Uscì allora Simon Pietro insieme all'altro discepolo, e si recarono al
sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l'altro
discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Chinatosi,
vide le bende per terra, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro che lo
seguiva ed entrò nel sepolcro e vide le bende per terra, e il sudario, che gli
era stato posto sul capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a
parte. Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al
sepolcro, e vide e credette.
[Gv 20, 3-8]
Noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nella regione dei
Giudei e in Gerusalemme. Essi lo uccisero appendendolo a
una croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che apparisse, non
a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi, che abbiamo mangiato
e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti.
[Atti 10, 39-41]
La Pasqua per i credenti è la
festa delle feste. E' la festa della vita. La vita che non soltanto
sfugge temporaneamente alla morte, ma riporta una vittoria piena e definitiva
sul "nemico ultimo" e inesorabile degli uomini. Questa vita ha un
volto, un nome: Gesù risorto, che continua ad assicurarci "Io
sono la risurrezione e la vita" (Gv 11,25). "E' risorto! E' vivo!". Ecco
l'annuncio che la Chiesa da duemila anni fa risuonare senza tregua in ogni
angolo della terra e che nei giorni di Pasqua ripropone
con una gioia incontenibile e un entusiasmo dirompente. Chi non lo avverte
nelle celebrazioni di questo tempo? "Vivo" non solo nel
ricordo amoroso di una comunità che si richiama in qualche modo a Lui. "Vivo"
non solo nei poveri in cui egli disse di identificarsi. Ma
"Vivo" Lui in persona, corporalmente vivo, con un cuore di
carne che palpita per te, per me oggi. "Vivo" in una umanità che, trasformata da Dio, ha raggiunto la
perfezione suprema.
Questo annuncio parla appunto
di Gesù di Nazaret, che passò facendo del bene a tutti, e che i nemici uccisero
appendendolo a una croce, lo strumento di tortura e di
morte inventato dalla crudeltà umana per gli schiavi delinquenti. Tutto pareva
finito e le immense speranze accese da quest'uomo sepolte con lui. Ma, ecco, l'incredibile
è accaduto: "Dio lo ha risuscitato al
terzo giorno!". C'è chi lo ha visto. C'è chi lo ha incontrato vivo:
alcuni testimoni prescelti da Dio, i quali hanno "mangiato e bevuto
con lui dopo la sua risurrezione dai morti".
Questo annuncio oggi
raggiunge noi con i nostri problemi, con le nostre angosce e preoccupazioni. Se
davanti a tale annuncio noi non ci barrichiamo dietro le nostre false
sicurezze, la nostra superficialità, la nostra rassegnazione e il solito
tran-tran; se riusciamo a non dire: "E' troppo bello per
essere vero", ma riconosciamo che "tutto è possibile a
Dio" e quindi "è bello perché è vero"; insomma, se lasciamo che
questa notizia "bomba" faccia breccia dentro di noi, allora l' "incredibile"
accadrà anche nella nostra vita. Questo annuncio provocherà in noi una
trasformazione interiore e nascerà l' "uomo
nuovo". L'uomo che ormai vede tutto con gli occhi
nuovi illuminati dalla fede. E' come se nella notte più buia scoppiasse
una luce improvvisa e vedi tutto chiaro. Come accadde ai due discepoli che il
mattino di Pasqua si recavano alla tomba. Correvano stimolati dall'inquietudine
e spinti dall'amore, dalla ricerca. Ma con tanto buio
nell'animo, il buio dell'incredulità. Una volta, però, entrati nel
sepolcro, davanti a quelle bende che prima avevano avvolto il Crocifisso e ora giacevano lì, afflosciate, nella stessa posizione;
davanti al sudario che rimaneva intatto, senza più fasciare il capo di Gesù,
un'intuizione folgorante si accende nel cuore del discepolo: "Vide e
credette". Potremmo intendere: cominciò
a credere. Una fede che diventerà perfetta la sera di
Pasqua, quando il Risorto incontrerà i discepoli, i quali "gioirono nel
vedere il Signore".
Così per noi, se la fede
pasquale nasce e cresce nel nostro cuore, tutto l'orizzonte della nostra vita si illumina. Tu scopri, per esempio, che ha senso fare della
propria esistenza un servizio d'amore ostinato e costante come ha fatto Gesù.
