non tanto
qualcosa di Lui, ma Lui. E’ un dono grande quando scopriamo dentro di noi tale
desiderio, tale ricerca. E Gesù: “Venite e vedrete”. Li invita a
fare un’esperienza diretta, personale.
“Andarono dunque e videro dove abitava e quel
giorno si fermarono presso di Lui”. Sono tutte espressioni che indicano
un rapporto intimo, personale: cercare Gesù, venire a Lui, vedere dove abita,
rimanere con Lui. Questi verbi descrivono le tappe di un vero cammino di fede,
in cui i discepoli progrediscono nell’adesione a Gesù, gustando la gioia di
trovarsi con Lui e dov’è Lui, cioè nel seno del Padre (cfr. Gv 1,18).
L’incontro con Gesù è stato decisivo per i primi due discepoli, determinando la
grande svolta nella loro vita e l’inizio di un’ avventura incomparabile. L’evangelista,
che probabilmente lo ha vissuto in prima persona e lo ha custodito nella
memoria del cuore, ne ha annotato anche l’ora: “erano circa le quattro
del pomeriggio”.
L’esperienza dei primi due, diventa anche quella di
Simone. Gesù “fissa lo sguardo su di lui”. Questo verbo esprime
attenzione profonda, interesse, affetto (cfr. Mc 10,21). La vocazione è uno
sguardo d’amore che ti investe, ti trasforma: “Tu sei Simone,...ti
chiamerai Cefa”. Gesù rivela e fissa a quest’uomo un altro destino, una
nuova missione, una nuova esistenza: Cefa = Roccia (cfr. pure Mt 16,18). I
lettori del Vangelo sanno bene, dopo tanti anni di esperienza ecclesiale, come
Pietro abbia svolto questo ruolo di “roccia”, che garantisce la solidità
e l’unità della Chiesa.
La relazione di fede con Gesù, descritta in questa
pagina di Vangelo, accomuna tutti i battezzati, anche se appartengono a
confessioni diverse. Gesù rimane l’unico tesoro al quale tutti i cristiani,
attaccano il proprio cuore. Nella misura in cui tutti - cattolici, anglicani,
protestanti, ortodossi - crescono nel rapporto con Lui, progrediscono anche
nella loro appartenenza reciproca. E’ quanto ci richiama il tema della
settimana di preghiere per l’unità dei cristiani, che inizierà nei prossimi
giorni (18-25 gennaio): “Se due o tre si
riuniscono per invocare il mio nome, io sono in mezzo a loro” (Mt
18,18-20). Quando i cristiani – sia pure ancora in parte divisi – si radunano
nelle rispettive Chiese e anche in incontri comuni per ascoltare la parola di
Gesù e invocarlo, nell’impegno dell’amore scambievole, godono della sua
presenza tra loro. È Lui, l’unico e medesimo Gesù, che tutti li riunisce e li
fa famiglia. Da questo incontro rinasce ogni volta il bisogno della piena
armonia, l’implorazione costante dell’unità perfetta, la forza e lo slancio per
compiere i passi necessari a costruirla.
Si celebra oggi la Giornata Mondiale delle Migrazioni.
Nel messaggio, che ha come titolo “Migrazioni:
segno dei tempi” il Papa sottolinea il fenomeno, nuovo e in crescita, della
migrazione femminile. Spesso le donne sono “sfruttate
sul lavoro…e non di rado nell’industria del sesso”.
“I cristiani
sono chiamati a dar prova del loro impegno per il giusto trattamento della
donna migrante, per il rispetto della sua femminilità, per il riconoscimento
dei suoi uguali diritti”. Il Papa richiama pure l’attenzione al dramma dei
rifugiati e l’accoglienza degli studenti stranieri. In definitiva, si tratta di
attuare la “fantasia della carità”
nei confronti di tutti questi fratelli, nei quali la fede riconosce il volto di
Cristo (cfr. Mt 25, 31-46).
Ho vissuto, abbiamo vissuto insieme l’esperienza
dell’incontro dei primi discepoli con
Gesù? In che modo? Quante volte mi succede? Come essere tramite
dell’incontro personale di altri con Lui? Mi accade e in che modo?
Ciò che unisce noi cattolici con i cristiani di altre
Chiese è più grande di quanto ancora ci divide. Saprei dire qual è? Quali passi concreti il Signore chiede a me e alla
mia comunità per promuovere l’unità tra i cristiani?
Il nostro modo di concepire e di vivere la relazione
con gli immigrati è conforme al Vangelo?