Colui, infatti, che era morto per amore, Dio lo ha
risuscitato. Comprendi anche che, se Cristo è risorto,
il dolore, le lacrime, gli affanni, la pesantezza del lavoro, il fallimento che
costituiscono la trama quotidiana della nostra vita, tutto questo ha un
significato, anche se nascosto, che un giorno sarà svelato. Ma soprattutto
scopri che l'enigma tragico della morte si illumina da
quando Lui, Gesù, l'ha sperimentata nella sua squallida e lacerante realtà e
l'ha trasformata in amore e quindi in via alla vita, alla risurrezione per sé e
anche per noi. Il suo destino è pure il nostro. Ecco dove
riposa la nostra invincibile speranza.
Un’icona delle Chiese orientali
raffigura Gesù risorto che abbatte con potenza, sfonda la porta che tiene
prigionieri i morti. I cardini e persino i chiodi saltano in ogni direzione.
Gesù allunga le braccia: con una mano trascina fuori Adamo e con l’altra Eva. Nella prima coppia umana è rappresentata l’umanità strappata dalla
morte e portata nel regno del Risorto.
Se attraverso Gesù Dio si è
fatto vicino ai peccatori, ai poveri, ai malati, ai falliti della storia; se
l’amore di Dio per noi ha raggiunto una misura inattesa e abissale nel dono che
il suo Figlio ha fatto di sé nella morte; ora che Gesù
è risorto, questa vicinanza di Dio, questo amore di Dio possiedono un’efficacia
infinita e un’apertura universale. Nessun uomo, che lo sappia o no, è sottratto
a questa presenza amica, a questo abbraccio d’amore da
parte di Dio Padre e del suo Figlio che Egli ha risuscitato dai morti. “Io
sono con voi tutti i giorni” (Mt 28,20). Così
continua a ripetere il Signore risorto. Lo dice ai credenti che lo incontrano
vivo e operante nella Chiesa. Qui Egli ha la famiglia dei suoi intimi che lo
assicurano: “Noi siamo con te!” “Io sono con voi!” ripete a ogni uomo e donna, mentre percorre instancabilmente tutte
le strade, amico discreto e silenzioso di quanti cercano un senso alla loro
vita e di quanti hanno smesso di cercarlo o non lo cercano ancora. “Sono con
voi” ripete, mentre bussa tenacemente alle porte di tutti i cuori nella
speranza di essere accolto.
Un superstite dei campi
staliniani fu testimone del seguente episodio: Alcune contadine detenute
avevano chiesto all’autorità del campo di astenersi dal lavoro nel giorno di
Pasqua, per celebrare la festa tra di loro. Il
comandante le punì per la loro audacia condannandole a lavorare tutto il giorno
su di un lago gelato. E i detenuti le sentirono
cantare, durante la terribile prova, gli inni caratteristici della Veglia
Pasquale nella Chiesa d’Oriente. Ecco alcune espressioni del più celebre di questi inni: “Pasqua
splendida, Pasqua del Signore, Pasqua! Una Pasqua santissima ci
è sorta! Pasqua! Con gioia abbracciamoci gli uni gli altri! O Pasqua che liberi dalla tristezza! Perché
oggi Cristo uscito risplendente dalla tomba, come da talamo, ha riempito le
donne di gioia dicendo: Portate l’annuncio agli Apostoli…
Tu ci hai promesso, o Cristo, di essere con noi sempre, fino alla fine
dei secoli. Noi, tuoi fedeli, conserviamo questa parola come l’ancora della
nostra speranza e siamo nella gioia. Donaci di comunicare con
te in modo ancor più intimo nel giorno senza tramonto del tuo regno….È il giorno della Risurrezione! Irradiamo gioia
per questa festa. Abbracciamoci gli uni gli altri. Chiamiamo fratelli anche
quelli che ci odiano, perdoniamo tutto a motivo della Risurrezione e gridiamo
così: Cristo è risorto dai morti, con la sua morte ha calpestato la morte e a
quelli che giacevano nei sepolcri ha donato la vita”.
La risurrezione non è soltanto
un avvenimento futuro che i cristiani attendono con fiducia. Essi sanno di
essere risorti con Cristo nel Battesimo e di vivere già in comunione con
Lui una vita nuova che attraverso gli altri Sacramenti pasquali-
la Riconciliazione e l'Eucaristia- viene riversata e alimentata
in loro. Sanno di essere la comunità di coloro che "Dio è andato a
cercare tra i morti per farne dei viventi" (San Cirillo di
Gerusalemme).
Il nostro cammino quaresimale
ci portava qui, a incontrare il Risorto, a
sentirci scoppiare in cuore la gioia di essere risorti con Lui. Ognuno può
dire: io oggi "incomincio". Non importa se la vita prosegue con le
sue sorprese e difficoltà. Io però mi sento nuovo. Sento che il Risorto
cammina al mio fianco e io posso dialogare con Lui. E' il Cristo giovane-
duemila anni di storia non lo hanno invecchiato-,
giovane come il mattino di Pasqua, l'amico di ogni momento. Una
presenza che non ci verrà mai più tolta. E
siamo sicuri che la mia vita, la nostra vita, non finirà in un naufragio
totale. Un'esperienza che attende di essere testimoniata
con coraggio, con entusiasmo. E' il dono più grande che possiamo offrire
a ogni persona e all'intera società.
Proviamo a ricuperare il
senso dell'augurio che ci scambiamo in questo giorno: "Buona
Pasqua!". Pasqua significa "passaggio" dalla morte alla vita.
Quando dei cristiani, incontrandosi, si salutano con queste parole, intendono
dirsi quanto sono felici perché l'imprevedibile è accaduto: cioè
per Gesù si è attuato il passaggio dalla morte alla vita. Si comunicano la
gioia di una indicibile sorpresa, la gioia dei primi
discepoli i quali non si stancavano di dirsi l'un l'altro col cuore gonfio di
emozione : "E' risorto! Vive! Lo abbiamo visto! Io l'ho visto! Tu l'hai
visto!". In Oriente in modo più personalizzato, quando i cristiani si incontrano, uno dichiara: "Cristo è risorto!". E l'altro risponde: "Sì, è veramente risorto!".
Ma
dicendo "Buona Pasqua" comunico anche al fratello, e lui a me, la
gioia di sentirci risorti con Cristo: Io sono risorto! Tu sei risorto! Io sono
passato dal torpore e dalla grettezza a un dinamismo
nuovo, dalla sfiducia al gusto e alla gioia di vivere, dalla morte alla vita.
Questa gioia ce la partecipa il Risorto. Chi più felice di Lui? Dopo l'angoscia
e l'abisso del dolore, sentirsi risvegliare alla vita e quale vita! Quale
felicità! E' commovente pensare alla gioia di Gesù, alla gioia di suo Padre che
lo ha risuscitato, alla gioia dello Spirito Santo
"che dà la vita". Una gioia a cui i Tre non
potranno mai fare l'abitudine. Anche noi siamo
chiamati a condividere tale felicità. Il segreto? Incontrare
Gesù e crescere nel rapporto con Lui. E testimoniarlo
a tutti con la nostra vita nuova, piena di gesti d'amore e quindi di gioia.
La gioia, infatti, è "amore in azione" ( Madre Teresa). Narrano di
San Serafino, un santo russo assai popolare, che molte persone si recavano al
monastero per confidargli le proprie pene. Il santo usciva dalla sua cella,
andava loro incontro sorridendo e ripeteva semplicemente queste parole:
"Gioia mia, Cristo è risorto!". La gente tornava via risolta e
felice.
Perché
non essere così anch'io? Talvolta forse ti domandi chi può essere la persona
più felice nella tua parrocchia, nella tua famiglia, tra i tuoi amici... E a te
cosa manca per essere il più felice? Il segreto ormai lo sai.
"E' a Cristo che la
Chiesa guarda...Nel volto di Cristo essa, la Sposa contempla il suo tesoro, la
sua gioia " (NMI 28). Gesù ci doni di vivere un rapporto sempre più profondo
e personale con Lui. Così, molti vedano brillare sul nostro volto
la luce, la bellezza, la gioia del Risorto e si lascino catturare da Lui.